Mafia: fare memoria per combatterla

 

«La strage di Capaci fu un evento drammatico che è rimasto scolpito nella memoria collettiva e ha cambiato davvero la storia dell’Italia, ma in senso opposto rispetto a quello che avevano immaginato i vertici di Cosa nostra», scrive così Antonio Balsamo, il presidente del Tribunale di Palermo che ricorda bene quei giorni di 30 anni fa. Fu infatti chiamato, come giovane tirocinante, a indossare la toga per la prima volta davanti al feretro di Falcone: 24 maggio 1992. «Insieme ad altri giovani uditori giudiziari in tirocinio al Tribunale di Palermo, come Nino Di Matteo, fui chiamato a fare il picchetto davanti ai corpi straziati di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani… In quella notte, erano tanti i sentimenti che si agitavano nell’animo di quel gruppo: dolore, rabbia, ma anche voglia di riscatto per la propria terra, e orgoglio di far parte di una magistratura che aveva tra le proprie fila degli autentici eroi civili». Il libro – nuovo volume della collana “Piccola biblioteca per un Paese normale” – raccon­ta l’origine e l’evoluzione della Mafia, l’affer­mazione del suo potere, le sue cointeressenze economiche, l’espansione al Nord, la sua rete di relazioni internazionali, componendo un quadro coerente e persuasivo alla luce dei più recenti accertamenti giudiziari e di una serie di testi­monianze inedite. Un racconto che non trascura le domande ancora aperte, come quelle sulla convergenza di interessi alla base dell’omicidio di Piersanti Mattarella e delle stragi in cui rima­sero uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Balsamo raccontra anche gli antidoti a questo male che cambia forma ma può essere sconfitto; parola di un giudice che la mafia l’ha combattuta in aula, condannando anche gli esecutori di quella strage. L’antidoto è soprattutto la memoria di quanto è stato fatto e l’impegno a raccontarlo alle future generazioni.  La normativa antimafia italiana è infatti una delle più avanzate al mondo e l’Italia può quindi assumere all’interno della comunità internazionale, impegnata nella ricerca di una moderna strate­gia di contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione, un ruolo rilevante. Un lungo percorso iniziato da Giovanni Falcone che, proprio poche settimane prima di essere ucciso, aveva partecipato a Vienna alla prima sessione della Commissione Nazioni Unite sulla prevenzione della criminalità e sulla giustizia penale, chiedendo con forza un impe­gno globale nella lotta alla Mafia. Oggi l’Unione Europea e le Nazioni Unite trovano nell’espe­rienza italiana il modello di riferimento per un rinnovato impegno comune contro la globaliz­zazione della criminalità, da portare avanti con il coinvolgimento attivo della società civile, sulla base di una convinta condivisione di valori e di speranze, di una volontà di riscatto collettivo.