CODICE ANTIMAFIA

D.Lgs 159_2011 TESTO

 

Pubblichiamo il testo coordinato del Codice Antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159) aggiornato, con le modifiche apportate, da ultimo, dal D.L. 6 novembre 2021 n. 152 convertito, con modificazioni, dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233, dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 e dalla sentenza della Corte Cost. 20 dicembre 2022-12 gennaio 2023, n. 2.

Il Codice Antimafia è divenuto il punto di riferimento completo per semplificare l’attività dell’interprete e migliorare l’efficienza delle procedure di gestione, destinazione ed assegnazione dei bei confiscati; il testo raccoglie tutta la normativa vigente in tema di misure di prevenzione.

 

 

 

1. L’ultimo giorno dell’anno appena conclusosi è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la conversione in legge, con alcune modificazioni, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose[1]. Tale decreto contiene alcune disposizioni dedicate a «investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia», come recita la rubrica del titolo V. Si tratta, in particolare, degli articoli 47-49bis, con cui sono state apportate alcune importanti modifiche al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136» (di seguito anche ‘cod. ant.’).

Sono in particolare due le novità di maggiore rilevanza: da un lato è stato introdotto il contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia; dall’altro lato è stata messa a punto la ‘prevenzione collaborativa’, che si sostanzia in nuove misure adottabili dal prefetto in caso di agevolazione occasionale.

In attesa di ospitare contributi di approfondimento e riflessione sulle novità appena segnalate, in questa sede ci si limiterà a illustrarne la disciplina, contestualizzandola nel quadro normativo di riferimento.

 

2. Rubricato «Contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia», l’art. 48 d.l. n. 152/2021 ha profondamente modificato l’art. 92 cod. ant., che oggi disciplina il «Procedimento di rilascio delle informazioni antimafia»[2] in maniera decisamente più puntuale rispetto al passato.

Uno dei principali punti dolenti della previgente disciplina era rappresentato dalla possibilità di adottare un’informazione antimafia interdittiva senza la previa instaurazione del contraddittorio procedimentale con l’interessato. Era infatti orientamento consolidato quello secondo cui in subiecta materia non trovasse spazio «né la comunicazione di avvio exart. 7 l. n. 241/90, né le altre garanzie partecipative, attese le oggettive e intrinseche ragioni di urgenza che presiedono all’adozione della misura preventiva»[3].

Tale assetto normativo aveva tuttavia recentemente suscitato le perplessità degli operatori del diritto[4], inclusa una parte della giurisprudenza amministrativa. Il riferimento corre, in particolare, all’ordinanza con cui il tribunale amministrativo regionale di Bari aveva chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla compatibilità degli artt. 91, 92 e 93 cod. ant. con il principio del contraddittorio, inteso quale «principio di diritto dell’Unione»[5]. La Corte di giustizia aveva però dichiarato manifestamente irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale, ritenendo che la normativa censurata si collocasse al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione europea[6].

Così, anche recentemente il Consiglio di Stato aveva ribadito che «l’informazione antimafia non richiede la necessaria osservanza del contraddittorio procedimentale»[7]. Al contempo, però, si era evidenziato come il contraddittorio non fosse del tutto assente nella materia in esame, risultando piuttosto meramente eventuale. Infatti, l’art. 93, co. 7, cod. ant. – anch’esso modificato dal decreto-legge in esame – già consentiva al prefetto, laddove lo ritenesse opportuno, di invitare «i soggetti interessati a produrre […] ogni informazione ritenuta utile». La legittimità di questa forte compressione delle garanzie difensive era stata argomentata facendo leva sull’esigenza, riconosciuta anche dalle istituzioni europee, di contrastare efficacemente il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici[8]. Finalità, questa, che avrebbe potuto essere frustrata dalla «conoscenza dell’imminente o probabile adozione di un provvedimento antimafia […], in quanto le associazioni mafiose sono ben capaci di ricorrere a tecniche elusive delle norme in materia»[9].

La più recente giurisprudenza amministrativa, tuttavia, pur condividendo la suesposta ricostruzione del previgente quadro normativo, aveva cionondimeno auspicato, in un’ottica de jure condendo, «un quantomeno parziale recupero delle garanzie procedimentali […] in tutte quelle ipotesi in cui la permeabilità mafiosa appaia alquanto dubbia, incerta, e presenti, per così dire, delle zone grigie o interstiziali, rispetto alle quali l’apporto procedimentale del soggetto potrebbe fornire utili elementi a chiarire alla stessa autorità procedente la natura dei rapporti tra il soggetto e le dinamiche, spesso ambigue e fluide, del mondo criminale»[10]. Così, appellandosi alla «saggezza del legislatore», i giudici di Palazzo Spada avevano invitato quest’ultimo a effettuare un «bilanciamento tra i valori in gioco», in modo da evitare «un sacrificio del diritto di difesa sproporzionato»[11].

L’auspicio formulato dal Consiglio di Sato, e successivamente condiviso anche dalla Commissione bicamerale antimafia[12], è stato oggi sostanzialmente accolto dal legislatore[13].

Più nel dettaglio, volgendo lo sguardo al dettato normativo, il nuovo co. 2-bis dell’art. 92 cod. ant. prevede che «[i]l prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva […], ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa». L’instaurazione del contraddittorio presenta tuttavia un duplice limite. Da un lato, è previsto che al soggetto interessato non spetti alcuna comunicazione «laddove ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento»[14], similmente a quanto del resto avviene in tema di comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. 241/90. Dall’altro lato, la disposizione in esame precisa che è in ogni caso preclusa la comunicazione di «elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose».

Con la suddetta comunicazione viene assegnato un termine, che in ogni caso non può essere superiore a venti giorni, entro cui il soggetto interessato può «presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti»[15], e può richiedere l’esecuzione di un’audizione. Rispetto allo svolgimento di quest’ultima, la novella richiama le modalità previste dall’art. 93, co. 7-9, cod. ant. Tali commi prevedono che: il prefetto competente all’adozione dell’informazione, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell’accesso, può invitare i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali; all’audizione si provvede mediante comunicazione formale da inviarsi al responsabile legale dell’impresa, contenente l’indicazione della data, dell’ora e dell’Ufficio della prefettura ove dovrà essere sentito l’interessato ovvero persona da lui delegata; dell’audizione viene redatto apposito verbale in duplice originale, di cui uno consegnato nelle mani dell’interessato.

Quanto agli effetti, l’art. 92, co. 2-bis, cod. ant. prevede che la comunicazione in esame «sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’art. 92, comma 2», vale a dire il termine entro il quale il prefetto deve rilasciare l’informazione antimafia. È poi previsto che la procedura di contraddittorio debba in ogni caso concludersi entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione[16].

Oltre ad aver modificato, nei termini appena illustrati, il comma 2-bis dell’art. 92 cod. ant., l’art. 48, co. 1, lett. a), n. 2 d.l. 152/2021 ha aggiunto, nel corpo della medesima disposizione, altri due commi.

In particolare, il nuovo comma 2-ter dell’art. 92 cod. ant. illustra i possibili esiti della procedura in contraddittorio, prevedendo che il prefetto può: a) rilasciare un’informazione antimafia liberatoria; b) disporre l’applicazione delle nuove misure amministrative di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94-bis cod. ant. (v. infra, §3), laddove emerga un’agevolazione di tipo occasionale; c) adottare l’informazione antimafia interdittiva, valutando la sussistenza dei presupposti per le misure di cui all’art. 32, co. 10, d.l. 90/2014 (nomina di un commissario o rinnovazione degli organi sociali) e, in caso positivo, informando tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.

Il successivo comma 2-quater, invece, precisa che, ai fini dell’adozione dell’informazione interdittiva antimafia, possono essere valutate talune sopravvenienze verificatesi nel periodo tra la ricezione della comunicazione e la conclusione della procedura in contraddittorio. In particolare, si fa riferimento: i) al cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell’oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza; ii) alla sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie; iii) al compimento di fusioni o qualsiasi altra variazione dell’assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione mafiosa.

Per concludere sull’importante novità appena illustrata, va segnalato che tra i primi commentatori non è mancato chi, pur salutandola con favore, ne ha evidenziato alcune criticità. In particolare, si è affermato che l’«esigenza di difesa» sarebbe stata «pericolosamente posizionata in avanti, ossia nella fase nella quale la autorità abbia già raggiunto il convincimento della sussistenza dei presupposti per la applicazione delle misure, con ovvia difficoltà per il proposto di addurre nel ristretto termine di venti giorni elementi a propria difesa quando gli elementi ‘a carico’ siano già condensati in un giudizio prognostico a lui totalmente sfavorevole»[17]. Prestando attenzione a tale aspetto, si coglie nitida la differenza che intercorre tra la comunicazione ex art. 92, co. 2-bis, cod. ant. e la comunicazione di avvio del procedimento, disciplinata in via generale dall’art. 7 l. 241/90. Non a caso, nei lavori che hanno accompagnato la riforma si è osservato che il neonato istituto risulterebbe piuttosto ispirato «al preavviso di rigetto di cui all’articolo 10-bisdella legge n. 241/1990»[18]. A ben vedere, però, neppure queste due figure possono dirsi del tutto sovrapponibili, dal momento che la ‘comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza’ disciplinata dalla legge sul procedimento amministrativo trova applicazione nei «procedimenti ad istanza di parte»[19], in cui l’interessato ha già avuto occasione di interloquire con la pubblica amministrazione. Ciò che non si riscontra, invece, nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia.

 

2. La seconda grande novità cui si è già brevemente fatto cenno (v. supra, §1) è disciplinata dall’art. 49 d.l. 152/2021, che ha introdotto nel tessuto del codice antimafia l’art. 94-bis, rubricato «[m]isure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale». La faretra a disposizione del prefetto si arricchisce così di nuovi strumenti, da utilizzarsi allorquando i tentativi di infiltrazione mafiosa siano «riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale»[20]. In particolare, in siffatte ipotesi il prefetto può prescrivere all’impresa l’osservanza – per un periodo compreso tra sei e dodici mesi – di una delle seguenti misure di controllo:

a) l’adozione e l’attuazione di misure organizzative, anche ai sensi degli artt. 6, 7 e 24-terdel d.lgs. n. 231 del 2001, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale;

b) la comunicazione al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro quindici giorni dal loro compimento, di una serie di atti di valore non inferiore 5.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto;

c) la comunicazione, nel caso di società di capitali o di persone, al gruppo interforze di eventuali forme di finanziamento da parte dei soci o di terzi;

d) la comunicazione al gruppo interforze dei contratti di associazione in partecipazione stipulati;

e) l’utilizzazione di un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione, nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), e l’osservanza, per i pagamenti previsti dall’articolo 3, co. 2, l. n. 136/2010, delle modalità di tracciamento dei flussi indicate nella stessa norma.

Oltre a ciò, il prefetto può nominare fino a tre esperti – da scegliersi tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell’albo nazionale degli amministratori giudiziari – «con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all’attuazione delle misure di prevenzione collaborativa»[21].

Scaduto il termine di durata delle suddette misure, il prefetto esprime una valutazione sulle analisi formulate dal gruppo interforze e, laddove accerti «il venir meno dell’agevolazione occasionale e l’assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un’informazione antimafia liberatoria»[22]. In ogni caso, il co. 2-bis dell’art. 94-bis cod. ant. consente al prefetto di revocare in qualsiasi momento le misure in esame e adottare l’informazione antimafia interdittiva.

Al pari di quanto si è detto per l’interdittiva antimafia, anche l’applicazione del nuovo istituto richiede l’instaurazione del contraddittorio procedimentale con il soggetto interessato. L’art. 92, co. 2-bis, cod. ant., pur collocato in una disposizione dedicata al procedimento di rilascio delle informazioni antimafia, si riferisce infatti anche alle nuove misure di cui all’art. 94-bis cod. ant.

Così sintetizzati i tratti salienti della ‘prevenzione collaborativa’, si può immediatamente osservare che le misure adottabili dal prefetto non rappresentano una novità assoluta. Esse, al contrario, appaiono in parte assimilabili a quelle che l’autorità giudiziaria può disporre con il controllo giudiziario delle aziende di cui all’art. 34-bis cod. ant., misura più blanda rispetto all’amministrazione giudiziaria introdotta per far fronte ai casi in cui l’agevolazione di cui parla l’art. 34 cod. ant. risulta essere solo occasionale[23]. Sulla scorta di questa considerazione, in dottrina si è immediatamente osservato che la «ratio sottesa alla prevenzione collaborativa è la stessa del controllo giudiziario», vale a dire «non travolgere le imprese solo macchiate da marginali presenze mafiose, spesso inevitabili in alcuni territori», e che, a ben vedere, si può parlare «di un “controllo amministrativo” che, in caso di esito positivo, anticipa e sostituisce il controllo giudiziario, e in caso di insuccesso ne ritarda o ne rende solo eventuale l’applicazione»[24]. Per questa via, il legislatore ha aperto «la strada ad una forma di cooperazione partecipata, questa volta però non tra impresa e tribunale, bensì tra impresa e autorità amministrativa, consentendo a quest’ultima di entrare in azienda e verificare la presenza o meno dei pericoli di infiltrazione mafiosa senza però esporla al rischio di una paralisi e salvaguardando il going concern aziendale e i livelli occupazionali»[25]. Viene così con decisione ribadita la considerazione dell’interdittiva quale extrema ratio, da utilizzarsi solo al fine di contrastare gravi situazioni di infiltrazione mafiosa inequivocabile.

La vicinanza sistematica tra le misure di collaborazione preventiva e il controllo giudiziario ex art. 34-bis cod. ant. risulta peraltro confermata dal dato normativo, e segnatamente dalle disposizioni con cui il legislatore ha definito i rapporti tra questi due istituti. Il riferimento corre, in particolare, al nuovo art. 34-bis, co. I, cod. ant., che, come modificato dall’art. 47 d.l. 152/2021, consente al Tribunale di disporre il controllo giudiziario anche in sostituzione delle nuove misure di cui all’art. 94-bis cod. ant.[26] Tale decisione comporta, ai sensi dell’art. 94-bis, co. III, cod. ant., la cessazione delle misure di prevenzione collaborativa, del cui periodo di esecuzione può peraltro «tenersi conto ai fini della determinazione della durata del controllo giudiziario».

 

3. Illustrate le novità di maggiore impatto, è ora opportuno segnalare brevemente alcune altre modifiche apportate al c.d. codice antimafia dal d.l. n. 152/2021.

Una novità tutt’altro che trascurabile è quella impressa dall’art. 47 d.l. 152/2021 all’art. 34-bis, co. VI, cod. ant., che disciplina il c.d. controllo giudiziario volontario. Nella nuova formulazione della disposizione da ultimo richiamata risulta integrato l’elenco dei soggetti che devono essere sentiti dal Tribunale al fine di decidere se concedere all’impresa il controllo giudiziario, in attesa che sia decisa l’impugnativa dell’interdittiva antimafia. In particolare, si prevede che, oltre al procuratore distrettuale competente e agli altri soggetti interessati, deve essere sentito anche il prefetto che ha emesso l’interdittiva antimafia.

Il medesimo art. 47 d.l. 152/2021, riscrivendone il comma 7, ha poi apportato le seguenti ulteriori modifiche all’art. 34-bis cod. ant.: i) è stato specificato che, quando il tribunale applica gli istituti dell’amministrazione giudiziaria (art. 34 cod. ant.) o del controllo giudiziario (art. 34-bis cod. ant.), non si sospendono solo gli effetti dell’interdittiva antimafia, ma anche i termini concessi al prefetto per disporre le necessarie verifiche e rilasciare l’informazione antimafia; ii) alla cancelleria del tribunale è stato demandato il compito di comunicare al prefetto l’applicazione degli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, affinché egli possa conseguentemente aggiornare la banca dati nazionale della documentazione antimafia; iii) si è stabilito che l’applicazione degli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario deve essere valutata al fine di disporre, nei successivi cinque anni, l’applicazione delle misure amministrative di prevenzione collaborativa ex art. 94-bis cod. ant.

Merita infine un cenno l’art. 48-bis d.l. 152/2021, che, intervenendo sull’art. 83, co. 3-bis, cod. ant. e sull’art. 91, co. 1-bis cod. ant., ha apportato una modifica all’ambito di applicazione della comunicazione antimafia e dell’informazione antimafia, innalzando da 5 mila euro a 25 mila euro la soglia di rilevanza dei contributi europei cui la norma fa riferimento.

 

 

[1] Cfr. l. 29 dicembre 2021, n. 233, in G.U. n. 310 del 31 dicembre 2021, suppl. ordinario n. 48.

[2] La vecchia rubrica, «Termini per il rilascio delle informazioni», è stata così sostituita dall’art. 48, co. 1, lett. a), n. 1, d.lgs. n. 152/2021.

[3] Cfr. F. Vignoli, Diritto amministrativo, FrancoAngeli, Milano, 2020, p. 420; v. anche R. Garofoli – G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo. Parte generale e speciale, XV ed., Neldiritto Editore, 2021, p. 1380.

[4] Cfr. la posizione espressa dall’Osservatorio misure patrimoniali e di prevenzione dell’Unione delle camere penali italiane, richiamata in Le modifiche legislative presentate dal Governo in materia di interdittive antimafia e controllo giudiziario, 29 ottobre 2021, p. 3.

[5] Cfr. t.a.r. Bari (Puglia), Sez. III, 27 novembre 2019 (dep. 13 gennaio 2020), n. 28.

[6] Cfr. Corte di giustizia dell’Unione europea, Sez. IX, 28 maggio 2020, n. 17.

[7] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 23 gennaio 2020 (dep. 31 gennaio 2020), n. 820, §7.2.

[8] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 23 gennaio 2020 (dep. 31 gennaio 2020), n. 820, §7.6.

[9] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 aprile 2020 (dep. 6 maggio 2020), n. 2854, §4.6.

[10] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 luglio 2020 (dep. 10 agosto 2020), n. 4979, §37. Per un commento alla sentenza cfr. R. Rolli – M. Maggiolini, Informativa antimafia e contraddittorio procedimentale (nota a Cons. St. sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979), in Giust. ins. (web), 19 novembre 2020.

[11] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 luglio 2020 (dep. 10 agosto 2020), n. 4979, §37.4.

[12] Cfr. Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Relazione sull’analisi delle procedure di gestione dei beni sequestrati e confiscati, doc. XXIII, n. 15, approvata il 5 agosto 2021, p. 209.

[13] Si evidenzia che la novella legislativa si pone «in adesione alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato» in una nota del Ministero dell’interno del 29 ottobre 2021, Rafforzato il sistema di prevenzione con alcune modifiche del Codice antimafia.

[14] Cfr. art. 92, co. 2-bis, cod. ant.

[15] Cfr. art. 92, co. 2-bis, cod. ant.

[16] Cfr. art. 92, co. 2-bis, cod. ant.

[17] Cfr. le considerazioni svolte dall’Osservatorio misure patrimoniali e di prevenzione dell’Unione delle camere penali italiane, Le modifiche legislative presentate dal Governo in materia di interdittive antimafia e controllo giudiziario, cit., pp. 3-4.

[18] Cfr. Dossier 16 dicembre 2021, Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, d.l. 152/2021 – A. C. 3354-A, p. 462.

[19] Cfr. art. 10-bis, co. I, l. 241/90.

[20] Cfr. art. 94-bis, co. I, cod. ant.

[21] Cfr. art. 94-bis, co. II, cod. ant.

[22] Cfr. art. 94-bis, co. IV, cod. ant.

[23] Cfr. F. Basile, Manuale delle misure di prevenzione. Profili sostanziali, II ed., Giappichelli, Torino, 2021, pp. 219-220.

[25] Così, ancora, M. Vulcano, Le modifiche del decreto legge…, cit., p. 11.

[26] Come osserva M. Vulcano, Le modifiche del decreto legge…, cit., p. 23, «[è] evidente che la norma qui faccia riferimento al controllo giudiziario disposto d’ufficio e non anche a quello volontario, il cui presupposto, come noto, è la pendenza di una interdittiva antimafia e la sua impugnazione davanti al giudice amministrativo».


LE NOVITÀ INTRODOTTE DAL D.L. 152/2021 (CONVERTITO IN LEGGE 233/2021) IN MATERIA DI INTERDITTIVE ANTIMAFIA

l Decreto-Legge 6 novembre 2021, n. 152 (convertito con modificazioni in Legge 233/2021) ha introdotto, agli articoli 47, 48, 48-bis, 49 e 49-bis alcune modifiche alla disciplina delle interdittive antimafia.

Le novità principali, in particolare, riguardano:

  1. L’introduzione del contraddittorio nel percorso verso il rilascio dell’interdittiva;
  2. L’introduzione dell’istituto della prevenzione collaborativa in caso di agevolazione occasionale.

Il contraddittorio. In merito al primo punto, le novità sono contenute nell’articolo 48 che interviene in senso modificativo rispetto agli articoli 92 e 93 del Codice Antimafia.

Nello specifico, quando il Prefetto ritiene sussistenti i presupposti per il rilascio dell’informazione antimafia interdittiva o per l’avvio della prevenzione collaborativa, dà tempestiva comunicazione di ciò all’impresa/società/associazione interessata (nella versione precedente il Prefetto comunicava direttamente, entro cinque giorni, l’adozione della misura).

Questa comunicazione contiene l’indicazione degli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa e l’assegnazione di un termine (non superiore a venti giorni) per la presentazione di osservazioni scritte o per la richiesta di un’audizione.

Sono introdotti anche dei limiti al contraddittorio così instaurato; in particolare:

  • il contraddittorio è escluso in presenza di ragioni che impongano una particolare celerità al procedimento;
  • non sono comunicati quegli elementi informativi il cui disvelamento possa pregiudicare procedimenti amministrativi, attività processuali in corso o altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

Durante la fase di contraddittorio, inoltre, le modifiche societarie che dovessero realizzarsi (variazioni di nome, di sede, degli organi di amministrazione, degli organi sociali, dell’assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale, ecc) sono valutate ai fini del rilascio dell’informazione antimafia interdittiva.

Il contraddittorio si conclude entro 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione con: il rilascio dell’informazione antimafia liberatoria ovvero dell’informazione antimafia interdittiva ovvero ancora con l’adozione delle misure di prevenzione collaborativa (che ora si analizzano).

La prevenzione collaborativa. L’istituto di nuovo conio della prevenzione collaborativa (nuovo articolo 94-bis del Codice Antimafia) si colloca, idealmente, un passo indietro rispetto alle misure interdittive: essa scatta, infatti, in presenza di situazioni di agevolazione occasionale e prevede l’adozione, in un lasso di tempo compreso tra i sei mesi e un anno, di una serie di misure (non necessariamente tutte).

Queste sono, nello specifico:

  • adozione ed efficace attuazione di misure organizzative atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale (cd. modelli 231);
  • comunicazione al gruppo interforze, entro quindici giorni dal loro compimento, degli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati e ricevuti (e altri atti) di valore non inferiore a 5.000 euro (o di valore superiore stabilito dal prefetto);
  • per le società di capitali o di persone, comunicazione al gruppo interforze di eventuali forme di finanziamento da parte dei soci o di terzi;
  • comunicazione al gruppo interforze dei contratti di associazione in partecipazione stipulati;
  • utilizzo di un conto corrente dedicato per gli atti di pagamento e riscossione e per i finanziamenti di cui sopra;
  • eventuale nomina da parte del Prefetto di uno o più esperti, (al massimo tre), con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all’attuazione delle misure di prevenzione collaborativa.

Nel caso sia disposto dal tribunale il controllo giudiziario (ai sensi dell’articolo 34-bis del Codice Antimafia) è prevista la cessazione dell’applicazione delle misure della prevenzione collaborativa.

Se al termine del percorso, sulla base delle analisi svolte dal Gruppo Interforze, si accerta il venir meno dell’agevolazione occasionale e l’assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto rilascia l’informazione antimafia liberatoria. In ogni caso, le misure adottate possono essere in ogni momento revocate o modificate e non impediscono l’adozione dell’informativa antimafia interdittiva (art. 94-bis, comma 2-bis del Codice Antimafia).

Il controllo giudiziario delle aziende. Infine, l’articolo 47 del D.L. 152/2021 apporta alcune modifiche di coordinamento con le nuove disposizioni all’articolo 34-bis del Codice Antimafia (controllo giudiziario delle aziende).

Alcune modifiche in sede di conversione. Ulteriori previsioni sono poi state introdotte in sede di conversione (legge 233/2021).

Nello specifico sono stati aggiunti gli articoli 48-bis e 49-bis i quali contengono alcune modifiche al Codice Antimafia.

Nel primo caso si interviene sugli articoli 83 e 91 del Codice Antimafia, in particolare rispetto alle disposizioni relative alle ipotesi di terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei: con queste modifiche, la soglia di erogazioni rilevante per l’acquisizione di documentazione e informazioni antimafia è innalzata da 5.000 euro a 25.000 euro.

Con l’articolo 49-bis, si interviene invece sugli articoli 86 e 87, in tema di obblighi dei legali rappresentanti degli organismi societari nelle more dell’emanazione della documentazione antimafia e di mutamento della sede legale o della sede secondaria.

(Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio 2022)