Messina Denaro, pizzini a Provenzano: “Ricevuto nome politico, non fanno niente per niente…”
La riverenza per il capo, il ‘rispetto delle regole’ di ‘Cosa Nostra’ e la consapevolezza che davanti a tanti arresti compiuti nella ‘guerra’, condotta da magistratura e forze dell’ordine contro la criminalità organizzata, “sono nato in questo modo e morirò in questo modo”. E’ una delle frasi contenute nei pizzini scritti da Matteo Messina Denaro e ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano, quando venne catturato l’11 aprile 2006 in una masseria a Corleone, in provincia di Palermo. Dai messaggi scambiati tra i due mafiosi stragisti tra il 2003 e il 2006, una decina di comunicazioni che Adnkronos ha rimesso in fila, emerge lo spaccato di quel mondo. “Lei mi dice che i soldi nella vita non sono tutto e che ci sono cose buone che con i soldi non si possono comprare – scriveva Messina Denaro a ‘zio Bernardo’ in uno dei messaggi firmati “suo nipote Alessio” – sono d’accordissimo con lei, perché io ho sempre pensato che si può essere uomini senza una lira e si può essere pieni di soldi ed essere fango”.
“Le dico che io ho fatto della correttezza la mia filosofia di vita – aggiunge – ed il fatto che io mi sia rivolto a lei dimostra proprio ciò, ora mi affido completamente nelle sue mani e nelle sue decisioni, tutto ciò che lei deciderà io l’accetterò senza problemi e senza creare problemi, questa per me è onestà”. Messaggi in cui viene sempre sottolineata la riverenza per il boss, come si legge in un altro passaggio del pizzino: “Qualsiasi sua decisione andrà benissimo perché lei può disporre di me come un figlio”. E ancora: “Mio caro zio, nella sua lettera ho trovato delle belle parole, lei mi dice che siamo tutti e due sulla stessa barca dobbiamo fare di tutto per non farla affondare, mi dice pure di studiare come superare per non essere criticati ma apprezzati, io la ringrazio immensamente di questa fiducia che mi dà, posso dirle che io mi affido nelle sue mani, quello che fa lei per me è ben fatto e se fa lei possiamo solo essere apprezzati”.
Nello stesso pizzino, rispondendo a una richiesta di Provenzano, Messina Denaro spiegava: ‘’Purtroppo non posso aiutarla perché a Marsala al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, non c’è più a chi metterci, c’è solo di aspettare nella speranza che esca qualcuno che ha cose più leggere per potere riprendere tutti i discorsi. Si figuri che anche T mi ha chiesto un favore di Marsala e non lo posso aiutare, infatti ho dato a lui la stessa risposta che ho dato a lei, nella speranza che lui comprenda la situazione che si è venuta a creare su Marsala e anche su altri paesi, purtroppo qua le batoste sono state a ruota continua e tra l’altro non accennano a finire – sottolinea il capomafia – credo che alla fine arresteranno pure le sedie quando avranno finito con le persone. Dunque sarà compito mio appena ci sarà qualcuno a Marsala di informarla e quindi di risolvere ciò di cui lei e T avete bisogno, credo che lei mi comprenderà perché avendo a che fare un po’ con tutti di sicuro sa che ci sono altre zone al momento combinate come Marsala’’.
In una situazione di grande difficoltà per ‘Cosa Nostra’, colpita sempre più duramente da magistratura e forze dell’ordine, Messina Denaro manifesta scarsa ‘fiducia’ verso la ‘politica’. In un pizzino inviato tra il 2004 e il 2005, scrive a Provenzano: ‘’Noi sappiamo come sono i politici che non fanno niente per niente e noi non abbiamo più alcuna forza di contrattualità, ecco perché non credo che ci sia qualche politico che si vada a sporcare la bocca per noi, comunque come si suole dire staremo a vedere. Per il nome del politico lo scriva a parte e lo fa avere a 121, poi sarà 121 a dirlo a me e io capirò’’. E dopo aver ricevuto la risposta da Provenzano, Messina Denaro in un altro pizzino risponde: “Si ho gia’ ricevuto il nome del politico”. In un messaggio al boss, infine, c’è una vera e propria ‘professione di fede’, quasi un testamento: ‘’Vorrei umilmente dirle che io non sono meglio di lei, preferisco dire che io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la.
Messina Denaro, nei pizzini a Provenzano il suo ‘testamento’
“Io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la vostra, sono nato in questo modo e morirò in questo modo, è una certezza ciò”. Gli ossequi e la “fratellanza”, con i linguaggi tipici della mafia, in cui vige il “rispetto delle regole”. E poi la consapevolezza di appartenere a un mondo in cui “non c’è felicità”. Dai pizzini (leggi) scritti tra il 2003 e il 2006 da Matteo Messina Denaro e ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano emerge il ‘profilo’ del boss catturato la scorsa settimana dopo oltre 30 anni di latitanza. Una decina di messaggi che Adnkronos ha rimesso in fila e che oltre ad aver contribuito alle indagini di questi anni, delineano la figura dello stragista di Castelvetrano.
Messina Denaro, il pizzino a Provenzano – Il pdf
“I soldi non sono tutto” perché “si può essere uomini senza una lira e si può essere pieni di soldi ed essere fango” scrive Messina Denaro in uno dei pizzini firmandosi “suo nipote Alessio”. Sul fronte opposto, le indagini di magistratura e forze dell’ordine che cercano di fare terra bruciata attorno a ‘Cosa Nostra’. “Purtroppo non posso aiutarla perché a Marsala al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi” spiega il boss in un messaggio a ‘Zio Bernardo’, ricercato per 40 anni e catturato l’11 aprile 2006 in una masseria a Montagna dei Cavalli vicino a Corleone dopo le indagini degli investigatori guidati da Renato Cortese, allora a capo della Sezione Catturandi della Squadra Mobile di Palermo e dai magistrati Michele Prestipino, Marzia Sabella e Giuseppe Pignatone.
Provenzano, con già una decina di ergastoli sulle spalle, ritenuto mandante delle stragi più atroci, da quella di Capaci a quella di via d’Amelio, nel 1992, in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e degli attentati ‘politici’ del ’93, con le autobombe a Firenze, di Roma e Milano, viene trovato in un rifugio, arredato in modo spartano, in cui c’è anche una macchina da scrivere con la quale scriveva i suoi pizzini.
Si leggono parole come “onestà” e “comprensione” scorrendo i messaggi scambiati fra gli stragisti, parole che suonano grottesche davanti agli omicidi commessi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia. E poi gli auguri a poche settimane da Natale e a pochi mesi dalla cattura di Provenzano, a cui Messina Denaro si rivolge così: “spero che per lei e i suoi affetti sia un annuo nuovo migliore”.
Per Messina Denaro, ‘zio Bernardo’ è “il garante di tutti e di tutto” che si adopera “per l’armonia e la pace per tutti noi” e per questo inizia a scrivergli, per esporgli un problema ‘personale’ che era nato fra un uomo a lui vicino – “il mio paesano” nei pizzini, ovvero il re dei supermercati – che aveva ricevuto richieste di pizzo da un altro mafioso. “La ringrazio di cuore che lei si sta interessando a questo mio problema” scrive Messina Denaro chiudendo tutti i pizzini manifestando la sua vicinanza e amicizia per Provenzano: “Lei è sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, se ha bisogno di qualcosa da me è superfluo dire che sono a sua completa disposizione e sempre lo sarò. La prego di stare sempre molto attento, le voglio troppo bene”.
PROVENZANO ‘GARANTE DI TUTTI’ – “Io mi rivolgo a lei come garante di tutti e di tutto”: è una completa devozione per ‘zio Bernardo’ quella che emerge dalla decina di pizzini scritti da Matteo Messina Denaro e ritrovati nel covo di Provenzano nel giorno della sua cattura, l’11 aprile 2006, in una masseria a Corleone, in provincia di Palermo.
“I suoi contatti sono gli unici che a me stanno bene, cioè di altri non riconosco a nessuno, chi è amico suo è e sarà amico mio, chi non è amico suo – sottolinea il capomafia – non solo non è amico mio ma sarà un nemico mio, su questo non c’è alcun dubbio”’. E poi l’ossequio e la riverenza per il boss, che viene sempre evidenziata: “Io la ringrazio di cuore che lei si sta interessando a questo mio problema e la ringrazio per adoperarsi per l’armonia e la pace per tutti noi’”.
In un pizzino, Matteo Messina Denaro esprime poi tutto il suo modo di pensare, parlando del suo passato per sottolineare i lunghi trascorsi in ‘Cosa Nostra’: ‘‘Le regole le conosco e le rispetto, la prova che io conosco le regole e che le sto rispettando sta proprio nel fatto che io mi sto rivolgendo a lei per sistemare questa spiacevole vicenda, questo per me è rispettare le regole. Ci fu un tempo in cui io ad Ag ho pulito tanti angoli, lo feci perché mi fu ordinato da chi era più in alto di me, e lei sa di chi parlo e lo feci anche perché era giusto e doveroso aiutarli, parlo dell’83 in poi, mi fu detto di sistemargli ciò di cui avevano bisogno e io nell’arco di anni mi resi sempre disponibile per tutto ciò di cui avevano bisogno, capirà che vivendo ripetutamente certe esperienze si instaura oltre un rapporto di amicizia anche un sentimento di fratellanza, bene, io anche in quegli anni di fratellanza non mi permisi mai di dire una parola in più ad Ag, cioè sono rimasto sempre nei limiti di amico e fratello. Ora di tutti quelli con cui avevo rapporti di fratellanza ad Ag, non ce n’è più nemmeno uno in giro, sono tutti dentro, chi c’è ora io non li conosco e mi rendo conto che non sanno nulla del passato, si figuri se io vado a dire parole in più agli amici di Ag di ora”.
Chiudendo il pizzino, Messina Denaro esprime tutto il suo ‘amore’ per il boss: ”So che lei non ha bisogno di alcuna raccomandazione perché è il nostro maestro ma è il mio cuore che parla e la prego di stare sempre molto attento, le voglio tanto bene”. E ancora, in un pizzino del 1 febbraio 2004 afferma: ”Da parte mia mi sono trovato sempre più che bene con lei perché ho sempre trovato onestà, serietà e comprensione”. Con l’avvicinarsi del Natale, nel 2005, Messina Denaro rivolge gli auguri a ‘zio Bernardo’, con parole che sono quelle di un capomafia latitante già da oltre dieci anni: ”A breve sarà il Santo Natale e spero che lei e i suoi cari lo possiate trascorrere almeno con serenità, non dico in modo felice perché per noi la felicità non c’è. Ma in modo sereno e ve lo auguro dal profondo del mio cuore, così come spero che per lei e i suoi affetti sia un anno nuovo migliore. Sappia che lei è sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, se ha bisogno di qualcosa da me, me ne parli senza alcun problema perché è superfluo dire che sono a sua completa disposizione e sempre lo sarò. La prego di stare sempre molto attento, le voglio troppo bene” conclude firmando il pizzino ”suo nipote Alessio”.
NUOVA PERQUISIZIONE – E’ intanto in corso un’altra perquisizione a Campobello di Mazara nell’ambito dell’inchiesta sui fiancheggiatori del boss. L’abitazione che viene perquisita si trova in via San Giovann
Messina Denaro, i pizzini a Provenzano: «Lei è il mio maestro. Non mi fido dei politici, non fanno niente per niente»
Nei pizzini al capo dei corleonesi emerge la personalità del boss di Castelvetrano arrestato pochi giorni fa
«I suoi contatti sono gli unici che a me stanno bene, cioè di altri non riconosco a nessuno, chi è amico suo è e sarà amico mio, chi non è amico suo – sottolinea il capomafia – non solo non è amico mio ma sarà un nemico mio, su questo non c’è alcun dubbio». E poi l’ossequio e la riverenza per il boss, che viene sempre evidenziata: «Io la ringrazio di cuore che lei si sta interessando a questo mio problema e la ringrazio per adoperarsi per l’armonia e la pace per tutti noi». In un pizzino, Matteo Messina Denaro esprime poi tutto il suo modo di pensare, parlando del suo passato per sottolineare i lunghi trascorsi in ‘Cosa Nostra’: «Le regole le conosco e le rispetto, la prova che io conosco le regole e che le sto rispettando sta proprio nel fatto che io mi sto rivolgendo a lei per sistemare questa spiacevole vicenda, questo per me è rispettare le regole. Ci fu un tempo in cui io ad Ag ho pulito tanti angoli, lo feci perché mi fu ordinato da chi era più in alto di me, e lei sa di chi parlo e lo feci anche perché era giusto e doveroso aiutarli, parlo dell’83 in poi, mi fu detto di sistemargli ciò di cui avevano bisogno e io nell’arco di anni mi resi sempre disponibile per tutto ciò di cui avevano bisogno, capirà che vivendo ripetutamente certe esperienze si instaura oltre un rapporto di amicizia anche un sentimento di fratellanza, bene, io anche in quegli anni di fratellanza non mi permisi mai di dire una parola in più ad Ag, cioè sono rimasto sempre nei limiti di amico e fratello. Ora di tutti quelli con cui avevo rapporti di fratellanza ad Ag, non ce n’è più nemmeno uno in giro, sono tutti dentro, chi c’è ora io non li conosco e mi rendo conto che non sanno nulla del passato, si figuri se io vado a dire parole in più agli amici di Ag di ora». Chiudendo il pizzino, Messina Denaro esprime tutto il suo ‘amore’ per il boss: «So che lei non ha bisogno di alcuna raccomandazione perché è il nostro maestro ma è il mio cuore che parla e la prego di stare sempre molto attento, le voglio tanto bene». E ancora, in un pizzino del 1 febbraio 2004 afferma: «Da parte mia mi sono trovato sempre più che bene con lei perché ho sempre trovato onestà, serietà e comprensione». Con l’avvicinarsi del Natale, nel 2005, Messina Denaro rivolge gli auguri a ‘zio Bernardo’, con parole che sono quelle di un capomafia latitante già da oltre dieci anni: «A breve sarà il Santo Natale e spero che lei e i suoi cari lo possiate trascorrere almeno con serenità, non dico in modo felice perché per noi la felicità non c’è. Ma in modo sereno e ve lo auguro dal profondo del mio cuore, così come spero che per lei e i suoi affetti sia un anno nuovo migliore. Sappia che lei è sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, se ha bisogno di qualcosa da me, me ne parli senza alcun problema perché è superfluo dire che sono a sua completa disposizione e sempre lo sarò. La prego di stare sempre molto attento, le voglio troppo bene» conclude firmando il pizzino «suo nipote Alessio».«Lei mi dice che i soldi nella vita non sono tutto e che ci sono cose buone che con i soldi non si possono comprare – scriveva Messina Denaro a ‘zio Bernardo’ in uno dei messaggi firmati “suo nipote Alessio” – sono d’accordissimo con lei, perché io ho sempre pensato che si può essere uomini senza una lira e si può essere pieni di soldi ed essere fango». «Le dico che io ho fatto della correttezza la mia filosofia di vita – aggiunge – ed il fatto che io mi sia rivolto a lei dimostra proprio ciò, ora mi affido completamente nelle sue mani e nelle sue decisioni, tutto ciò che lei deciderà io l’accetterò senza problemi e senza creare problemi, questa per me è onestà». Messaggi in cui viene sempre sottolineata la riverenza per il boss, come si legge in un altro passaggio del pizzino: «Qualsiasi sua decisione andrà benissimo perché lei può disporre di me come un figlio». E ancora: «Mio caro zio, nella sua lettera ho trovato delle belle parole, lei mi dice che siamo tutti e due sulla stessa barca dobbiamo fare di tutto per non farla affondare, mi dice pure di studiare come superare per non essere criticati ma apprezzati, io la ringrazio immensamente di questa fiducia che mi dà, posso dirle che io mi affido nelle sue mani, quello che fa lei per me è ben fatto e se fa lei possiamo solo essere apprezzati». Nello stesso pizzino, rispondendo a una richiesta di Provenzano, Messina Denaro spiegava: «Purtroppo non posso aiutarla perché a Marsala al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, non c’è più a chi metterci, c’è solo di aspettare nella speranza che esca qualcuno che ha cose più leggere per potere riprendere tutti i discorsi. Si figuri che anche T mi ha chiesto un favore di Marsala e non lo posso aiutare, infatti ho dato a lui la stessa risposta che ho dato a lei, nella speranza che lui comprenda la situazione che si è venuta a creare su Marsala e anche su altri paesi, purtroppo qua le batoste sono state a ruota continua e tra l’altro non accennano a finire – sottolinea il capomafia – credo che alla fine arresteranno pure le sedie quando avranno finito con le persone. Dunque sarà compito mio appena ci sarà qualcuno a Marsala di informarla e quindi di risolvere ciò di cui lei e T avete bisogno, credo che lei mi comprenderà perché avendo a che fare un pò con tutti di sicuro sa che ci sono altre zone al momento combinate come Marsala». In una situazione di grande difficoltà per ‘Cosa Nostrà, colpita sempre più duramente da magistratura e forze dell’ordine, Messina Denaro manifesta scarsa ‘fiducia’ verso la ‘politica’. In un pizzino inviato tra il 2004 e il 2005, scrive a Provenzano: «Noi sappiamo come sono i politici che non fanno niente per niente e noi non abbiamo più alcuna forza di contrattualità, ecco perché non credo che ci sia qualche politico che si vada a sporcare la bocca per noi, comunque come si suole dire staremo a vedere. Per il nome del politico lo scriva a parte e lo fa avere a 121, poi sarà 121 a dirlo a me e io capirò». E dopo aver ricevuto la risposta da Provenzano, Messina Denaro in un altro pizzino risponde: «Si ho già ricevuto il nome del politico». In un messaggio al boss, infine, c’è una vera e propria ‘professione di fede’, quasi un testamento: «Vorrei umilmente dirle che io non sono meglio di lei, preferisco dire che io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la vostra, sono nato in questo modo e morirò in questo modo, è una certezza ciò». LEGGO
I pizzini di Messina Denaro ai suoi uomini: «Io sono qua, anche più di prima
Piero Di Natale, quarantunenne di Castelvetrano, considerato dagli investigatori uno dei principali affiliati del clan guidato Franco Luppino (solo omonimo di Giovanni, l’autista di Messina Denaro arrestato insieme a lui), ne parlava conMarco Buffa, cinquant’anni, inquisito per traffico di droga, concorso in associazione mafiosa e porto illegale di armi. Accusandolo di aver messo in giro quella voce sulla fine del padrino; una bugia e un pericolo per lui, giacché al boss — chiamato Ignazieddu — non faceva piacere. E Buffa negava.
Di Natale: «Vedi che è arrivata la notizia di questo discorso… Non parlare in giro di questo fatto che hai detto tu che è morto… Perché già la notizia gli è arrivata… Che c’è stato qualcuno sta dicendo che Ignazzieddu è morto…Vedi che a quello quando pare che non gli arriva… Perché ha sempre sette-otto persone che lo informano…».
Buffa: «Non accusate a me perché vi vengo ad ammazzare tutti e due là… Io non l’ho detto mai questa cosa… Io a te l’ho detto… Ti ho detto: “Secondo me è così”… Finisce a coltellate… Non diciamo minchiate…». Di Natale rivelava a Buffa di aver parlato di questo incidente con Franco Luppino, consigliandogli di «chiedere scusa», e confermava che Ignazieddu era «vivo e vegeto». Con Buffa che si raccomandava: «Appena ci vai… Glielo dico a lui personalmente… Io non le ho mai dette queste cose… Io ho detto solo “secondo me, per me”, gli ho detto “per me non c’è… È morto… Per me…”».
Il capomafia, insomma, impartiva ordini e distribuiva incarichi sul territorio «a questo e questo». Rassicurava gli affiliati sulla sua presenza — anche fisica, si scopre adesso — avvertendo che «io sono qua come prima, più di prima». E aveva disegnato una sorta di organigramma del clan indicando i nomi al suo luogotenente Luppino. Di cui Di Natale riferiva: «La stima che c’è e la fede che fanno sopra di questo io non me l’aspettavo… Sino a oggi». Franco Luppino era stato scarcerato da qualche tempo, aveva ripreso in mano le redini di Campobello sotto l’egida di Messina Denaro e a settembre scorso è tornato in carcere nel blitz dei carabinieri che con microspie e telecamere avevano stretto d’assedio il paese. Senza però intercettare né riprendere il superlatitante che viveva a poche centinaia di metri dagli altri indagati. Dopo il suo arresto gli investigatori hanno cominciato a riguardare tutte le immagini registrate per verificare se in qualche fotogramma sia individuabile un volto o una figura che possa riconoscersi in Matteo Messina Denaro. Al quale si fa riferimento, sempre per invocarne un intervento, in un altro dialogo fra due sospetti mafiosi. Il 15 marzo 2021 il settantaduenne Antonino Pace, inquisito per l’affiliazione al clan ed estorsione, parlava con un altro indagato degli equilibri interni a Cosa nostra nella zona di Mazara. Solo una parola del padrino latitante, spiegava, poteva mettere fine ai contrasti: «Tutt’al più può succedere questo… Affinché affacciare quello là, lu siccu, affaccia iddro…». Mentre ascoltavano e trascrivevano, gli investigatori pensavano a contatti diretti con l’inafferrabile che si nascondeva chissà dove, senza riuscire — in quell’operazione antimafia — ad afferrare il filo giusto per arrivarci. Poi a settembre, su ordine della Procura, hanno tirato su la rete togliendogli altri riferimenti sul territorio, a cominciare proprio da Luppino. Il latitante era lì, e con ogni probabilità non s’è mosso nemmeno dopo il blitz. Restando invisibile sebbene visibilissimo sotto le mentite spoglie del suo alias. Fino a una settimana fa. CORRIERE DELLA SERA
Il “testamento” di Messina Denaro nei pizzini inviati a Provenzano: “Sono nato così e morirò così”
Cosa c’è scritto nei pizzini inviati tra il 2003 e il 2006 a Bernardo Provenzano da Matteo Messina Denaro: in alcuni di questi messaggi, come riporta l’AdnKronos, c’è una vera e propria professione di fede del boss arrestato la scorsa settimana.
I famosi pizzini sono stati ritrovati nel covo di Provenzano, catturato nel 2006 in una masseria a Montagna dei Cavalli vicino a Corleone, ed hanno di certo contribuito alle indagini di questi anni, che hanno portato all’arresto del boss di Castelvetrano lo scorso 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza.
Come riporta l’AdnKronos, che ha rimesso in fila i bigliettini scritti da Messina Denaro, ad emergere è prima di tutto il rispetto per il suo interlocutore. “Io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la vostra, sono nato in questo modo e morirò in questo modo, è una certezza ciò”, si legge.
Addirittura ci sarebbero anche gli auguri a poche settimane da Natale e a pochi mesi dalla cattura di Provenzano, a cui Messina Denaro si rivolge così: “Spero che per lei e i suoi affetti sia un annuo nuovo migliore”.
Per Messina Denaro Provenzano è il garante di tutto, si adopera “per l’armonia e la pace per tutti noi” e per questo inizia a scrivergli, per esporgli un problema ‘personale’ che era nato fra un uomo a lui vicino – “il mio paesano” nei pizzini, ovvero il re dei supermercati – che aveva ricevuto richieste di pizzo da un altro mafioso.
“La ringrazio di cuore che lei si sta interessando a questo mio problema” si legge nei messaggi di Messina Denaro, che chiude così: “Lei è sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, se ha bisogno di qualcosa da me è superfluo dire che sono a sua completa disposizione e sempre lo sarò. La prego di stare sempre molto attento, le voglio troppo bene“.
Ancora, in un altro pizzino, Messina Denaro esprime poi tutto il suo modo di pensare, parlando del suo passato per sottolineare i lunghi trascorsi in Cosa Nostra: “Le regole le conosco e le rispetto, la prova che io conosco le regole e che le sto rispettando sta proprio nel fatto che io mi sto rivolgendo a lei per sistemare questa spiacevole vicenda, questo per me è rispettare le regole. Lei mi dice che i soldi nella vita non sono tutto e che ci sono cose buone che con i soldi non si possono comprare. Sono d’accordissimo con lei, perché io ho sempre pensato che si può essere uomini senza una lira e si può essere pieni di soldi ed essere fango”, scriveva Messina Denaro a “zio Bernardo” in uno dei messaggi firmati “suo nipote Alessio”
Infine, sottolinea l’AdnKronos, in un messaggio al boss, infine, c’è una vera e propria professione di fede, quasi un testamento: “Vorrei umilmente dirle che io non sono meglio di lei, preferisco dire che io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la vostra, sono nato in questo modo e morirò in questo modo, è una certezza ciò”. FANPAGE