
ANTONIO CALABRÓ – presidente della Fondazione Assolombarda

“ci sono imprenditori che si rivolgono alla criminalità organizzata come a un’agenzia di servizio”, per battere la concorrenza, risolvere una controversia, vincere una gara di appalto” ma ha anche ricordato “la terribile solitudine dell’imprenditore a cui le mafie si rivolgono con un approccio… affettuoso”.
Vi è una sorta di abuso che non è visibile come la violenza. Alcuni imprenditori lombardi si rivolgono ai clan calabresi ottenere quei crediti che le banche non concedono o per realizzare truffe contro lo Stato.
Come afferma il Dott. Pasquale Addesso, il mondo dell’imprenditoria e il mondo della ‘ndrangheta conoscono la logica dei profitti che è il linguaggio comune di questi due mondi, inoltre vi è un rapporto timoroso tra imprenditoria e Stato, c’è una resistenza a rivolgersi a quest’ultimo.
Negli ultimi anni sono aumentate le imprese “nate per fallire”, si tratta spesso di bancarotta fiscale. Le società vengono create per durare pochi anni e consentire l’evasione, infine si avviano al fallimento.
Se inizialmente l’imprenditore crede di poter gestire la condizione di fragilità e dipendenza nei confronti delle organizzazioni ‘ndranghetiste, ben presto sarà assoggettato al gruppo criminale. In molti di questi casi le aziende vengono inglobate dalle organizzazioni mafiose per aggiudicarsi nuovi appalti.
Il danno non sarà più solamente per l’imprenditore ma per l’intero mercato.
Come ha dichiarato il Prefetto di Como Andrea Polichetti: “Il pericolo di condizionamenti ed infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche è sempre presente. È, quindi, necessario porre la massima attenzione nell’attività di prevenzione antimafia, a difesa del fondamentale interesse alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
Da una delle recenti indagini emerge un’imprenditoria che non subisce più la ‘ndrangheta ma fa affari con quest’ultima: sono gli imprenditori che prendono contatto con i clan ‘ndranghetisti, ricavandone dei vantaggi momentanei.
In questo rapporto giocano un ruolo fondamentale anche i professionisti, in particolar modo i commercialisti.
Sono questi ultimi a creare società destinate a fallire, raffinati meccanismi di evasione e di riciclaggio.
L’omertà o meglio la collaborazione de professionisti che non segnalano le operazioni sospette crea un grave danno alla collettività, poiché se da un lato vi è il timore delle ritorsioni dall’altro vi è una vera e propria partecipazione con le organizzazioni criminali.
Come afferma la Dott.ssa Alessandra Dolci, il professionista svolge un lavoro per la collettività oltre che per il proprio cliente. Il ricavato degli illeciti viene spesso reinvestito o trasferito all’estero e per gli ‘ndranghetisti operanti nella provincia di Como (e anche Varese) la Svizzera è la meta ideale.
Come si può notare dalla mappa, l’operazione Nova Narcos Europea ha consentito l’arresto di 6 persone appartenenti alle ‘ndrine del comasco nella Confederazione elvetica e tutte attive nei cantoni limitrofi alla provincia di Como. Anche in Svizzera i soggetti coinvolti nella citata operazione erano ben inseriti nel contesto locale, avevano legami con politici e imprenditori del luogo.

(…) Si conferma che la minaccia mafiosa in Lombardia è soprattutto legata alla sistematica avanzata della ‘ndrangheta. In tal senso anzi, alla luce dei fatti oggettivi, non appare affatto arbitrario considerare ormai la Lombardia la “seconda regione di ‘ndrangheta” d’Italia. Si tratta di una avanzata non sempre “silente” e pacifica, ma segnata piuttosto da un fenomeno di intimidazione strisciante e di violenza “a bassa intensità”. In alcune province appare in effetti eloquente il numero delle denunce per estorsione, che rappresentano tendenzialmente la punta di un iceberg. Tra le altre criminalità mafiose si nota un ritorno, che gli inquirenti ritengono significativo, di Cosa nostra siciliana. Mentre si colgono tendenze a emulare il modello mafioso da parte di alcune organizzazioni criminali straniere, alle quali i ricercatori riservano una apprezzabile attenzione in coda all’analisi di quasi tutte le province.Si accentua il dinamismo mafioso sui territori delle province nord-occidentali di Varese, Como e Lecco. La loro funzione sembra diventare via via più importante negli anni. Senz’altro per il livello di radicamento raggiunto e la ormai conclamata stabilità delle “famiglie” calabresi che le presidiano, con evidenti processi di ricambio generazionale. Ma anche per una nuova funzione di cerniera operativa da esse svolta (specialmente da Varese e Como) verso la Svizzera: meta, quest’ultima, di nuovi e rapidi spostamenti da parte dei clan, vuoi per meglio sfuggire alla repressione sul territorio lombardo vuoi per innestare nuove “colonie” nel complessivo tessuto della propria diffusione europea.
FONTE:

“L’usura in Brianza c’è, ma troppi non denunciano. Fuori dal mercato le imprese complici“
Al convegno della Prefettura
#AlessandraDolci della Dda non ha fatto sconti. Numeri inquietanti da Patrizia Palmisani e Claudio Gittardi
Monza, 14 dicembre 2021 – In pochi denunciano, drammaticamente in pochi. Perché troppo spesso le stesse vittime, nel mondo sommerso di un’imprenditoria brianzola un po’ sfacciata e un po’ inadeguata a stare sul mercato, sono diventate complici degli strozzini. Soprattutto di quelli che vengono dritti dritti dalla criminalità organizzata.
Concetti forti quelli usciti da un convegno organizzato ieri dalla Prefettura di Monza e Brianza e che si è tenuto nelle sale messe a disposizione dalla Provincia in via Grigna. Il tema “Strumenti e strategie di prevenzione e contrasto all’usura” prometteva faville e le attese non sono state deluse. Ha cominciato a squarciare il velo la padrona di casa, il prefetto Patrizia Palmisani. Che ha ricordato come l’usura sia “un reato sistemico che non riguarda solo le persone più fragili ma anche un territorio ricco come la Brianza”. E dopo aver ricordato la presenza endemica al Nord della criminalità organizzata, ha detto: “Soltanto nell’ultimo triennio la Prefettura ha emanato oltre 20 interdittive antimafia… e i due anni di pandemia hanno fornito l’humus migliore perché l’usura attecchisse ancora di più: nell’ultimo triennio sono pochissime le denunce che sono state presentate e le istanze di accesso al fondo anti-usura avanzate…”. E questo significa una sola cosa, “che sono pochissime appunto le persone che denunciano”.
Il carico da novanta ce lo ha messo però Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano: “Le denunce si contano sulle dita di una mano, nel distretto di Milano sono state soltanto 17 nell’ultimo anno”. E ha ridisegnato decisamente il profilo dell’usurato. Spesso, di tratta “di imprenditori già border-line, basti pensare che l’80 per cento dei crediti concessi dal fondo anti-usura non viene restituito. Dobbiamo aiutare chi sa stare sul mercato, gli altri vanno invece espulsi”. “Perché non denunciano? – si chiede ancora il magistrato -: una buona parte nega di essere vittima di usura e spesso non per vergogna o timore”, ma perché è lo stesso usurato ad adoperarsi – spiega amareggiata – “per procacciare altre vittime… non denuncia perché è diventato complice. Abbiamo una criminalità organizzata che vuole inserirsi nel circuito economico” non per il provento dell’usura, che a volte viene concessa a tassi nemmeno troppo elevati, “ma per accaparrarsi le aziende che riesce ad avvicinare”. Con gli imprenditori che a volte mettono le proprie capacità “a disposizione della criminalità organizzata fornendo strumenti essenziali per inserirsi: la ‘ndrangheta si è evoluta, l’usura non viene praticata per metterla a reddito, ma fare sistema col mondo imprenditoriale”.
Ancora più amara la riflessione finale: “Un problema etico, per me inaccettabile, con imprenditori che provano a mettersi su un piano di parità con la criminalità organizzata”. E torna infine a ribadire: “Coloro che non sanno stare sul mercato, devono essere esclusi”.
Claudio Gittardi, procuratore capo a Monza, non si è discostato dal quadro a tratti inquietante dipinto: “L’usura è un reato sottostimato e sottovalutato per cui riscontriamo una scarsa denuncia”. E ha snocciolato i dati raccolti dalla Procura di Monza negli ultimi 3 anni: “Otto procedimenti per usura nel 2019, 5 nel 2020, 21 nel 2021”, con una quota molto elevata di sommerso. “L’usura è un reato grimaldello, utilizzato per entrare in aziende in crisi e impossessarsene. È spesso accompagnata dal reato di estorsione, come dimostrano due procedimenti attualmente in corso e sotto inchiesta a Monza”.
E l’usura è diventata per molte vittime – il parallelo di Gittardi – simile alla tossicodipendenza, con le vittime che non denunciano perché temono di interrompere il flusso di denaro.
Al convegno, davanti ai rappresentanti del mondo delle istuzioni (tanti i sindaci in platea) e delle forze dell’ordine, ha parlato anche il presidente della Provincia, Luca Samtambrogio, che ha messo in guardia fra le altre cose dallo smaltimento illecito dei rifiuti, che tanta gola fa alla criminalità organizzata e su cui la polizia provinciale ha aperto diverse inchieste negli ultimi tempi.
Per il mondo delle imprese ha parlato Antonio Calabrò, presidente della Fondazione Assolombarda, che ha ricordato che “ci sono imprenditori che si rivolgono alla criminalità organizzata come a un’agenzia di servizio”, per battere la concorrenza, risolvere una controversia, vincere una gara di appalto ma ha anche ricordato “la terribile solitudine dell’imprenditore a cui le mafie si rivolgono con un approccio… affettuoso”. Da IL GIORNO
11.11.2018 – «La ‘Ndrangheta ha colonizzato il Nord Italia»
Alessandra Dolci, magistrato soresinese, capo della procura distrettuale antimafia di Milano, racconta il volto
nuovo della mafia. «Attività variegate. Il traffico dei rifiuti l’ultimo business. Hanno un profilo basso per acquisire il consenso sociale» Venerdì mattina era a Reggio Emilia, al convegno organizzato dai commercialisti sull’attività dell’amministrazione giudiziaria nel contrasto alle attività delle organizzazioni criminali. Il pomeriggio, il procuratore aggiunto Alessandra Dolci, origini soresinesi, capo della procura distrettuale antimafia di Milano, vincitrice, ad ottobre, del prestigioso ‘Premio Borsellino 2018’ e da oltre trent’anni in prima linea nella lotta contro la ‘Ndrangheta, era a Cremona, a Palazzo Cittanova, all’incontro organizzato dallo Zonta Club (ne è presidente Cristina Piazzi), moderato da Francesca Morandi, giornalista de La Provincia. Il procuratore aggiunto Dolci ha, tra le altre, coordinato l’operazione ‘Crimine-Infinito’, la più importante indagine antimafia: oltre 200 arresti, da Milano a Reggio Calabria).
Al Cittanova ha raccontato il volto nuovo della ‘Ndrangheta che più che «essersi infiltrata», ha ormai «colonizzato» il Nord Italia. Quel volto imprenditoriale con interessi variegati: edilizia, sanità, ristorazione, compravendite immobiliari. L’ultima frontiera del business, il traffico illecito dei rifiuti. «Hanno un profilo basso per acquisire il consenso sociale».
LA PROVINCIA DI CREMONA
11.11.2015 – ‘Ndrangheta a Milano, l’allarme di Ilda Boccassini: “Colonizzata parte dell’hinterland”
E’ un grido d’allarme quello che il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, a quattro giorni dalla pensione, lancia nel suo ‘Bilancio di responsabilità sociale’, una sorta di analisi di un anno di lavoro della procura. Alla fine della sua relazione, Bruti – che ha ricordato anche le vittime della sparatoria in tribunale (“il modo migliore per onorarne la memoria, è impegnarsi ciascuno nel proprio ruolo”) – è stato applaudito da magistrati e avvocati che si sono alzati in piedi.
“Il servizio giustizia a rischio paralisi”. Le gravi carenze di organico amministrativo chiamano la politica a interventi urgenti, “altrimenti la procura rischia la paralisi”. Perché “si è giunti a un punto limite”, accusa Bruti. Serve “un intervento riformatore sul processo penale, in difetto del quale tutto l’impegno organizzativo rischia di diventare vano”. Il procuratore ricorda anche come il personale amministrativo “preveda 379 unità, mentre in servizio ce ne sono 295”. La “scopertura si attesta così al 22 per cento, ben superiore alla media nazionale (18,50)”. Una situazione molto critica, visto “che le carenze più gravi riguardano le qualifiche professionali fondamentali”.
Bilancio Procura Miliano, Bruti: “Intercettazioni strumento essenziale per le indagini”
Spese diminuite del 44 per cento. Le spese di gestione della procura “si sono ridotte del 44 per cento” nel quadriennio 2011-2014, a seguito di una diminuzione rilevante delle spese di giustizia (legate alle attività di indagine). Mentre sono aumentate del 128 per cento le entrate, un dato legato in particolare alle somme in sequestro “che hanno raggiunto i 120 milioni di euro”. Uno dei punti su cui ha puntato maggiormente il procuratore in questi anni, è stata anche la diminuzione dell’uso delle intercettazioni telefoniche nelle indagini. Nel quadriennio la riduzione “è stata del 48 per cento e del 14 per cento nell’ultimo anno. Nell’anno 2009-2010, i soggetti intercettate dalla procura erano 14.125 unità”. Nell’anno scorso – dati aggiornati a giugno – il numero è sceso a 7.277.
“Colonizzazione della ‘ndrangheta”. E’ impressionante il rapporto della Direzione distrettuale Antimafia di Ilda Boccassini. Secondo il rapporto di un anno di attività, soprattutto la ‘ndrangheta sembra aver messo radici in pianta stabile a Milano e nell’hinterland. Secondo Boccassini, “alcuni piccoli paesi della Calabria (San Luca, Vibo Valentia, Rosarno, Limbadi, Grotteria e Giffoni), hanno di fatto colonizzato alcuni comuni dell’hinterland. Si è trattato di una sorta di colonizzazione al contrario. Se di regola la colonizzazione presuppone una sorta di superiorità economica e culturale del colonizzatore sul colonizzato, la persuasiva presenza della ‘ndrangheta in territorio lombardo fa registrare un fenomeno esattamente inverso, dove una sottocultura criminosa ha la meglio in aree altamente industrializzate e ricche di servizi pubblici”.
Bruti: “Expo? Le indagini non si sono fermate”
Expo, “indagini rapide”. L’analisi del procuratore non poteva tralasciare Expo che ha impegnato anche i magistrati per mesi. La Procura di Milano si è mossa “con eccezionale rapidità” permettendo “alla struttura Expo 2015 di adottare tempestivamente i provvedimenti per la sostituzione dei manager” arrestati. Qualcuno, ha aggiunto Bruti nella sua relazione, “aveva detto: ‘bene arrestare i corrotti, ma si rischia di bloccare i lavori’, ma la Procura di Milano ha gestito la situazione e ciò non è avvenuto”.
“In 4 anni recuperati 3 miliardi e 600 milioni per frodi fiscali”. La lotta alla evasione fiscale ha segnato un recupero di denaro notevole. “A Milano – si sottolinea nel bilancio sociale – tra il 2010 e il 2014 relativamente a posizioni correlate a denunzie per frode fiscale, dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione, gli incassi sono ammontati a 3 miliardi e 611 milioni di euro”. L’attività della procura – per molti aspetti – sembra rispecchiare anche l’andamento del Paese. Sempre il dipartimento per la lotta ai reati finanziari diretto da Francesco Greco, per esempio, registra “una leggera flessione delle dichiarazioni di fallimento e quella più marcata delle richieste di concordato preventivo e segnano indubbiamente una seppur timida inversione rispetto agli anni precedenti”. Mentre nella lotta ai reati fiscali, alcune indagini condotte con la collaborazione di Banca d’Italia, ha permesso di scoprire presunte evasioni da centinaia di migliaia di euro, che, in prospettiva potrebbero garantire entrate consistenti alle casse dell’Erario.

A cura di Claudio Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro le mafie -PSF