«Non speculate su Borsellino»

LA STAMPA 19 luglio 1995

 
Agnese Borsellino è una signora piccola, che come tutte le signore siciliane non stringe la mano, ma la porge appena. Come quelle poche parole che dice, in una serata diversa, per lei che non ha mai voluto comparire e adesso quasi si nasconde accanto alla mole di Leoluca Orlando, nel giardino che sa arabo, di villa Niscemi, nel parco della Favorita, con attorno la Palermo «retina» delle fiaccolate, delle lenzuola bianche, dell’antimafia militante. E’ la sera del film «Un uomo gentile, un bravo magistrato», 40 minuti di immagini e suoni di Palermo intorno al tema Borsellino, una specie di documentario emotivo con cui la Rete punta a riscaldare la Sicilia indifferente.
L’ha girato Pasquale Scimeca che alla fine del film si avvicina timidamente alla signora Agnese. Le è piaciuto? «Molto toccante», e sembra che ringrazi mentre lo dice. Sono passati tre anni da quella domenica pomeriggio in via D’Amelio quando l’inferno di Cosa Nostra ha divorato in un boato la vita di Paolo Borsellino e quella dei suoi cinque agenti di scorta. Tre anni di esistenza appartata e silenziosa di Agnese che non ha mai fatto proclami, né proteste, né rivelazioni. Qualche settimana fa è andata a testimoniare al processo di Caltanissetta sulle stragi e ha raccontato con angosciata lucidità il riflesso intimo e famigliare delle ostilità a palazzo di giustizia che avevano spinto suo marito all’isolamento. Poi è ritornata nel chiuso della sua casa: «Io – ci spiega – non voglio mettermi in mostra».
La serata è di quelle speciali. In prima fila c’è Agnese, accanto al sindaco Orlando e alla signora Laura, moglie del procuratore Giancarlo Caselli che quando arriva a villa Niscemi è accolto da un applauso interminabile. E ancora accanto padre Pintacuda, il gesuita ispiratore e teorico della Rete. Sparsi tra il pubblico ci sono le due figlie di Borsellino, Lu- eia e Fiammetta, arrivata in motorino, c’è il fratello di Paolo, Salvatore che fa l’ingegnere e vive ad Arese. C’è la sorella Rita che vive a Palermo e fa la farmacista. Non c’è Manfredi, il figlio, che sta dando gli esami da magistrato ed è, ci dice un amico, «molto stanco». «Questi sono giorni difficili, per noi», dicono i parenti di Paolo Borsellino, «uomo gentile, bravo magistrato», come sembra recitare una bambina del centro sociale dell’Albergheria intervistata nel film.
E’ il centro dove lavorava come volontaria Lucia Borsellino, ed è lì che i ragazzi raccontano la loro semplice verità. «Sì – ci dice Agnese Borsellino credo anch’io che nelle scuole di Palermo siano cambiate molte cose in questi ultimi anni». La morte di Falcone e di Borsellino ha innescato un fenomeno che non si era mai visto. «A distanza di tre anni – ci dice ancora Agnese – continuiamo a ricevere centinaia di lettere, specie di bambini. Ora le vogliamo pubblicare». Sono migliaia, arrivano da Palermo, dalla Sicilia, ma anche da posti insospettabili come late Mills, Ohio, Stati Uniti, da dove un certo Sam Borsellino scrive del suo illustre omonimo: «E’ stato un grand’uomo». 0 come Bao Phaphò, Laos al confine cambogiano, da dove una certa Katerine manda una specie di poesia che finisce così: «…sono in Cambogia, ma mi sento in Sicilia e la mia mente è imbrigliata al pensiero del vostro dolore». Il film si apre con quella specie di testamento pronunciato da Borsellino pochi giorni prima di morire, in un dibattito alla biblioteca di Palermo sulla tragedia di Capaci dove raccontò l’isolamento di Giovanni Falcone che era anche il suo. «Nessuna strage – commenta un deputato della Rete – fu più annunciata di quella di Borsellino…». E la signora Agnese fa segno di sì con la testa, chiudendo i piccoli occhi scuri. Ecco le immagini di Paolo ai funerali di Falcone e della scor¬ ta. Riceve la comunione dall’arcivescovo Pappalardo e lo vediamo in raccoglimento, con la toga un po’ a sghimbescio. Chiediamo alla signora Agnese come spiega il fenomeno delle lettere: «Credo che oggi molta gente senta il bisogno di simboli positivi. Paolo è diventato un simbolo». E adesso tutti lo tirano un po’ di qua e un po’ di là. Destra e sinistra, anche se lui (è noto) in gioventù aveva militato a destra e aveva un cuore che non batteva a sinistra. La Rete l’ha celebrato con il film, l’Arci con raccolte di poesie, Alleanza nazionale con un incontro al circolo della libertà dove l’onorevole Lo Porto ha ricordato gli anni della «Giovine Italia». Abbiamo chiesto a Rita Borsellino, cosa ne pensa: «Ognuno – ci ha detto – è libero di commemorarlo. L’importante è che non ci speculino sopra. La memoria di Paolo appartiene a tutti e accanto a me ho sentito in questi anni il calore di tanta gente che prima non conoscevo neppure. E’ la sua eredità», [c. m.) «Ognuno è libero di commemorarlo la sua memoria appartiene a tutti» «Voglio pubblicare le lettere che ci hanno scritto i bambini» V A fianco, Agnese Borsellino, vedova del giudice Paolo (foto a sinistra) In alto un’immagine della strage di via D’Amelio