2 Luglio 1949 Palermo. Strage di Portella della Paglia (Monreale – PA)

 

Perirono sotto i colpi della Banda Giuliano le guardie P.S.: Carmelo Agnone, Candeloro Catanese, Carmelo Lentini, Michele Marinaro e Quinto Reda.


Strage di Portella della Paglia 

La strage di Portella Della Paglia è stato uno dei colpi più efferati che la banda di Giuliano abbia mai sferrato alle forze dell’ordine.

Geograficamente parlando, Portella della Paglia è uno stretto passaggio che separa la valle Jato dalla Conca D’Oro. La strada fu inaugurata nel 1830, ed è il collegamento più importante tra San Giuseppe Jato, San Cipirello e il capoluogo.

Inquadrando il periodo storico, qui in Sicilia il fenomeno del banditismo aveva preso il soprassalto sulle città, con l’ascesa del bandito Salvatore Giuliano. La sua figura sarà celebre a seguito di un omicidio contro un carabiniere compiuto il 2 settembre 1943: questo episodio, oltre la sua gravità, servì al bandito per impadronirsi del territorio usando la paura di morire e l’omertà – è perciò un omicidio abbastanza simbolico -.

Questo fenomeno si diffuse in Sicilia a partire dal 1945, quando il “re di Montelepre” condannò a morte tutti gli sbirri con le celebri parole:

“A morte i sbirri succhiatori del popolo siciliano e perché sono i principali radici fascisti, viva il separatismo della libertà”.

Più veloci delle parole arrivarono i proiettili e le bombe, che nell’arco di alcuni anni avrebbero falciato tante giovani vite di poliziotti, carabinieri che pur di servire lo stato hanno protetto il loro popolo anche morendo.

La lunga scia di sangue iniziò il primo maggio 1947, con la strage di Portella Della Ginestra, in cui la banda di Giuliano attentò alla vita di uomini innocenti e di pastori, riuniti durante un comizio il giorno della festa dei lavoratori (la prima strage di stato).

Il 2 luglio 1949, verso le 20:10, un camioncino Fiat 1100 della polizia partì da San Giuseppe Jato, dove si trovava “l’ufficio della Settima Zona dei Nuclei mobili dell’Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, il reparto interforze cui era stata affidata la repressione del fenomeno del banditismo.

Il commissario Mariano Lando era stato convocato a Palermo alle 19:30 da Ciro Verdiani, ispettore con passato nel fascismo. Nonostante la non urgente convocazione, il prefetto correva un rischio nel viaggiare di notte: era scortato da otto uomini ma nel momento peggiore della giornata, quando era davvero difficile vedere per colpa del buio.

In quell’orario l’autoveicolo che da poco aveva oltrepassato le montagne e doveva prendere una curva verso la destra, viene assalito da un gruppo di 6/8 banditi. Il commissario ebbe giusto il tempo di uscire e di sparare qualche colpo nel vuoto, per poi rimanere ferito dai proiettili.

I ladri a quel punto tentarono di appropriarsi della radiolina e degli uomini ancora in vita, se non che alcuni uomini della scorta sganciarono una controffensiva davvero forte, tanto che i delinquenti scapparono nel buio, mentre in molti erano feriti o morti a terra. 

Verso le 21:10, un camioncino privato portò i morti e i superstiti all’ospedale militare di Palermo, dove si giunse alle 22:30.

Tragico il bilancio finale di questo agguato. Furono infatti due i feriti: Giovanni Blundo, classe 1927, di Scicli (Ragusa) e l’autista Carmelo Gucciardo di Agrigento, classe 1924. Ben cinque invece le vittime: tra questi Michele Marinaro (radiofonista) di 26 anni da Cerignola (Foggia), Carmelo Agnone, 21 anni di Scordia (Catania), Quinto Reda, di 27 anni da Rogliano (Cosenza) e Carmelo Lentini, 23 anni nativo di Agrigento, tutti morti la stessa sera. Il quinto invece, Candeloro Catanese, classe 1920 da Villafranca Tirrena (Messina), spirò in ospedale due giorni dopo in seguito alle ferite riportate.


 

Carmelo Agnone, Candeloro Catanese, Carmelo Lentini, Michele Marinaro e Quinto Reda, agenti della Polizia di Stato perirono nella strage di Portella della Paglia (Monreale PA) il 2 luglio del 1949.

Erano in forza al Reparto Autonomo Guardie di P.S. presso l’ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia e componenti del Nucleo Mobile di San Giuseppe Jato (PA), un avamposto istituito per la repressione del banditismo e la cattura della banda del famigerato Salvatore Giuliano.

Verso le 20,30 del 2 luglio, a bordo di una camionetta Fiat 1100 il Commissario dr. Mariano Lando, 35 anni, funzionario dell’Ispettorato e le Guardie Carmelo Gucciardo, 24 anni, autista, Carmelo Agnone, 28 anni, Carmelo Lentini, 23 anni, Michele Marinaro, 26 anni, Candeloro Catanese, 29 anni, Quinto Reda, 27 anni e Giovanni Biundo, 22 anni, partirono alla volta di Palermo, per recarsi all’Ispettorato, ove era stata convocata un’urgente riunione di servizio. Pochi chilometri dopo, allorchè il veicolo giunse in località Portella della Paglia, un gruppo di una decina di fuorilegge aprì il fuoco con raffiche di mitra, lanciando anche alcune bombe a mano. Le prime raffiche falciarono Agnone, Lentini e Reda, che morirono all’istante. Gli altri si precipitarono fuori dal mezzo e, facendosene scudo, risposero al fuoco con le armi automatiche. La sparatoria si protrasse per circa mezz’ora; i malviventi cercarono di accerchiare il veicolo per trucidare i poliziotti, che si difesero strenuamente, riuscendo a metterli in fuga e a chiamare i soccorsi. Purtroppo, quando questi arrivarono, trovarono sul terreno quattro feriti: Gucciardo e Biundo in modo serio, ma non mortale, mentre Marinaro e Catanese lo erano gravemente e versavano in evidente pericolo di vita. Immediatamente trasportati in ospedale, i quattro agenti furono sottoposti alle cure del caso, che però per due di essi furono disperate e vane: il Marinaro cessò di vivere poco dopo, mentre il Catanese si spense il 4 luglio, dopo due giorni di agonia.

Sul posto della sparatoria il giorno dopo confluirono diverse autoblindo della P.S. e dei Carabinieri e, durante il sopralluogo, furono rinvenute centinaia di bossoli e bombe a mano inesplose, che avrebbero potuto uccidere tutti i componenti della squadra.

Le indagini non accertarono se il gruppo dei banditi si fosse appostato lì diverse ore prima ovvero si trovasse in quel luogo per pura coincidenza, certo si fece strada il sospetto che essi sapessero della convocazione a Palermo ed avessero pianificato l’agguato con cura. Il grave sospetto che la banda potesse contare su strumenti di intercettazione telefonica o su delatori o, peggio, traditori spinse il Ministro Scelba a disporre una commissione d’inchiesta, che però non apportò alcun risultato.


Quattro agenti di P. S. uccisi in una imboscata di Giuliano
Nuova sanguinosa offensiva dei banditi in Sicilia
Forte indignazione per l’atteggiamento dell’Ispettorato di P. S.

Una nuova ondata di orrore e di indignazione Si è diffusa a Palermo: un camion ha trasportato stasera in città tre agenti di polizia uccisi e tre feriti. Un morto giace ancora presso Portella della Paglia. Sono le ultime vittime dei banditi di Giuliano.
I fatti si sono svolti fulminei, come al solito: un camion di agenti al comando di un commissario di P.S. aveva lasciato verso le ore 21 San Giuseppe Iato, diretto a Palermo. Improvvisamente, ad una curva l’agguato micidiale. Raffiche di mitra e scoppi di bombe a mano crepitavano attorno alla macchina, l’autista, ferito alla mano, perdeva il controllo ed era costretto a frenare per evitare il pauroso sbandamento.

Immediatamente gli agenti scendevano dall’auto e si apprestavano alla difesa. Cinque minuti è durato il fuoco, non più. Ma al termine di quei cinque minuti quattro cadaveri giacevano dietro l’autocarro mentre altre quattro persone grondavano sangue dalle ferite.
Sulle alture nemmeno una goccia di sangue, nemmeno una traccia degli assalitori: si erano dileguati col favore delle ombre crescenti.
Il commissario fermava un’auto che sopraggiungeva. Su di essa venivano composti tre dei quattro cadaveri. Il tragico automezzo giungeva a Palermo. I feriti venivamo immediatamente ricoverati all’ospedale Militare. Per uno di essi è stata emessa la prognosi riservata, ed a tarda notte doveva essere operato.

I morti sono: Carmelo Agnone, di Sebastiano di 28 anni, Carmelo Lentini, di 23 anni, Quinto Renda, di 27 anni, e Michele Marinaro. I feriti sono: Candeloro Catanese, da Villafranca, Giovanni Blundo e Carmelo Gucciardo.
La notizia della aggressione si è sparsa in un lampo per Palermo, ove la tensione e l’indignazione per l’atteggiamento delle massime autorità di polizia non è affatto diminuita. Òggi altri quattro nomi si aggiungono alla già troppo lunga lista dei morti. L’Ispettorato di P.S.  “mantiene il più assoluto riserbo” . Cercherà ancora di «minimizzare»?
G. S.


Articolo da La Stampa del 3 Luglio 1949


Quattro agenti morti e tre feriti
Agguato di banditi alle forze di polizia

Palermo, 2 Luglio. Una nuova grave aggressione di banditi alle forze di polizia è stata compiuta questa notte.
Una auto con a bordo un Commissario di P.S. e sette agenti avevano  lasciato verso le ore 21 San Giuseppe Jato diretta nella nostra città, quando, pervenuta in contrada Portella della Paglia, territorio di S. Giuseppe, e precisamente ad una curva, è stata fatta segno a raffiche di mitra e lancio di bombe a mano.

L’autista ferito all mano era costretto a fermare la macchina e quindi gli agenti si disponevano in posizione di contrattacco. Durante il conflitto durato pochi minuti rimanevano uccisi quattro agenti e feriti tre di cui uno giudicato guaribile con riserva. I banditi al termine della sparatoria si davano alla fuga riuscendo a dileguarsi favoriti dall’oscurità della notte. Nel frattempo sopraggiungeva un camion privato al quale il commissario chiedeva soccorso.

Morti e feriti sono stati così trasportati all’ospedale militare. Uno solo dei morti è rimasto piantonato sul posto.
I morti sono: Carmelo Agnone di Sebastiano di 28 anni da Scordia (Catania), guardia scelta; Carmelo Lentini di anni 23 da Agrigento; Quinto Renda, di anni 27 e il quarto morto, cioè quello rimasto piantonato, pare si chiami Michele Marinaro. I feriti sono: Candaloro Catanese, da Villafranca Tirrena, giudicato con prognosi riservata e più tardi operato; Giovanni Blundo e Carmelo Gucciardo.

L’Ispettorato Generale di P. S. mantiene sul fatto il massimo riserbo. Ci risulta che forze di polizia sono state inviate sul luogo dell’eccidio e che una vasta operazione di rastrellamento è in conrso.


Articolo da La Stampa del 4 Luglio 1949

Il vice-capo della polizia a Portella della Paglia
Dopo la nuova sanguinosa Imboscata
Un’inchiesta ordinata dal Ministro dell’Interno – È in corso una vasta battuta delle forze dell’ordine: numerosi fermi

Palermo, lunedi sera. Sulla sanguinosa imboscata ad un camioncino della polizia, avvenuta l’altra sera a Portella della Paglia, si hanno questi altri particolari.

I fuorilegge, in numero non superiore a sei, come è stato possibile accertare dai bossoli rinvenuti sul luogo dell’agguato, erano divisi e disposti ai margini della strada. Quando la macchina, costretta a rallentare dalla curva, giunse, i banditi, da un lato posti al disopra di un costone alto circa 10 metri e dall’altro su un muretto, alto pochi metri, lasciarono partire un fuoco infernale di mitra.

Subito quattro agenti rimanevano uccisi; gli altri tre agenti benché feriti, ed il commissario aggiunto, dott. Mariano Landò, rimasto miracolosamente illeso, si gettavano dalla vettura e rispondevano al fuoco degli aggressori. L’agente Candaloro Catanese, il più grave dei feriti, lanciava due bombe a mano da un lato della strada, mentre altrettanto faceva il dott. Landò dall’altro lato. Il lancio delle bombe era seguito da raffiche di mitra sparate dagli stessi e dagli altri due agenti feriti.

I banditi, inerpicatisi sulla montagna, rispondevano debolmente al fuoco della polizia, e poi si dileguavano. È stato confermato che il quarto agente morto, che era rimasto sul luogo piantonato perchè incastrato fra la macchina e il muro, risponda al nome di Michele Marinaro Di Giovanni di anni 26, da Cerignola.

Sul luogo dell’aggressione sono subito affluite ingenti forze di polizia al comando dello stesso ispettore generale di F.S. per la Sicilia, comm. Verdiani. Per tutta la notte e la mattinata — le operazioni sono tuttora in corso — è stata effettuata una battuta a largo raggio. Numerosi individui sospetti sono stati fermati, in attesa di precisi accertamenti, durante i rastrellamenti.

Le condizioni del ferito più grave, l’agente Candaloro Catanese, che, come si è già detto, è stato operato, rimangono stazionarie.

All’ospedale militare si sono recati a rendere omaggio alle salme dei caduti ed a confortare i feriti il presidente della Regione siciliana, l’ispettore generale di P.S.. Verdiani, il comandante la Legione dei Carabinieri, funzionari della polizia e alti ufficiali del carabinieri, nonché le Autorità cittadine.

In seguito al luttuoso episodio di Portella della Paglia, il ministro dell’Interno ha disposto che si rechi sul posto, per un’inchiesta, il vice-capo della Polizia.


Articolo da L’Unità del 5 Luglio 1949

Le vittime di Portella sono salite a cinque
L’aggressione di Giuliano

L’agente Candeloro Catanese, di anni 29, da Villafranca Tirrenia, è spirato oggi all’ospedale militare di Palermo, dove era stato ricoverato in condizioni disperate. Il numero degli agenti caduti nella tragica imboscata di Portella della Paglia sale così a cinque.

L’agguato di Giuliano nella gola di Portella ha suscitato una profonda impressione nell’opinione pubblica, specie dopo le rosee previsioni avanzate in queste ultime settimane da parte dei giornali governativi. Si tratta forse del più grave delitto di cui si sia macchiato Giuliano dopo la strage di Portella delle Ginestre.

Secondo voci, che circolano con insistenza e sono di pubblico dominio, sembra che l’agguato sia stato accuratamente studiato e preparato da Giuliano, venuto, non si sa come,  a conoscenza del fatto che la jeep partita da San giuseppe Iato alle ore 20 era diretta a Palermo con a bordo il capozona dei nuclei di San Giuseppe Jato, scortato da sette agenti. Avrà intercettato il bandito, che si dice sia fornito di un moderno apparecchio radio ricevente e trasmittente, qualche radiogramma alla polizia? Avrà funzionato la fitta rete di spie che Giuliano vanta in ambienti vicini alla polizia? L’arrivo, inoltre, a Palermo del vicecapo della polizia Caglitore, incaricato di condurre una inchiesta sull’imboscate, avvalorerebbe quese voci.


 

Articolo da L’Unità del 5 Luglio 1949


La caserma dei CC di Partinico attaccata in forze da Giuliano
Mentre il Ministro della mafia sta a guardare
Alcuni carabinieri feriti nello scontro a fuoco – È salito a cinque il numero delle vittime dell’imboscata di sabato

I battaglioni di Polizia e di carabinieri che dopo la tragica imboscata dell’altra notte affluiscono da  Palermo verso la zona in cui Giuliano e la sua banda hanno scatenato la guerriglia, sono stati nuovamente attaccati in forze dai banditi. Dalle prime frammentarie notizie giunte nella, tarda nottata a Palermo, risulta che i fuorilegge sono penetrati nel cuore dell’abitato di Partinico dove le truppe bivaccano in gran numero ed hanno preso sotto il loro fuoco la caserma dei carabinieri dove ha sede il Quartiere generale delle forze di Polizia.

I militi si sono difesi sparando dalle finestre della caserma, ma anche questa volta Giuliano si è dileguato senza subire perdite mentre alcuni carabinieri sono rimasti sul terreno feriti, uno dei quali gravemente.

L’Ispettorato Generale di P. S. mantiene il massimo riserbo su questa nuova sanguinosa aggressione e sull’andamento delle operazioni contro i banditi che sembra si mantengano costantemente alla offensiva. Si sa soltanto che nella zona  della guerriglia stanno affluendo nuovi rinforzi.

Intanto un altro morto si è aggiunto ai quattro agenti che sabato sera caddero a Portella della Paglia – in una imboscata tesa dal bandito Giuliano: l’agente di P. S. Candeloro Catanese, di 29 anni, è infatti deceduto all’Ospedale Militare malgrado l’intervento operatorio cui era stato sottoposto di urgenza.

Palermo sta vivendo ore di sgomento: è evidente a tutti che Giuliano ha sferrato una nuova offensiva, quasi a smentire il Ministro degli Interni, i Capi della Polizia e gli Ispettori Generali che si affannano a minimizzare la sua attività. La strage di Portella della Paglia è il terzo attacco alla polizia, la più grave azione di guerriglia del bandito negli ultimi tempi, dopo l’incoscente discorso di Scelba. Perchè proprio di guerriglia si tratta: guerriglia organizzata favorita dall’impotenza delle forze dello Stato.

La strage di Portella della Paglia ha proprio questo altro grande significato per l’opinione pubblica. Essa non fa che accreditare la voce della misteriosa organizzazione dei servizi del bandito e le vanterie sulla rete di informatori da lui posseduta fin nelle file stesse della polizia. Sembra infatti che il Commissario di S. Giuseppe Iato si stesse recando ad un convegno di funzionari di P.S. della zona indetto in grande segretezza dall’Ispettorato Generale.

Come ha fatto il bandito a conoscere la cosa? Come ha fatto a conoscere l’ora precisa del passaggio dell’autocarro e a disporre la micidiale imboscata?

Che le cose non siano molto chiare è confermato da una notizia venuta da Roma: dalla Capitale è partito il Vice Capo della Polizia Coglitore, il quale ha l’incarico di condurre una inchiesta.

È opinione diffusa che L’Ispettore Generale Verdiani non abbia una posizione molto valida: è assai probabile cioè che il Vice Capo della Polizia sia partito da Roma con la disposizione di trovare un capro espiatorio.

Domani avranno luogo i funerali delle vittime. Vi assisterà il sottosegretario Marazza.
G. S.


Fonte:  archivio.unita.news

Articolo del 6 luglio 1949


Giuliano rafforza  la  banda  con   nuovi  e  provati  elementi
di Aldo Costa
Come si è svolto l’attacco alla caserma di Partinico –  Quali sono le intenzioni del Vice-capo della Polizia Coglitore? 

Si può affermare ormai con assoluta certezza che Giuliano ha scatenato la guerriglia sulle montagne della Conca d’Oro.

I conflitti a fuoco di Corleone, di Pioppo, di   Montelepre, i sequestri di persone susseguititi l’un l’altro nelle scorse settimane sono state le prime avvisaglie di questa nuova sanguinosa offensiva. Ma la polizia si illudeva di aver conseguito qualche successo con l’arresto di quattro fuorilegge. In realtà invece il banditismo, in questa prima fase di recrudescenza, sta dimostrato una insospettata vitalità ed una perfetta organizzazione.

La banda di Giuliano, che la polizia riteneva decimata dopo l’arresto di Licori, dopo la cattura di Candela, di Terranova, di Cucinella, di Pisciotta, la morte di Passatempo e di Sciortino, è oggi più forte che mai, più temibile di quanto non lo sia mai stata in sei anni di attività. Nuovi elementi, nella più parte sconosciuti alla polizia, presumibilmente incensurati, impregiudicati, insospettabili, sono affluiti nelle file della banda offrendo a Giuliano la possibilità di agire in quei luoghi dove meno la polizia se l’aspetta.

Il movimento delle bande armate in tutta la provincia è intenso e si estende da Carini a Montelepre, a S. Giuseppe Iato, a Corleone, a Pioppo e in ogni zona ritenuta fino ad oggi tranquilla. L’audacia dei fuorilegge ha sorpassato ogni limite. A Portella della Paglia, ad 8 km. da S. Giuseppe Iato, in una zona battutissima dalla polizia, 12 fuorilegge hanno atteso la camionetta con a bordo il commissario Landò e i 7 agenti di scorta. Hanno sparato a 10 metri di distanza sugli agenti, uccidendone 4 e ferendone 3. Poi hanno abbandonato i rifugi dietro le rocce e hanno avanzato a semicerchio sparando all’impazzata. Se un camion civile non si fosse trovato a passare per caso, la gola di Portella della Paglia sarebbe diventata la tomba di tutto l’equipaggio della camionetta.

Quegli stessi banditi hanno portato ieri la guerriglia nel pieno centro abitato di Partinico, rigurgitante di forze di polizia attaccando le caserme degli agenti di P.S. e dei Carabinieri del battaglione rinforzi. Anche questa volta l’audace attacco è stato studiato nei più minuti particolari: due banditi hanno esploso alcuni colpi di pistola contro una pattuglia di agenti, provocandone la reazione e tirandosela dietro in un vano inseguimento per le strade di Partinico. Altri fuorilegge (dieci? venti?), appostati dietro gli alberi del giardino pubblico, dove sorgono le caserme, e appiattati nelle vie traverse, hanno atteso con le armi spianate che altri agenti, attratti dalla sparatoria uscissero.

Un pattuglione, infatti, appena varcata la soglia del fabbricato, è stato violentemente assalito dal fuoco intensissimo dei mitra e dalle bombe a mano. La guardia scelta Giovanni Todescato, ferito alla gamba, è stata abbattuta. Gli altri, ventre a terra dietro il muricciolo della caserma, hanno risposto al fuoco. L’accorrere dei carabinieri del vicino accantonamento e di tutte le forze di polizia dislocate a Partinico non hanno messo in fuga i fuori legge.

Ci sono stati 30 minuti di fuoco e nel corso del conflitto per ben due volte i fuorilegge hanno tentato impetuosamente di oltrepassare il muro di cinta della caserma e di penetrare nel fabbricato: poi tutto è cessato e la banda si è dileguata disperdendosi nel dedalo di viuzze che portano in aperta campagna. A Partinico rimanevano soltanto le forze di polizia beffate e la popolazione asserragliata nelle case.

Con il gravissimo attacco di ieri notte Giuliano ha dato il benvenuto al vice-capo della Polizia Coglitore, che era partito da Roma in aereo subito dopo la notizia dell’eccidio di Portella della Paglia. Costui è un «vecchio conoscitore di cose siciliane», ex luogotenente del prefetto Mori. Le sue intenzioni, a quanto assicurano le autorità di Palermo sarebbero serie.

Se egli è un «conoscitore di cose siciliane» non avrà bisogno che noi gli ricordiamo due fatti: 1) l’arresto dei banditi De Lisi e Guarino sorpresi nella casa del ricchissimo industriale Cassarà; 2) il deposito di armi scoperto nel solaio di un convento nelle vicinanze di Borghetto. Tutti i siciliani hanno tratto le debite conclusioni da questi fatti ed hanno compreso una volta di più quali sono i «misteriosi legami» del banditismo. È autorizzato Coglitore a trarre le stesse conclusioni? Oppure continuerà a parlare come tanti incoscienti di «cerchio di fuoco» e di «agonia del banditismo»?

Per ora, purtroppo, i sistemi della polizia non sembrano in via di cambiamento. Oggi a Palermo, si sono svolti i funerali delle vittime di sabato scorso. Si sono svolti in maniera semiclandestina, come se quelle cinque giovani vite stroncate da una raffica bestiale non valessero i galloni solidi di qualche alto funzionario che rimane chiuso nel suo ufficio a studiare piani difensivi che non saranno mai attuati. Oggi a Palermo era giunto anche il sottosegretario agli Interni Marazza. Stanotte Giuliano gli aveva reso gli onori che spettavano  al suo rango.


Fonte:  referencepost.it 

Articolo del 2 luglio 2017
di Carlo Guidotti


Il 2 luglio del 1949 la Strage di Portella della Paglia

La stagione infuocata dell’estate del 1949 vede nel suo corso moltissimi attentati, imboscate, agguati ed aggressioni aventi come bersaglio le istituzioni ed in particolare i componenti delle forze armate.

Tanti furono i militari, carabinieri e poliziotti, che perirono per mano mafiosa per aver disturbato, intralciato o contrastato i piani della malavita o semplicemente offesi al punto di pagare con la propria vita la colpa di essere dalla parte della legalità.

Il 2 luglio del 1949 è passato alla storia con la Strage di Portella della Paglia:

Alle 20,10 un camion della Polizia partiva da San Giuseppe Jato scortando il commissario Mariano Lando, direttore dell’ufficio “Settima Zona dei Nuclei mobili dell’Ispettorato generale di Ps per la Sicilia”, appena convocato d’urgenza a Palermo dall’ispettore generale Ciro Verdiani, il quale gli accennava ad una lettera anonima inviata al Prefetto.

Alle 20.30 l’automezzo raggiunge un tratto molto buio e con scarsa visuale quando, superata una curva, da uno slargo adiacente viene investito da una violenta scarica di mitra scagliata da gruppi di banditi appartenenti alla banda Giuliano appostati indietro le rocce circostanti.

Il camion si ribaltò sul fianco destro e da esso riuscì ad uscire ferito, ma vivo, il commissario Lando che, insieme agli altri sopravvissuti, tentarono una controffensiva sparando al buio contro gli aggressori che dopo circa mezz’ora di rappresagli fuggirono svanendo nella notte.

I primi soccorsi furono prestati grazie al transito di un camion privato che si trovò a passare da lì poco dopo le 21.00; su di esso furono caricati i feriti e condotti all’ospedale militare di Palermo intorno le 22.30.

Da quest’attentato rimasero feriti Giovanni Blundo di Scicli, e l’autista Carmelo Gucciardo di Agrigento; la stessa sera morirono Michele Marinaro, 26 anni di Cerignola, Carmelo Agnone, 21 anni di Scordia, Quinto Reda di 27 anni di Rogliano e Carmelo Lentini, 23 anni di Agrigento.

Dopo due giorni morì anche, per le ferite subite, Candeloro Catanese, nato nel 1920 a Villafranca Tirrena.

In questo strada, costruita intorno il 1830 al fine di collegare San Cipirello e San Giuseppe Jato al capoluogo siciliano, e più precisamente nella località denominata Portella della Paglia, si consumò quindi una delle prime significative stragi di mafia atte a colpire lo Stato, che avrebbe aperto una lunga e sanguinosa interminabile stagione; è doveroso oggi a sessantotto anni di distanza mantenerne viva la memoria.


Fonte:  cittanuove-corleone.net
Articolo del 2 luglio 2017
“Portella della Paglia, 2 luglio 1949: storia di una strage dimenticata

Oggi alle 18, nei pressi della “cappelluzza” che sorge lungo la Sp20 (strada vecchia per Palermo), l’associazione LiberEssenze ricorderà i 68 anni della strage di Portella della Paglia, uno degli episodi più efferati dell’attacco condotto dalla banda Giuliano contro le forze dell’ordine. Contro ogni falso mito, sempre dalla parte di chi difende con la vita la libertà e la democrazia nel nostro Paese.

Portella della Paglia è uno stretto passaggio incuneato tra le montagne che separano la valle Jato dalla Conca d’Oro. La strada carrabile, aperta nel 1830, realizzava un collegamento più celere tra i due comuni dell’entroterra (San Giuseppe Jato e San Cipirello) e il capoluogo. Questa polverosa gola – proprio in virtù della sua collocazione strategica – rappresentò lo sfondo naturale di una tra le più tragiche vicende del nostro secondo dopoguerra. Era il tempo in cui sulle scene della storia comparve la figura del celebre Salvatore Giuliano, divenuto bandito in seguito all’uccisione di un carabiniere avvenuta proprio a San Giuseppe Jato (in località Quarto Mulino) il 2 settembre 1943.

Nel pieno di una svolta epocale per l’intera Italia, lui e la sua temuta banda di fuorilegge avevano ingaggiato un duro scontro con lo Stato ed i suoi rappresentanti in nome di una Sicilia libera e indipendente. Tutto era iniziato nel 1945 quando il “re di Montelepre”, insignito dai capi del separatismo del titolo di colonnello dell’Evis, aveva pronunciato la sua condanna: “A morte i sbirri succhiatori del popolo siciliano e perché sono i principali radici fascisti, viva il separatismo della libertà”. Più veloci delle parole arrivarono i proiettili e le bombe, che nell’arco di alcuni anni avrebbero falciato tante giovani vite: carabinieri e poliziotti provenienti da ogni parte d’Italia, “vittime del dovere”, trucidati in seguito agli innumerevoli agguati, attacchi alle caserme dei carabinieri e le altre azioni delittuose condotte con lucida crudeltà in un vasto territorio comprendente quasi tutta la Sicilia
occidentale.

La lunga scia di sangue, che il Primo Maggio 1947 nella prima strage della Repubblica aveva lasciato sul terreno di Portella delle Ginestre pure i corpi di 11 innocenti, due anni dopo macchiava l’impervio stradale dell’altra Portella. Era il 2 luglio 1949. Alle 20,10 un camioncino Fiat 1100 della polizia partiva da San Giuseppe Jato; qui si trovava l’ufficio della “Settima Zona dei Nuclei mobili dell’Ispettorato generale di Ps per la Sicilia”, il reparto interforze cui era stata affidata la repressione del fenomeno del banditismo. Il commissario Mariano Lando che dirigeva l’ufficio infatti, appena un’ora prima, era stato convocato a Palermo direttamente da Ciro Verdiani, l’ispettore generale “miracolosamente” scampato all’epurazione nonostante i suoi trascorsi negli organi del passato regime fascista.

Nonostante l’assenza di un reale motivo di urgenza – sempre Verdiani accennava ad una lettera anonima al Prefetto che “puzzava” di trappola/agguato – la pattuglia, composta da 8 uomini che scortavano il funzionario, si apprestava ad affrontare il buio e i pericoli del tragitto.

Alle 20,30 l’automezzo, che aveva oltrepassato da poco l’imbocco tra le montagne e stava per superare una curva spaziosa a destra, veniva investito da una nutrita scarica di armi automatiche: a scatenare l’inferno probabilmente 6-8 banditi, pare divisi in due gruppi posizionati sul costone soprastante e dietro un muretto alto pochi metri collocato nella parte opposta. Il camioncino, colpito in pieno, avanzava per alcuni metri oltre la curva, poi si buttava sul lato destro della cunetta. Solo adesso il commissario, aperto lo sportello, poteva tentare una disperata difesa, impugnando la sua pistola Beretta e sparando alla cieca. La scena che si parava davanti ai suoi occhi era subito tragica: “Attorno all’automezzo un silenzio di tomba regnava, rotto soltanto da rantoli di morenti, lamenti di uomini feriti accompagnati da colpi intermittenti di arma automatica da parte di fuorilegge diretti verso l’automezzo e dal rumore costante del motore dell’automezzo stesso avviato con i fatti abbaglianti accesi.”

Era chiaro a questo punto che i banditi avrebbero tentato di catturare gli agenti ancora in vita e requisire il materiale di cui disponevano, a partire ovviamente dal veicolo, le armi e la ricetrasmittente. Per fortuna il commissario Lando non era il solo ancora in vita, come dimostrava pure il fatto che alla sua pistola si unirono dopo i primi istanti del conflitto anche i mitra e le bombe a mano usate da altre guardie. La disperata controffensiva aveva successo, tanto che trascorsi pochi ma interminabili minuti i delinquenti si dileguavano nel buio circostante, mentre i superstiti restavano in attesa di soccorso. Nonostante la presenza di una stazione dei carabinieri a non molta distanza la salvezza giungeva però solo verso le 21,10, grazie ad un camion privato in transito, che veniva bloccato ed utilizzato per trasportare morti e feriti all’Ospedale Militare di Palermo, dove giungeva infine alle 22,30.

Tragico il bilancio finale di questo agguato. Furono infatti due i feriti: Giovanni Blundo, classe 1927, di Scicli (Ragusa) e l’autista Carmelo Gucciardo di Agrigento, classe 1924. Ben cinque invece le vittime: tra questi Michele Marinaro (radiofonista) di 26 anni da Cerignola (Foggia), Carmelo Agnone, 21 anni di Scordia (Catania), Quinto Reda di 27 anni da Rogliano (Cosenza) e Carmelo Lentini, 23 anni nativo di Agrigento, tutti morti la stessa sera. Il quinto invece, Candeloro Catanese, classe 1920 da Villafranca Tirrena (Messina), spirava in ospedale due giorni dopo in seguito alle ferite riportate.

Nel corso di quello stesso giorno si svolsero a Palermo i funerali pubblici, con una grande partecipazione di popolo, mentre il Ministero dell’Interno, retto dal siciliano Scelba, disponeva un’inchiesta, per tentare di scoprire i colpevoli, le circostanze e anche le eventuali responsabilità e negligenze delle autorità superiori. Di fronte al più grave attacco del banditismo allo Stato nell’isola bisognava reagire con energia e coordinamento: lo chiedevano con telegrammi al ministro i concittadini delle vittime, i loro familiari e tutte le forze politiche impegnate nella difficile ricostruzione materiale e morale del Paese.

L’orizzonte siciliano si presentava però ancora oscuro e tempestoso: appena un mese e mezzo dopo – più precisamente il 19 agosto – sarebbe seguito infatti l’attentato a Passo di Rigano-Bellolampo che provocò altri 7 morti tra le forze dell’ordine e altri attacchi sarebbero stati messi a segno dalla banda Giuliano, definitivamente sgominata solo nei primi anni Cinquanta dopo la misteriosa uccisione del capo e l’arresto o l’uccisione dei suoi ultimi uomini.

Si chiudeva così un decisivo capitolo della storia siciliana e italiana, segnata da dolori e lutti. Questa vicenda tuttavia, nonostante la considerevole distanza temporale (sono trascorsi da allora 68 anni) richiama in tutti noi, cittadini del presente, il bisogno di rispettare il “dovere della memoria”: non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo dimenticare il sacrificio di Portella della Paglia se auspichiamo una costante azione sinergica e complementare contro ogni forma di criminalità che veda come protagonisti le energie sane della società civile e dell’associazionismo, le istituzioni pubbliche di ogni livello, tutti gli attori economici e sociali e le Forze dell’ordine e della Magistratura.

Per questo Noi non dimentichiamo e riteniamo utile e necessario ricordare alle nostre comunità nomi e fatti di quel tragico 2 luglio 1949 a Portella della Paglia.