Dai gironi del 41 bis arriva un urlo. E’ la voce di un killer condannato all’ergastolo, il rampollo di una famiglia storica di Cosa nostra, quella di Carini. Nino Pipitone ha deciso di collaborare con la giustizia: da settimane riempie verbali su verbali davanti ai magistrati della procura distrettuale antimafia di Palermo. Due giorni fa, i carabinieri hanno portato via in gran segreto la moglie del boss, ma la notizia del nuovo pentimento nell’organizzazione mafiosa ha fatto comunque il giro della cittadina alle porte di Palermo. La scelta di Nino Pipitone divide in modo plateale un clan da sempre vicinissimo al gotha di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Divide soprattutto una famiglia: il padre del neo pentito, Angelo Antonino, il patriarca del clan di Carini, era stato riarrestato l’anno scorso con l’accusa di aver gestito un tesoro di immobili sparsi in provincia. Nell’indagine sono coinvolte anche la moglie del vecchio padrino e le due sorelle.

Qualche settimana fa, erano stati i Tantillo del Borgo a dividersi dopo il pentimento di uno dei fratelli. Ora, tocca ai Pipitone. Il neo collaboratore era stato arrestato nel 2006, dopo una lunga stagione di affari di mafia fatti sotto l’ala protettrice del boss di Tommaso Natale Salvatore Lo Piccolo. Nino Pipitone era nel commando che uccise Giuseppe D’Angelo, il 22 agosto 2006, a Tommao Natale: un tranquillo pensionato fu scambiato per il capomafia Lino Spatola, che Lo Piccolo voleva eliminare. Per quel delitto, Nino Pipitone sta scontando l’ergastolo. E, adesso, si annuncia un nuovo terremoto per Cosa nostra.