Audio deposizione
L’ha detto in aula a Caltanissetta, nel processo sui depistaggi nella strage Borsellino, il poliziotto Giampiero Valenti, interrogato come teste. Il processo vede come imputati i poliziotti Mario Bò, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. L’episodio raccontato da Valenti risale al periodo compreso tra il ’94 e il ’95. Il poliziotto ha spiegato che l’ordine gli arrivo dal suo superiore Di Ganci, “che quando Scarantino smise di parlare coi magistrati, mi disse – ha aggiunto – di riavviare l’apparecchio”. “Il mio compito era quello di gestire la famiglia di Scarantino e le loro esigenze: la spesa, i bambini da portare a scuola; mi è capitato pure di accompagnare o lui o la signora a Imperia per una visita oculistica. Non ricordo esattamente dove si trovasse il telefono nella casa di Scarantino”, ha continuato Valenti parlando del periodo in cui il falso pentito si trovava a San Bartolomeo a Mare. “Quando finì l’attività di intercettazione ci chiesero di firmare dei brogliacci. Riconosco la mia firma – dice dopo aver letto un verbale mostratogli dal pm Gabriele Paci – ma nego di conoscere quella che è l’attività di intercettazione. Sono stato uno stupido io, perché non avevo alcuna esperienza. Non capisco perché questo verbale non lo firmò chi gestiva l’attività e lo hanno fatto firmare all’ultima ruota del carro”. ANSA