Cosi’ il dichiarante e aspirante pentito, deponendo davanti al gup di Palermo nel processo “Mani in pasta”, in corso con il rito abbreviato.
L’ex capomafia della borgata dell’Acquasanta ha sostenuto di avere saputo dal padre, Vincenzo detto ‘Enzo il Tripolitano’, che la strage Borsellino, sebbene commessa nel territorio di competenza della sua famiglia, non fu preannunciata ai capi del mandamento, i Galatolo Fontana: “Ci spiegarono che era stata decisa in fretta e furia e che bisognava agire d’urgenza, per questo non ci dissero niente”. Fontana, prima di essere stoppato dal pubblico ministero, ha aggiunto di essere in grado di smentire vari altri collaboranti sulla dinamica e sulle responsabilità “altre” dell’eccidio in cui persero la vita, il 19 luglio di 29 anni fa, il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, dei quali ieri e’ stato celebrato il ricordo a Palermo e in tutta Italia. Nel corso di un dibattito il procuratore Roberto Scarpinato ha rilanciato lo scenario di un “depistaggio mai finito” su una “strage di mafia scomoda” come quella di via D’Amelio. AGI