CASTELVETRANO: le confische a imprenditori legati a Messina Denaro prima dell’arresto

 

27.4.2022. Mafia: Dia confisca beni a fiancheggiatore Messina Denaro

Imprenditore Castelvetrano opera nel settore delle scommesse

30.1.2021 – Confiscati beni per 4,5 milioni a imprenditori legati a Messina Denaro

La confisca ha riguardato l’intero patrimonio riconducibile a due imprenditori trapanesi e interessa l’intero capitale sociale e il patrimonio aziendale di tre imprese, nonché numerosi appartamenti

– Beni per 4,5 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia a Marco Giovanni Adamo e al figlio Enrico Maria, imprenditori originari di Castelvetrano, in provincia di Trapani, attivi nel settore del movimento terra e dell’edilizia, e vicini alla cosca di Matteo Messina Denaro. Entrambi molto noti nella cittadina per il loro impegno in politica, in particolare il figlio è stato assessore e componente del Consiglio comunale di Castelvetrano. La confisca, disposta dalla Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, ha riguardato l’intero patrimonio riconducibile ai due e interessa l’intero capitale sociale e il patrimonio aziendale di tre imprese,nonché numerosi appartamenti, terreni, automezzi, un’imbarcazione da diporto, conti correnti bancari e disponibilità finanziarie. 
I due, già colpiti nel 2017 dal sequestro, erano emersi nell’ambito dell’operazione “Eva” condotta dalla Dia che aveva evidenziato, tra l’altro, l’esistenza di legami con ambienti mafiosi trapanesi e agrigentini per l’aggiudicazione di importanti appalti come le condotte idriche per la distribuzione delle acque invasate nella diga Delia, il metanodotto tra Menfi e Mazara del Vallo e l’acquedotto Montescuro Ovest. Marco Giovanni Adamo, in particolare, avrebbe beneficiato dell’appoggio del mandamento capeggiato da Messina Denaro.
Il figlio è divenuto amministratore delle aziende di famiglia quando quest’ultimo ha temuto provvedimenti giudiziari. Avrebbe consentito l’infiltrazione mafiosa delle imprese di Lorenzo Cimarosa, all’epoca uno dei referenti imprenditoriali di Cosa nostra, nei lavori per la realizzazione del centro comunale polifunzionale di Castelvetrano, formalmente aggiudicati ad una impresa ragusana poi colpita da provvedimento interdittivo della prefettura di Trapani. I rapporti degli Adamo con Cosa nostra sono stati confermati anche da alcuni collaboratori di giustizia. Nei confronti dei due proposti è stata applicata anche la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni e sei mesi per Marco Giovanni Adamo, e di due anni e sei mesi per il figlio, entrambi con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. AGI
 

Commercio, eolico, case e opere d’arte: ecco il patrimonio da 4 miliardi di Matteo Messina Denaro

 

È di circa 4 miliardi la stima (probabilmente per difetto) del patrimonio sequestrato e confiscato a prestanome di Matteo Messina Denaro, il boss di Calstelvetrano arrestato dopo 30 anni di latitanza

Quattro miliardi. Euro più euro meno. È la stima (probabilmente per difetto) del patrimonio sequestrato e confiscato a prestanome di Matteo Messina Denaro, il boss di Calstelvetrano finalmente arrestato dopo 30 anni di latitanza. C’è stato di tutto nel patrimonio del capomafia trapanese: la grande distribuzione commerciale, impianti eolici, villaggi turistici, immobili, opere d’arte grazie al suo compaesano Giovanni Franco Becchina che secondo alcuni pentiti sarebbe stato sarebbe un ricettatore di reperti archeologici trafugati per conto della famiglia Messina Denaro.
A Matteo Messina Denaro piacevano i picciuli (i soldi) ma soprattutto piaceva il lusso. E lo si capisce da quell’orologio che indossava al momento dell’arresto: una cosuccia da 30mila euro. Ed è proprio lì, sui picciuli, che hanno puntato gli inquirenti in parallelo con una caccia al latitante che spesso è sfumata nel nulla per poco. E così nel tempo chi si è cimentato con indagini sul patrimonio mobiliare e immobiliare dei Messina Denaro si è trovato di fronte un pozzo senza fondo e una grande capacità di coinvolgere gli imprenditori.
Uno di questi è Giuseppe Grigoli, cui è stato sequestrato un patrimonio di 700 milioni di euro: Grigoli, condannato per essere stato il braccio imprenditoriale di Matteo Messina Denaro, era il proprietario di una rete di supermercati della Grande distribuzione organizzata targati Despar: al re dei supermercati, come era stato ribattezzato Grigoli, sono stati prima sequestrati e poi confiscati dodici società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari. Ed è stato Grigoli a mettere nei guai Becchina: ha raccontato ai magistrati di avere ricevuto dal collezionista d’arte di Castelvetrano, tra il 1999 e il 2006, buste piene di soldi che aveva il compito di consegnare a Vincenzo Panicola, cognato di Matteo Messina Denaro.
Un’altra parte della ricchezza del boss di Castelvetrano è arrivata secondo investigatori e magistrati grazie all’energia eolica. E anche in questo caso la scure dei sequestri si è abbattuta duramente. Il settore è stato curato per conto del boss dall’imprenditore trapanese Vito Nicastri, l’ex elettricista di Alcamo e pioniere del green in Sicilia, che per anni avrebbe tenuto le chiavi della cassaforte del capomafia. A Nicastri, definito il re del vento, è stato sequestrato un patrimonio di un miliardo e mezzo di euro.
Ci sarebbero stati i soldi del capomafia, secondo i magistrati, nell’ex Valtur, un colosso del turismo del valore di miliardi di proprietà di Carmelo Patti, l’ex muratore di Castelvetrano divenuto capitano d’azienda e finito nei guai per un’accusa di evasione fiscale. Braccio destro di Patti, raccontano le inchieste, era il commercialista Michele Alagna, padre di una delle amanti di Messina Denaro, Francesca, che al boss ha dato una figlia mai riconosciuta. Nel 2018 il tribunale di Trapani ha sequestrato a Patti beni per 1,5 miliardi, un delle misure patrimoniali più ingenti mai eseguite, disse la Dia: i sigilli vennero messi a resort, beni della vecchia Valtur, una barca di 21 metri, un campo da golf, terreni, 232 proprietà immobiliari e 25 società. SOLE 24 ore


Il patrimonio miliardario di Messina Denaro prima dell’arresto: società, auto e beni del boss mafioso

I racconti di collaboratori di giustizia e pentiti parlano di viaggi, auto e vestiti di lusso mentre le indagini raccontano di imprese e società di ogni genere. Matteo Messina Denaro ha accumulato un patrimonio miliardario attraverso fiancheggiatori e prestanome.

Fin dalla giovane età Matteo Messina Denaro amava il lusso: Diabolik, o “U Siccu”, negli anni da boss di Castelvetrano prima, e in quelli da superboss di Cosa Nostra poi, ha accumulato un vero e proprio tesoro, quantificabile in miliardi di euro.

I racconti di collaboratori di giustizia e pentiti parlano di viaggi, auto e vestiti di lusso, mentre le indagini parlano di imprese e società di ogni genere. Quantificare il denaro accumulato dal boss mafioso arrestato oggi sarà difficilissimo anche per gli inquirenti.

Sicuramente Messina Denaro non sembrava fatto per la vita dei suoi predecessori come Riina e Provenzano, trovati e catturati in casolari isolati in campagna in una vita quasi di clausura. Il super boss si spostava molto, in tutta la Sicilia ma anche nel resto d’Italia e all’estero, a dimostrazione dei grandi mezzi economici e soprattutto di una vasta rete di fiancheggiatori.

In questi lunghi anni di anni di latitanza le indagini di carabinieri e polizia hanno cercato di ricostruire proprio i suoi fiancheggiatori e prestanome che per lui hanno detenuto quella ricchezza, cercando di fargli terra bruciata intorno con sequestri milionari che però non sempre sono serviti ad arrivare al superboss.

Negli anni continue sono state le notizie di sequestri di beni mobili e immobiliritenuti nelle disponibilità del boss anche se intestati ad altre persone. Oltre a conti correnti anche palazzi, ville, terreni, magazzini e autovetture ma anche società di ogni tipo che spaziavano dalla grande distribuzione organizzata all’edilizia.

Per gli inquirenti, Messina Denaro aveva affari in ogni parte d’Italia, da nord a sud, spesso in società del settore alimentare dove venivano riciclati e puliti i proventi delle attività criminali trasformandoli in soldi puliti. Soldi che usava anche per sostenere la sua latitanza Molti dei suoi beni confiscati, tra cui ad esempio un intero parco eolico, adesso solo nelle mani dello Stato, eppure per gli inquirenti si tratta solo una parte dei beni che erano nella disponibilità di Matteo Messina Denaro, punta di un iceberg ancora sommerso. Per questo le indagini degli inquirenti sui suoi fiancheggiatori continuano nonostante l’arresto di oggi, come ha confermato il Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia. “L’arresto di Messina Denaro è il frutto di un lavoro di squadra che viene da lontano” ha spiegato il pm , assicurando: “Il boss è un uomo con evidenti coperture sulle quali sono in corso in questo momento delle indagini, in queste ore stiamo acquisendo documenti, individuando soggetti e cercando di determinare la rete che lo ha coperto fino a questo momento”. FANPAGE 16.1.2023