BIOGRAFIE
Il cacciatore, la storia vera. Chi è Alfonso Sabella, il magistrato cui si ispira Saverio Barone Dietro la figura di Saverio Barone, protagonista della fiction il Cacciatore, che riprende con la terza serie il 20 ottobre 2021 su RaiDue, c’è una persona reale: il magistrato Alfonso Sabella oggi in servizio come giudice del Riesame al Tribunale di Napoli. Alfonso Sabella ha per sua stessa ammissione seguito le orme di una famiglia di giuristi. Figlio di due avvocati, laureato alla Cattolica di Milano in Giurisprudenza, non ha mai fatto mistero di aver scelto Giurisprudenza affascinato dal percorso della madre, prima donna inserita nell’albo degli avvocati in provincia di Agrigento, iscritta all’università con la complicità della mamma, che l’ha aiutata con uno stratagemma per nascondere tutto a un padre troppo all’antica per accettare nella Sicilia degli anni Cinquanta una figlia con ambizioni così da maschio.
Alfonso Sabella, che della fiction ha contribuito al soggetto ispirato a un suo libro autobiografico intitolato un po’ fumettisticamente Il cacciatore di mafiosi, ha ripetuto spesso nelle interviste di non aver fatto il concorso in magistratura con l’intenzione di votarsi alla Procura e alla lotta alla mafia, anzi di essersi immaginato avvocato civilista: più ambizioso che idealista sognava quasi in competizione con la madre, di diventare il più giovane avvocato Cassazionista d’Italia e vincere il concorso in magistratura per poi tornare anni dopo all’avvocatura nella sua idea era il modo più rapido di raggiungere l’obiettivo.
Ma come spesso succede poi, però, le vite prendono altre strade diverse da quelle immaginate: Alfonso Sabella, poiché nel civile non c’erano posti disponibili, ha preso il suo primo incarico in Procura, a Termini Imerese, nel 1989, anno dell’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale. Il clima del momento, l’esigenza dello Stato di dare una risposta alle stragi che avevano ucciso Falcone e Borsellino e sconvolto l’Italia nel 1993, con i Corleonesi che colpivano a Milano, Firenze e Roma ha cambiato com’è accaduto a tanti in quell’epoca la prospettiva. Nel 1993 è entrato come applicato alla Procura di Palermo guidata da Gian Carlo Caselli, dove poi è rimasto, come Caselli del resto, fino al 1999: erano gli anni della cattura di Brusca e di Vitale, quest’ultima indagine, in parte rocambolesca è tra i temi della terza serie della fiction: «Lui mi cercava per farmi fuori», raccontava di recente in un’intervista Tv, «come poi si è intuito da un’intercettazione in cui si parlava di un melone con un timer (cosa che evidentemente un melone non era); io lo cercavo per arrestarlo».
Erano gli anni delle scorte armate più pressanti, in cui facendo quel lavoro il difficile era rendere sicuri i percorsi prevedibili ufficio-casa e viceversa e per i quali chi ha vissuto quel contesta di guerra racconta che le scorte si inventavano gli stratagemmi più fantasiosi per passare inosservati. A un certo punto Sabella è anche finito per un periodo in pensionato per forze dell’ordine a riposo in Alto Adige per ragioni di sicurezza.
La vita privata, come a molti è accaduto, ha subito scossoni: la moglie milanese e la figlia bambina (Carlotta, unico nome vero dei buoni della fiction, i cattivi invece lo mantengono per scelta del magistrato che ha voluto che quei nomi si ricordassero per evitare di ammantarne la retorica) sono tornate a Milano e ritrovarsi dopo non è stata più la stessa cosa, per stessa ammissione del protagonista. L’altro nome reale tra quelli che stanno per così dire dalla parte giusta è Leonardo Zaza, uno degli agenti di scorta.
Nel 1999 Sabella ha lasciato la procura per diventare magistrato di collegamento tra il ministero di Giustizia e la commissione parlamentare antimafia. Nel 2001, anche al momento del G8 di Genova, era capo del servizio ispettivo del DAP. Dopo aver prestato servizio come Pm a Firenze e come giudice al tribunale di Roma, dal 2005 è stato vice capo Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del ministero della giustizia. Nel 2014, dopo Mondo di mezzo, l’allora sindaco di Roma Ignazio Marino lo ha nominato assessore alla Legalità e Trasparenza del comune di Roma, nel 2015, con delega per il litorale di Ostia. Da quell’incarico si è dimesso alla fine dello stesso 2015.
Dal marzo 2016 ha ripreso le funzioni come giudice del Riesame al Tribunale di Napoli. Nel suo alter ego televisivo ammette di riconoscersi professionalmente, mentre la vita privata è diversa. Neanche nel carattere del personaggio della prima serie si riconosce tanto: troppo arrogante mentre l’originale – dice – peccava semmai all’epoca di impulsività giovanile; un po’ più realistico quello della seconda, maturato dalla sconfitta di non essere riuscito a salvare il piccolo Giuseppe Di Matteo rapito e ucciso dai Corleonesi per vendetta contro il padre Santino, diventato collaboratore di Giustizia.. FAMIGLIA CRISTIANA ott.2021
Quella stretta di mano a Brusca
Le vicende di Saverio Barone, un giovane PM che nei primi anni Novanta diventa il protagonista della “caccia” ai mafiosi nella stagione immediatamente successiva alle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Liberamente ispirato alla vera storia del magistrato antimafia Alfonso Sabella.
Stagione | Episodi | |
---|---|---|
Prima stagione | 12 | 2018 |
Seconda stagione | 8 | 2020 |
Terza stagione | 8 | 2021 |
La spietata, difficile realtà della lotta alla mafia raccontata in presa diretta da un protagonista.
Come si riesce a catturare un boss latitante? Come si organizza una caccia alla preda più diffIcile, l’uomo? Alfonso Sabella ha condotto in prima persona alcune delle indagini più importanti del pool antimafia palermitano, culminate nella cattura di boss come Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Pasquale Cuntrera. In questo libro racconta la sua verità quotidiana, fatta di trionfi ma anche di continue difficoltà, di orrori ma anche di inaspettati momenti di ilarità, e soprattutto di competenza, caparbietà e astuzia (oltre a un pizzico di fortuna).
LEGGI
L’intervista. Sabella: don Puglisi? Più pericoloso di mille magistrati