GIOVANNI FALCONE – Il diario

da “Le ultime Parole di Falcone e Borsellino”, a cura di Antonella Mascali  Il Diario

Il 24 giugno 1992 la giornalista de «Il Sole 24 Ore» Liana Milella pubblica alcuni appunti del diario di Giovanni Falcone, che il magistrato le aveva affidato a luglio del 1991 dicendole: «E per questo che sono andato via da Palermo. Tienili questi fogli, non si sa mai». «Come in tante altre occasioni – racconta Liana Milella – si discute della sua decisione di lasciare il posto di procuratore aggiunto di Palermo. “Che ci rimanevo a fare? Per fare polemiche ogni giorno? Per subire umiliazioni? Per non lavorare? O soltanto per fornire un alibi? No, meglio Roma. Qui al ministero c’è tantissimo da fare. E alla mafia, anche da qui, si può dare molto fastidio».

  • Primi di dicembre 1990: [Pietro Giammanco, Procuratore di Palermo, n.d.r.] si è lamentato col maggiore Inzolia [Vincenzo Inzolia, comandante di un reparto operativo dei Carabinieri di Palermo, n.d.r.] di non essere stato avvertito del contrasto fra PS e CC a Corleone su Riina.
  • 7 dicembre 1990: [Giammanco, n.d.r.] ha preteso che Rosario Priore [giudice istruttore di Roma, n.d.r.] gli telefonasse per incontrarsi con me e gli ha chiesto di venire a Palermo anziché andare io da lui.
  • Si è rifiutato di telefonare a Giudiceandrea [Ugo Giudiceandrea, Procuratore di Roma, n.d.r.] per la Gladio [struttura paramilitare clandestina, n.d.r.] prendendo pretesto dal fatto che il procedimento non era stato assegnato ancora ad alcun sostituto.
  • 10 dicembre 1990: [Giammanco, n.d.r.] sollecitato la definizione di indagini riguardanti la Regione al capitano [Giuseppe, n.d.r.] De Donno [procedimento affidato a Enza Sabatino, n.d.r.], assumendo che altrimenti la Regione avrebbe perso finanziamenti. Ovviamente qualche uomo politico gli ha fatto questa sollecitazione ed è altrettanto ovvio che egli prevede un’archiviazione e che solleciti l’ufficiale dei Ce in tale previsione.
  • 13 dicembre 1990: Nella riunione del pool per la requisitoria Mattarella [Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio 1980 a Palermo, n.d.r.] mi invita in maniera inurbana a non interrompere i colleghi infasti¬dito per il fatto che io e Lo Forte [Guido Lo Forte, pm di Palermo, n.d.r.] ci eravamo alzati per andare a fumare una sigaretta, rimprovera aspramente il Lo Forte.
  • Dicembre 1990: Dopo che ieri pomeriggio si è deciso di riunire i processi Reina [Michele Reina, segretario provinciale della De ucciso il 9 marzo 1979, n.d.r.], Mattarella e La Torre [Pio La Torre, segretario regionale del Pei ucciso il 30 aprile 1982, n.d.r.], stamattina gli [a Giammanco, n.d.r.] ho ricordato che vi è l’istanza della parte civile nel processo La Torre (Pei) di svolgere indagini sulla Gladio. Ho suggerito, quindi, di richiedere al gi [giudice istruttore, n.d.r.] di compiere noi le indagini in questione, incompatibili col vecchio rito, acquisendo copia dell’istanza in questione. Invece sia egli sia Pignatone [Giuseppe Pignatone, allora pm di Palermo e attuale procuratore di Roma, n.d.r.] insistono per richiedere al gi soltanto la riunione riservandosi di adottare una decisione soltanto in sede di requisitoria finale. Un modo come un altro per prendere tempo.
  • Dicembre 1990: altra riunione con lui [Giammanco, n.d.r.], con Sciacchitano [Giusto Sciacchitano, n.d.r.] e con Pignatone. Insistono nella tesi di rinviare tutto alla requisitoria finale e, nonostante io mi opponga, egli sollecita Pignatone a firmare la richiesta di riunione dei processi nei termini di cui sopra. [Giammanco, n.d.r.] Non ha più telefonato a Giudiceandrea e così viene meno la possibilità di incontrare i colleghi romani che si occupano della Gladio. Ho appreso per caso che qualche giorno addietro ha assegnato un anonimo su Partinico, riguardante tra gli altri l’onorevole Avellone [Giuseppe Avellone, deputato democristiano, n.d.r.], a Pignatone, Teresi e Lo Voi [Vittorio Teresi e Franco Lo Voi, sostituti procuratori a Palermo, n.d.r.], a mia insaputa.
  • 10 gennaio 1991: I quotidiani riportano la notizia del proscioglimento da parte del gi Grillo [Renato Grillo, n.d.r.] dei giornalisti Bolzoni e Lodato [Attilio Bolzoni de «la Repubblica» e Saverio Lodato de «l’Unità», n.d.r.], arrestati [il 16 marzo 1988, n.d.r.] per ordine di Curti Giardina [Salvatore Curti Giardina, n.d.r.] tre anni addietro con imputazione di peculato [per la pubblicazione dei verbali del pentito Antonino Calderone su mafia-politica-imprenditoria, n.d.r.]. Il gi ha rivelato che poteva trattarsi soltanto di rivelazione di segreti di ufficio e che l’imputazione di peculato era cervellotica. Il pm Pignatone aveva sostenuto invece che l’accusa in origine era fondata ma che le modificazioni del codice penale rendevano il reato di peculato non più configurabile. Trattasi di altra manifestazione di furbizia di certuni che, senza averne informato il pool, hanno creduto, con una «ardita» ricostruzione giuridica, di sottrarsi a censura per un’iniziativa (arresto di due giornalisti) assurda e faziosa di cui non può non esser ritenuto responsabile certamente il solo Curti Giardina, procuratore capo dell’epoca.
  • 16 gennaio 1991: Apprendo oggi che, durante la mia assenza ha telefonato il collega Moscati, sost. proc. della Rep. a Spoleto, che avrebbe voluto parlare con me per una vicenda di traffico di sostanze stupefacenti nella quale era necessario procedere ad indagini collegate; non trovandomi, il collega ha parlato col capo [Giammanco, n.d.r.] che, naturalmente, ha disposto tutto ed ha proceduto all’assegnazione della pratica alla collega Principato [Teresa Principato, n.d.r.], naturalmente senza dirmi nulla. Ho appreso quanto sopra solo casualmente telefonando a Moscati.
  • 17 gennaio 1991: Solo casualmente, avendo assegnato a Scarpinato [Roberto Scarpinato, n.d.r.] il fascicolo relativo a Ciccarelli Sabatino, ho appreso che Sciacchitano aveva proceduto alla sua archiviazione senza dirmi nulla. Ho riferito quanto sopra al capo che naturalmente è caduto dalle nuvole. Sul Ciccarelli, uomo d’onore della famiglia di Napoli, il capo mi ha esternato preoccupazioni derivanti dal fatto che teme di contraddirsi con le precedenti, note, prese di posizione della Procura di Palermo in tema di competenza nei processi riguardanti Cosa nostra.
  • 26 gennaio 1991: Apprendo oggi da Pignatone, alla presenza del capo [Giammanco, n.d.r.], che egli e Lo Forte si erano recati dal cardinale Pappalardo per sentirlo in ordine a quanto riferito, nel processo Mattarella, da Lazzarini Nara [segretaria di Licio Gelli, capo della loggia massonica P2, n.d.r.]. Protesto per non essere stato previamente informato sia con Pignatone sia con il capo, al quale faccio presente che sono prontissimo a qualsiasi diverso mio impiego ma che, se si vuole mantenermi il coordinamento delle indagini antimafia, questo coordinamento deve essere effettivo. Grandi promesse di collaborazione e di lealtà per risposta.
  • 6 febbraio 1991: oggi apprendo che Giammanco segue personalmente un’indagine affidata da lui stesso a Vittoria Randazzo e riguardante dei CC di Partinico coinvolti in attività illecite. Uno dei CC è stato arrestato a Trapani e l’indagine sembra abbastanza complessa.