Don Nicola Patti: “Campobello di Mazara? La gente pensa a lavorare”
Don Nicola Patti, arciprete e parroco della Chiesa madre nel paese di Campobello di Mazara, dove Matteo Messina Denaro aveva più di un covo e dove si è a lungo nascosto in questi trent’anni di latitanza, non ha dubbi: non tutti sono omertosi. “Sicuramente una cerchia di persone ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro, ma la stragrande maggioranza degli abitanti di Campobello è gente che pensa solo a lavorare” ha dichiarato il parroco al Corriere.it. Non vuole, il sacerdote, che tutta la comunità venga etichettata come omertosa.
Nel frattempo, sulle pagine di Avvenire, il vescovo della diocesi di Mazara del Vallo, Angelo Giurdanella, usa parole durissime: “La mafia non bisogna individuarla solamente nel boss. Ma anche nelle coperture di cui gode, come successo per Messina Denaro. Dunque è spesso uno stile di vita che esprime una mentalità nei comportamenti del fare quotidiano… Occorre combattere l’omertà, la sfiducia attraverso le testimonianze vere”. Don Nicola Patti, commentando proprio le parole del vescovo, ha affermato: “Non penso che le mie parole siano in contrasto. Ho detto che in paese c’è una cerchia di persone che ha aiutato Messina Denaro. Ma non siamo tutti omertosi: la stragrande maggioranza qui la mattina pensa solo ad andare in campagna a coltivare i propri uliveti”.
Campobello di Mazara, il parroco: “Matteo Messina Denaro bravo a camuffarsi”
I nomi delle persone indagate per associazione mafiosa, non erano soliti frequentare la chiesa. Alcuni, però, Don Nicola Patti, parroco di Campobello di Mazara, li conosce, come spiegato al Corriere.it: “Il medico Tumbarello lo conosco come tutti in paese, Bonafede solo di vista, Luppino non l’ho mai visto. E comunque nessuno di loro frequentava la mia chiesa”. Il sacerdote ha spiegato ancora: “Per me quest’arresto è stato un fatto inaspettato. Nel senso che si dicevano le cose più disparate: che era all’estero, era morto. Chi poteva immaginare che fosse qui, invece che in un casolare di campagna!”. La somiglianza all’identikit, secondo il parroco, non poteva far pensare che fosse proprio lui il boss mafioso: “Voi insistete su questa storia della somiglianza con l’identikit, ma è vero fino a un certo punto: nessuno poteva immaginare e dunque riconoscerlo. E poi lui è riuscito sempre a camuffarsi“.
Per Don Nicola “dopo quello che è successo occorre aprire una riflessione all’interno della comunità su questi temi”. Prima dell’arresto del boss, il sacerdote ha parlato di mafia nelle sue omelie ma “Minacce, grazie a Dio, non ne ho mai avute. Quanto alla paura a Campobello non c’era alcuna paura. Un giornalista della zona ha scritto un libro su Messina Denaro dal titolo «L’invisibile». Se la cosa non si vede non hai paura. Non c’è la percezione a pelle del fenomeno. La gente pensa solo al lavoro e alla propria vita. Da parte mia ho fatto tante omelie parlando di legalità, ma con messaggi in positivo indicando un percorso educativo soprattutto per i giovani”. Infine, un commento sull’arresto del boss: “Non penso certo che sia il frutto di un accordo. Forse Messina Denaro era più debole per via della malattia e magari ha scelto un posto più comodo per lui. Anche se non penso che abitasse aCampobello chissà da quanto tempo”.
il SUSSIDIARIO 21.1.2023
La mafia dopo Matteo Messina Denaro/ “Sarà ‘orizzontale’, come la ‘ndrangheta”