MANFREDI BORSELLINO e il motorino

Quando avevo poco più di tredici anni mio padre mi acquistò un ciclomotore marca ‘Garelli’, con le marce a pedale. L’intento di mio padre era quello che io mi esercitassi ad andare in moto dentro il cortile del nostro condominio e solo dopo il quattordicesimo anno di età mettessi il naso fuori. Avevo fatto il “solco” dentro quel cortile ma il naso fuori con quel ciclomotore non lo misi mai. Ricordo che ero entusiasta perché non solo era il mio primo motorino ma soprattutto mi consentiva di portare dietro i miei compagnetti (o compagnette), allora infatti non vigeva il divieto di circolare in due su di un ciclomotore. L’entusiasmo però finì presto perché un bel giorno, proprio alla vigilia della bella stagione, mio padre mi disse se ero pronto a fare un gesto di grande responsabilità e coraggio. Io non capivo esattamente a cosa alludesse perché così piccolo non è che ci fossero tutti questi gesti di responsabilità e coraggio che potesse farmi fare ma non feci una piega, anzi ero pure divertito dalla sfida che lui mi chiamava ad affrontare. Doverosa una premessa: in quel tempo di omicidi e assassini di mafia a Palermo, in piazza Scaffa, in un quartiere popolare della città ad alta intensità mafiosa c’era stata ad opera dei corleonesi, quella famiglia di cosa nostra che stava mettendo le mani sulla città, una vera e propria strage all’interno di una stalla clandestina, la strage di piazza Scaffa in cui morirono i fratelli Quattrocchi. Mio padre da giudice istruttore si occupò della relativa inchiesta e in poco tempo assicurò alla giustizia i responsabili di quell’eccidio ma, come era solito fare, non si limitò solo al suo dovere di giudice inquirente andando ben oltre, iniziò infatti a prendersi cura e a provvedere ai bisogni primari di una delle tante vedove di mafia che incrociò lungo il suo cammino di giudice istruttore prima e pubblico ministero dopo, tale Pietra Lo Verso, vedova di uno dei fratelli Quattrocchi ma soprattutto madre di tre figli e senza una lira per sfamarli. Inoltre non era una vedova di mafia come tante altre, era anche una delle prime collaboratrici donne di quei primi Anni ’80, dato che alcune sue rivelazioni fatte a mio padre si erano rivelate determinanti per individuare i responsabili della morte del marito. Bene, questa lunga ma indispensabile premessa per dire che quel giorno in cui mio padre mi chiamò per farmi fare quel famoso gesto di “responsabilità e coraggio”, mi chiese senza tanti giri di parole di rinunciare al mio primo motorino e praticamente regalarlo al figlio più grande della sig.ra Lo Verso per consentirgli di recarsi all’alba in un panificio di Mondello, nota località balneare alle porte di Palermo, per svolgere le mansioni di garzone. In realtà non parlò di regalare ma più esattamente di “prestare” per qualche tempo la motocicletta ma io presi quel verbo prestare con molto beneficio d’inventario. Io ovviamente rimasi un pò interdetto ma prima che proferissi parola mio padre mi presentò questo giovane (che evidentemente aveva ascoltato nella stanza accanto il nostro colloquio) e mi disse: Manfredi, allora tutto a posto, scendete giù in garage e consegna il motorino a …… (non mi ricordo come si chiamava questo ragazzo, ricordo che era ben più aitante e muscoloso di me). Ed io come un automa scesi con quel ragazzo giù in garage, gli consegnai chiavi e documenti del motorino e lo lasciai andare ben consapevole che quel motorino difficilmente l’avrei più rivisto. Ed infatti non solo non lo rividi più, ma soprattutto dovetti aspettare un bel pò per averne un altro (ma non certo lo stesso), e in particolare che ne regalassero uno a mio padre i suoi colleghi in occasione del suo trasferimento a Marsala come procuratore capo. Metabolizzai successivamente ciò che mi aveva fatto fare mio padre e ne sono andato fiero e orgoglioso per tutti gli anni a seguire, quel giorno grazie a lui avevo davvero compiuto un gesto nobile di grande “responsabilità e coraggio”. Questa é la storia del motorino. E penso che mio padre debba essere ricordato soprattutto per la sua bontà d’animo, essendo egli una persona fondamentalmente buona e carica di una sconfinata umanità. La sua generosità era senza limiti.
(Manfredi Borsellino)