LA STAMPA 16 luglio 1992
CALTANISETTA. Lo scenario si fa più confuso e due piste definite «importanti» dagli investigatori sono sfumate. Una su un’intesa tra gli scatenati narcos colombiani del «cartello di Medellfn» e la cosca dei corleonesi al vertice della mafia siciliana.
L’altra su una telefonata intercettata (ma non la stessa di cui parlò a Catania una donna) e che poi è risultata riguardare un fatto diverso. ; A quasi due mesi dall’attentato del 23 maggio, sul delitto Falcone sono già state scritte cinquemila pagine processuali ma vengono ipotizzati «tempi lunghi».
I periti balistici hanno chiesto una proroga a dieci giorni dal termine entro il quale avrebbero dovuto indicare tipo e quantità dell’esplosivo usato.
Lo stesso hanno fatto i loro colleghi che in laboratorio, attraverso 60 mozziconi di sigarette trovate sul posto, cercano di stabilire il Dna di chi ha fumato le sigarette «Merit» durante i preparativi dell’attentato in una villetta in costruzione a un centinaio di metri dallo svincolo autostradale di Capaci.
E a complicare le cose è avvenuta ieri la già programmata sostituzione del titolare dell’inchiesta: il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Salvatore Celesti infatti dopo sei anni si trasferisce a Palermo per dirigervi la procura presso la pretura alla quale era stato destinato precedentemente dal Csm. S’insedia al suo posto Giovanni Tinebra, finora procuratore a Nicosia.
Tinebra avrà bisogno di sapere, leggere e ascoltare quanto è stato fatto sino ad oggi da Celesti e dai quattro sostituti che hanno collaborato con lui e tre dei quali inviati in rinforzo qui dal Csm.
Andandosene, Celesti è apparso possibilista se non proprio ottimista: «Fra qualche tempo – ha detto – si potranno raccogliere i frutti. Le indagini e l’intensa attività ne hanno creato i presupposti, ma bisogna trovare i riscontri. Si era parlato di un cauto ottimismo e non c’è ragione di cambiare idea».
Nessun accenno a un nuovo pentito che starebbe assicurando il suo apporto ai magistrati e agli investigatori delle forze di polizia. Si tratterebbe di Leonardo Messina, indicato come un boss trafficante di droga di San Cataldo, un paesone a dieci chilometri da Caltanissetta.
A proposito del ruolo di Messina, interrogato da Paolo Borsellino, Giovanni Tinebra ha glissato con una battuta: «Non ho letto i giornali». Uno dei tre sostituti procuratori inviati dal Csm preferisce la cautela. E’ Pietro Vaccara che al Tg4 ieri ha dichiarato che sì, parecchi collaboratori della giustizia che erano già in prigione stanno parlando della strage, ma ha invitato a distinguere «le deduzioni dalle informazioni» e ha insistito sulla importanza della ricerca dei «riscontri alle loro dichiarazioni». E’ un tema questo che stava a cuore a Falcone, il primo giudice italiano ad avvalersi «a tutto campo» dell’apporto dei «pentiti». Antonio Pavida