Laura Spanò gds 23.1.2023
Assicurato il boss alle patrie galere da lunedì è scattato il vero lavoro di intelligence delle forze dell’ordine impegnate a scardinare quel muro di omertà che, fino ad oggi, ha saputo bellamente coprire la latitanza di Matteo Messina Denaro. Ci sono attività in corso da parte dei militari dell’arma che riguardano non solo il paese di Campobello di Mazara ma altre città dell’hinterland.
È stato controllato in particolare un «sito» ma al momento il controllo avrebbe dato esito negativo. A questo bisogna anche aggiungere che in queste ore vengono sentite diverse persone della zona, gente che può avere visto il latitante in questi anni. Questo è almeno per ora quello che si può raccontare del lavoro certosino che stanno eseguendo, ognuno per le sue competenze, gli investigatori dell’Arma, perchè come ben si sa, poi ci sono tutta una serie di altre attività sulle quale sarà difficile sapere. Attività di verifica di questi messaggi criptati rinvenuti tra la mole di altri fogli, appunti, e altro. In ogni caso si sta procedendo con le perquisizioni e ancora continuano gli accertamenti su quanto mano mano viene recuperato nella casa di via Cb31, ma anche su quanto rinvenuto e sequestrato addosso a Messina Denaro e al suo facente autista Giovanni Luppino.
Viveva da 4 anni in via San Giovanni
E intanto è confermato che Campobello per Messina Denaro non è stato un posto occasionale, non ci viveva dall’ultimo anno per via dei problemi di salute. Sco e Squadra Mobile di Trapani hanno accertato che l’ormai ex primula rossa a Campobello di Mazara ci viveva stabilmente da almeno 4 anni. Quello che c’è da capire è come sia riuscito a farla franca ai continui controlli messi in atto in questi anni, da carabinieri, polizia e finanza. In certi casi si sono trattati di veri e propri assedi tra Campobello, Partanna e Castelvetrano. Messina Denaro è certo, ha vissuto nell’abitazione di via San Giovanni 260, un’abitazione di un centinaio di metri quadri e lo ha fatto almeno dal 2019.
Con lui anche il figlio segreto
Il boss è possibile che vi abbia abitato assieme al figlio segreto di cui si parla dal 2005 quando la polizia intercettò una conversazione in cui si facevano specifici riferimenti. E proprio questo figlio segreto, metà fantasma e metà erede, tenuto nascosto come un peccato o come un tesoro, ha a suo tempo infatti mutato le relazioni e gli affetti all’interno della famiglia. Gli investigatori della Mobile che seguivano il latitante infatti intercettarono una conversazione tra Filippo Guttadauro, cognato del boss, marito della sorella, Rosalia Messina Denaro, e suo figlio Francesco. Le uniche certezze dell’esistenza di questo figlio, nato tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005 in un triangolo compreso tra i Comuni di Partanna, Castelvetrano e Campobello, starebbero proprio nelle intercettazioni rubate ai familiari del boss, che ne parlano più di una volta, facendo capire persino che il padre si sarebbe pure arrabbiato e avrebbe chiesto la prova del Dna.
Caccia anche all’ultima amante
A scrivere che l’allora boss latitante era padre di un altro figlio, oltre Lorenza, è stato il giornalista Rino Giacalone nel 2014. Nella casa di via San Giovanni 260, a cui la Squadra Mobile di Trapani è giunta dopo la segnalazione di un imprenditore che ha detto di avere riconosciuto nelle foto di Messina Denaro, l’uomo che nel giugno scorso era presente al momento di un trasloco in quella abitazione, pare però fosse stata anche frequentata da una misteriosa donna, di cui al momento non si conosce l’identità. Che fosse la sua ultima amante? O potrebbe trattarsi della madre del suo erede di cui non si conosce l’identità? Non è escluso che gli investigatori possano arrivare a scoprire di chi si tratta. Al momento hanno iniziato lo screening della Giulietta trovata nel cortile della stessa abitazione. Auto che Messina Denaro utilizzava per le sue uscite da latitante. Attraverso una speciale attrezzatura sarà verificato dove quella macchina è stata utilizzata. Da quello che si sa, quell’automobile è stata acquistata dallo stesso latitante nel gennaio 2022 in una concessionaria di Palermo, dando in permuta una Fiat 500. Una macchina pagata in contanti, 10 mila euro.
Si sa che il contratto di acquisto e permuta sono intestate fittiziamente alla madre 87enne di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità al boss almeno dal 2020. Campobello non era quindi un rifugio occasionale ma qualcosa di più per il boss. Stridono certe dichiarazioni rilasciate dai cittadini che affermano di non averlo riconosciuto, con le ricevute da 700 euro di un ristorante dove il latitante era stato a mangiare e con la montagna di scontrini di profumerie, supermercati. Un signore distinto e garbato lo ricordano oggi a Campobello di nome Francesco, mentre in clinica, in ospedale, negli studi medici si presentava con il nome di Andrea Bonafede. Un’accortezza, confermata dagli investigatori.