MAFIA e SPORT

 

30.9.2024 – 19 arresti tra ultras di Inter e Milan: un’alleanza criminale che gestiva il business delle curve


 

4.9.2024 Pericolo ‘ndrangheta sui Giochi Olimpici di Milano-Cortina, scattano i controlli nei cantieri


14.9.2023 Lo sport non è un’isola felice, piace anche ai criminali

Se è vero che lo sport è un luogo ideale in cui imparare le regole del gioco della vita, è anche vero che come la vita va preservato dai malintenzionati. Anche se a chi lo ama spesso non piace sentirsi raccontare la verità sulla Befana, una volta cresciuti è sano aprire gli occhi. Proprio aprire gli occhi sui rischi che lo sport corre e sulle buone pratiche da incrementare per evitare che nella nostra favola preferita vincano i più “cattivi” è l’obiettivo della tre giorni in tema di Mafia e sport in corso alla facoltà di scienze politiche dell’Università Statale di Milano, con il coordinamento di Nando Dalla Chiesa.
Si parla fuori di dai denti di sport e illegalità: la carne al fuoco è molta. Dove si fanno affari, dove si stringono mani, dove si trovano strade per acquisire consenso, la criminalità organizzata spesso siede, o almeno cerca di sedere, al tavolo. Il più delle volte investendo denaro di illecita provenienza. Con dinamiche simili a quelle che si riscontrano nel resto della società. Quello che si vorrebbe isola felice, non è in realtà un mondo a parte, ma un riflesso del mondo che c’è nel bene e nel male oltre le righe del campo.
Giovedì 14 settembre, in avvio di giornata, Pier Paolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, ha aperto una finestra interessante e inquietante sui rapporti tra calcio e mafie, tema sempre attuale, che sta al centro anche di altre relazioni: quella di Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano e quella di Giovanni Melillo, Procuratore nazionale Antimafia. La prospettiva è ampia: l’infiltrazione è possibile in molti modi. Nella frammentazione dei subappalti collegati ai grandi eventi, nelle scommesse anche legali – luogo ideale di riciclaggio in cui le persone si rovinano e il banco vince sempre -; nel mercato nero del doping; nel tifo organizzato dove troppe volte tra passione e criminalità c’è un confine labile, di cui fanno le spese gli appassionati veri “estromessi” dal gioco cui hanno diritto.
Conoscere è il primo passo per difendersi, poi occorre attrezzarsi per non cadere nelle trappole. Anche per questo si parla anche di una pars construens che unisce alla denuncia la riflessione sulle buone pratiche: non per caso la giornata di venerdì 15 dedica una parte importante all’educazione e alle strategie istituzionali, nonché alle esperienze – da don Puglisi al St. Ambroues F.C., passando per il caso Scinn’ di Ponticelli – di sport come veicolo di regole per i ragazzi che vivono nelle zone di frontiera. Elisa Chiari FAMIGLIA CRISTIANA 14.9.2023


Mafia, il procuratore di Milano: «Infiltrazioni nelle tifoserie calcistiche»

 

Da alcune attività di indagine è emersa «l’esistenza di rapporti non occasionali tra esponenti delle tifoserie organizzate di squadre di calcio e soggetti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso e tra tifoserie e gruppi eversivi».

“Alcune indagini hanno documentato l’esistenza di rapporti non occasionali non solo tra esponenti delle tifoserie organizzate delle squadre di calcio e soggetti appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso, ma anche tra esponenti delle tifoserie ed appartenenti a gruppi eversivi: ci sono profili di infiltrazione delle tifoserie, in casi limitati delle stesse società, che favoriscono forme di controllo concreto del territorio ad esempio su parcheggi, biglietti, attività di ristorazione”. Lo ha sottolineato il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, MarcelloViola, nel corso di una audizione in commissione antimafia. “La procura nazionale antimafia ha aperto un tavolo su questo punto – ha ricordatoViola– si tratta di un fenomeno non nuovo, ma da monitorare con particolare attenzione visto che il calcio attira interessi di varia natura della criminalità organizzata”.

In generale, in Lombardia “assistiamo a un fenomeno di ‘colonizzazione’ della ‘ndrangheta” che, anche se da un lato ha ancora come principale fonte di reddito il narcotraffico, dall’altro ha subito “una mutazione genetica” con le infiltrazioni nel settore economico-finanziario e nel mondo dell’impresa, ha poi spiegato il procuratore di Milano Marcello Viola. Aggiungendo che sul territorio lombardo operano “tutte le mafie ma la ‘ndrangheta è prevalente”. Nel distetto della corte d’appello le “locali individuate sono 25 e hanno collegamenti” con quelle omologhe in Calabria il che “conferma l’unitarietà” della associazione mafiosa.

Il procuratore Viola, che ha parlato di un quadro “meritevole di attenzione e allarmante”, pur sottolineando che ancora “l’attività prevalente è quella del commercio delle sostanze stupefacenti”, ha aggiunto che “è significativo il numero di procedimenti iscritti per reati economico finanziari”. Procedimenti a cui si aggiungono quelli che si occupando del contrasto allo “sfruttamento dei lavoratori”. All’audizione hanno partecipato anche l’aggiunto Alessandra Dolci e il pm Paolo Storari, titolare dei più importanti fascicoli sullo sfruttamento dei lavoratori con al centro le cooperative che offrono alle imprese mano d’opera, “molto spesso in mano alla criminalità organizzata”. CALCIO E FINANZA 2.8.2023


Torna lo spettro delle infiltrazioni mafiose nelle tifoserie di società calcistiche. A sottolinearlo è il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Marcello Viola, nel corso di una audizione in commissione antimafia: “Alcune indagini hanno documentato l’esistenza di rapporti non occasionali non solo tra esponenti delle tifoserie organizzate delle squadre di calcio e soggetti appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso, ma anche tra esponenti delle tifoserie ed appartenenti a gruppi eversivi: ci sono profili di infiltrazione delle tifoserie, in casi limitati delle stesse società, che favoriscono forme di controllo concreto del territorio ad esempio su parcheggi, biglietti, attività di ristorazione”, riporta Calcio e Finanza.

Viola prosegue: “La procura nazionale antimafia ha aperto un tavolo su questo punto, si tratta di un fenomeno non nuovo, ma da monitorare con particolare attenzione visto che il calcio attira interessi di varia natura della criminalità organizzata”. In generale, in Lombardia “assistiamo a un fenomeno di ‘colonizzazione’ della ‘ndrangheta che, anche se ha ancora come principale fonte di reddito il narcotraffico, ha subito una “mutazione genetica” con  le infiltrazioni nel settore economico-finanziario e nel mondo dell’impresa. Il procuratore di Milano ha aggiunto che sul territorio lombardo operano “tutte le mafie ma la ‘ndrangheta è prevalente”. Nel distretto della corte d’appello le “locali individuate sono 25 e hanno collegamenti” con quelle omologhe in Calabria, il che “conferma l’unitarietà” dell’associazione mafiosa.

Marcello Viola, che ha parlato di un quadro “meritevole di attenzione e allarmante”, pur sottolineando che ancora “l’attività prevalente è quella del commercio delle sostanze stupefacenti”, ha aggiunto che “è significativo il numero di procedimenti iscritti per reati economico finanziari”. Procedimenti a cui si aggiungono quelli che si occupano del contrasto allo “sfruttamento dei lavoratori”. All’audizione hanno partecipato anche l’aggiunto Alessandra Dolci e il pm  Paolo Storari,  titolare dei più importanti fascicoli sullo sfruttamento dei lavoratori con al centro le cooperative che offrono alle imprese mano d’opera, “molto spesso in mano alla criminalità organizzata”.

CALCIOMERCATO.IT 1.8.2023

 

MAFIA E SPORT

La mafia nel pallone: il clan alla conquista del calcio

 

Le più evidenti degenerazioni nella pratica sportiva sono quelle del mondo del calcio, dove gli intrecci fra riciclaggio, corruzione e mafie sono stati oggetto di indagini giudiziarie in tutta Italia, con partite truccate, gestione illecita delle scommesse, controllo delle scuole calcio e dei vivai delle squadre, estorsioni mascherate da sponsorizzazioni e minacce a giocatori, allenatori e dirigenti, utilizzo delle tifoserie per il controllo dei servizi e delle attività interne ed esterne agli stadi. Non mancano azioni in positivo per prevenire e contrastare il fenomeno.

1. Da quando la pandemia ha iniziato ad avere ripercussione anche sullo sport, “molti hanno provato a comprare piccole società di calcio che distrutte dai debiti, dalla mancanza di liquidità, erano obbligate a chiudere, cadendo nella trappola della mafia, nelle mani del crimine organizzato”: è l’allarme lanciato da Franco Frattini, presidente vicario del Consiglio di Stato e da poche settimane rieletto alla guida della Sport Integrity Global Alliance (SIGA). “Durante la pandemia, i criminali non si fermano – ha osservato l’ex ministro -. Nella mia attività giudiziaria ho avuto l’esperienza di fronteggiare molti casi di mafia. In soli dodici mesi ho notato un aumento del 20% dei casi di mafia sotto la mia giurisdizione. Questo conferma che SIGA è stato in grado di tenere all’erta il resto del mondo”. Frattini ha spiegato che SIGA sta “dimostrando che è possibile vincere la lotta contro la corruzione, nonostante una pandemia globale”, anche grazie al progetto denominato Independent Rating and Verification System, con cui “molte importanti istituzioni sportive già hanno deciso di farsi esaminare[1].

Già prima della diffusione del Covid la Commissione parlamentare antimafia, nella precedente legislatura, aveva approvato il 14 dicembre 2017 la relazione finale su mafia e calcio (Doc. n. XXIII, n. 31). Il primo ambito che era stato individuato dalla Commissione è riconducibile al tema dell’ordine pubblico e della sicurezza negli stadi e ha avuto ad oggetto l’infiltrazione, o per meglio dire la contaminazione, da parte delle organizzazioni criminali di tipo mafioso delle tifoserie organizzate e, per il tramite di queste, le forme di condizionamento dell’attività delle società sportive professionistiche. Le risultanze dell’inchiesta parlamentare hanno consentito di rilevare varie forme, sempre più profonde, di osmosi tra la criminalità organizzata, la criminalità comune e le frange violente del tifo organizzato, senza escludere l’estremismo politico. Il fenomeno della politicizzazione del tifo organizzato è un fenomeno antico ed è un dato di comune conoscenza la distinzione delle tifoserie sulla base dell’orientamento ideologico di estrema destra o di estrema sinistra. Crea inquietudine la presenza di tifosi ultras in tutti i recentissimi casi di manifestazioni politiche qualificate di estrema destra, a dimostrazione che le curve possono essere palestre di delinquenza comune, politica o mafiosa e luoghi di incontro e di scambio criminale[2].

2. Il secondo filone d’inchiesta ha riguardato il tema della proprietà delle società di calcio, del riciclaggio attraverso i club e delle altre forme di illeciti economico-finanziari perpetrati dalle organizzazioni criminali nel mondo del calcio. Le numerose vicende richiamate nella relazione e i procedimenti penali a esse connesse indicano come il crimine organizzato sia in grado di cogliere nel calcio e nelle attività collegate importanti opportunità, al fine di ampliare il panorama già vasto dei traffici illeciti, aprire nuovi canali per il riciclaggio e, non ultimo, perseguire strategie di acquisizione o consolidamento del consenso sociale in più o meno ampi segmenti della popolazione rappresentati dalla tifoseria della squadra oggetto di attenzione da parte di una determinata consorteria criminale.

A partire dagli anni 1990, sotto la prepotente spinta di interessi economici legati ai diritti televisivi e alle sponsorizzazioni, il calcio professionistico ha scoperto un’improvvisa fonte di ricavo che ha condotto le squadre a mutare le logiche sulle quali impostare la propria attività agonistica. La possibilità di contare su un apporto finanziario notevole ha fornito i mezzi per intraprendere iniziative e compiere investimenti prima inimmaginabili. Parallelamente, la gestione del settore si è fatta più complessa. Divenute vere e proprie società commerciali, spesso quotate in borsa, le squadre di calcio devono ora fare i conti con i propri bilanci per sostenere una macchina organizzativa costosa ed esigente in fatto di risultati.In questo contesto, similmente a quanto avvenuto anche in altri ambiti dell’attività sportiva, assume rilievo l’ipotesi che la criminalità infiltri il tessuto di questo sport per investire e riciclare proventi di origine illecita.  

3. Il terzo ambito di analisi individuato dalla Commissione antimafia è quello che riguarda il rapporto tra le organizzazioni criminali mafiose e i singoli calciatori. Sono almeno due gli aspetti che assume questo fenomeno: da lato, il calcio è veicolo di consenso sociale e, dall’altro, i rapporti con i giocatori possono essere sfruttati a fini illeciti, attraverso il cosiddetto match fixing, cioè l’alterazione del risultato sportivo al fine di conseguire illeciti guadagni attraverso il sistema delle scommesse. Dal primo punto di vista, la possibilità di avere libero accesso agli ambienti societari e, ancor di più, la frequentazione di un calciatore importante della squadra locale per un soggetto mafioso ha una duplice valenza. Innanzitutto, essa è certamente motivo di rafforzamento della propria immagine e del proprio prestigio personale all’interno del sodalizio mafioso e diventa, dunque, seppure in molti casi in maniera anche ingenua o inconsapevole da parte del calciatore, un veicolo di affermazione nel mondo della stessa malavita organizzata[3]. La Commissione nel capitolo conclusivo offre una serie dettagliata di proposte che possono essere così sinteticamente riassunte:

  • adeguamento degli impianti sportivi per garantire, tramite tecnologie avanzate, la formazione degli steward e il fermo temporaneo dei tifosi, il pieno controllo all’interno degli stadi e l’identificazione degli spettatori, introducendo anche il reato di bagarinaggio;
  • rafforzamento del Daspo;
  • revisione della disciplina sulla responsabilità oggettiva delle società di calcio per fatti attribuibili alle proprie tifoserie in relazione al contributo delle società stesse nella prevenzione e identificazione dei soggetti responsabili di illeciti;
  • rafforzamento dei controlli – sia a livello internazionale sia da parte del Coni e delle federazioni – sulle transazioni finanziarie per assicurare il rispetto della normativa antiriciclaggio e la trasparenza delle operazioni finanziarie legate all’acquisizione del controllo delle società sportive;
  • inasprimento delle sanzioni della giustizia sportiva con riguardo al match fixing e alle collusioni con la criminalità organizzata di tipo mafioso; rafforzamento del monitoraggio sulle scommesse illegali su siti non autorizzati o su siti stranieri; limitazione dei fatti sportivi su cui scommettere, vietando ogni forma di scommessa sul calcio dilettantistico.

4. Le radici dell’interesse mafioso nel calcio vanno però cercate più lontano: dagli anni 1980 infatti si registra una sempre maggiora presenza delle organizzazioni criminali nel mondo del pallone. Si ricorderà Diego Armando Maradona accanto ai boss di Forcella Carmine e Raffaele Giuliano: non una semplice istantanea ma un sintomo della commistione tra i due mondi.

Guadagni insperati e posti di lavoro: per le mafie il calcio è un business in cui inserirsi. Difficoltà nei pagamenti, investimenti scarsi e sponsorizzazioni che tardano ad arrivare. Nelle serie minori il calcio non è un mondo roseo, i presidenti faticano a trovare i soldi necessari a mantenere in vita la squadra, e sono sempre di più le squadre costrette a sparire dal panorama calcistico per i problemi economici. A portare nuovi fondi nelle casse delle società ci pensano talora personaggi poco raccomandabili, prestanome di clan o addirittura soggetti appartenenti a essi. Una volta acquistata, direttamente o indirettamente, la proprietà di una società calcistica, essa diventa uno strumento nelle mani della criminalità organizzata per sfruttare l’enorme quantità di denaro che gira intorno ad essa: sponsorizzazioni, merchandising, biglietti e trasferimenti, un’economia importante ma poco trasparente. Accanto alle varie forme di corruzione e illegalità economica e finanziaria che hanno coinvolto dirigenti e calciatori di squadre di alto livello, ci sono i numerosi casi di presenza delle organizzazioni mafiose nella gestione delle squadre di calcio appartenenti alle categorie inferiori. Attraverso il loro controllo diretto e indiretto, i boss di mafia, camorra, sacra corona unita e ‘ndrangheta mantengono il controllo sociale del territorio. Sono individuabili tre livelli problematici: l’infiltrazione mafiosa nelle società sportive di calcio dilettantistico e in alcune esperienze di calcio professionistico; il rapporto fra gruppi organizzati di tifoserie, il territorio e le organizzazioni mafiose, con riflessi sul condizionamento delle società di calcio, anche di alto livello; il concreto atteggiarsi di alcuni gruppi organizzati delle tifoserie come associazioni criminali che si muovono con il metodo mafioso, anche a prescindere dalle appartenenze a consorterie criminali tradizionali. Il tutto da leggere sotto la lente della valutazione dell’efficacia della normativa anticrimine nel settore (daspo, disciplina della giustizia sportiva, regole sulla costruzione e sulla proprietà degli stadi ed altri strumenti)[4].

La situazione è resa ancora più grave dalla pandemia. È difficile prevedere quante società nella serie A rischiano il dissesto finanziario, mentre le società di di serie B, C e della Lega Dilettanti a causa lockdown hanno perso già 260 milioni di euro. È una crisi inaspettata, che ha aperto una voragine finanziaria pronta a essere colmata dalla criminalità organizzata con liquidità. In questo complesso quadro si inseriscono le mafie, sfruttando ogni singola fragilità di uno dei settori economico- sociali più importanti del nostro paese.

5. L’altro grande polo di analisi e di approfondimento è quello delle infiltrazioni nelle tifoserie organizzate. Il tema apre alla più ampia ed in parte diversa questione di talune tifoserie ultras e del concreto atteggiarsi di alcune di esse, o parti di esse, come autonome organizzazioni criminali volte al compimento di atti violenti, al controllo della curva come territorio su cui imporre regole che si qualificano spesso come illecite, all’imposizione di condotte e comportamenti agli adepti, alla gestione di affari ed interessi connessi al gioco del calcio. È ormai consolidata la giurisprudenza, che ha individuato in questi casi ipotesi di contestazione dell’associazione per delinquere, a cui ricollegare i reati fine, fra cui quelli di violenza privata e di estorsione, correlati all’esercizio delle modalità violente di imposizione di condotte in curva (la gestione dei posti, il canto dei cori, l’esposizione degli striscioni, l’organizzazione di proteste alla società, il lancio di petardi e fumogeni per influire sulla responsabilità oggettiva, l’abbandono polemico della curva con il presidio dei posti lasciati inoccupati, ecc.) e ai giocatori (la consegna delle magliette, il plateale saluto ossequioso e le scuse sotto la curva dopo una sconfitta, la chiamata di giocatori a parlare con i capi ultras nel caso di problemi di ordine pubblico), nonché le ipotesi di minacce per ottenere vantaggi (biglietti, partecipazioni a trasmissioni televisive locali o ad inaugurazioni di negozi, gestione di aree parcheggio, gestione di attività connesse alle trasferte anche all’estero della squadra ecc.).

La complessità e gravità della situazione impone innanzitutto un’azione corale di distacco da logiche di compromissione, di connivenza o semplicemente di silenzio delle società calcistiche che troppo spesso, al di là di fenomeni di complicità, tengono comportamenti inerti e di mera adesione formale alle regole ordinamentali e sportive, così facilitando invece l’aumentare della forza intimidatrice delle organizzazioni di tifoserie malate. Sul punto, va ulteriormente studiata la funzione di un cardine della giustizia sportiva quale la responsabilità oggettiva, fonte fondamentale di deterrenza nei rapporti fra squadra e tifoseria criminale, ma al tempo stesso, e paradossalmente, fonte di ricatti con ricadute negative, anche indirette, nei rapporti con le tifoserie che minacciano azioni violente durante le competizioni sportive che possono portare significativi danni economici alle società.

Si rendono dunque necessarie azioni collettive delle società, incentivate ed eventualmente premiate da Federazione e Leghe, volte a marcare più nettamente la loro distanza dalle frange violente della tifoseria organizzata, attraverso dichiarazioni pubbliche, azioni positive di sostegno alla legalità e gesti simbolici, oltre, evidentemente, ad una cesura netta dei rapporti, spesso opachi e sotterranei, con gli ultras. In questo contesto, che chiama in causa anche la questione della gestione dell’ordine pubblico, con la positiva esperienza dell’Osservatorio per le manifestazioni sportive e della disciplina della tessera del tifoso che ha contribuito ad una prima disarticolazione della mentalità ultras, preminente rilievo nell’opera di repressione assume la questione edilizia degli stadi.

Stadi fatiscenti, inospitali, privi di attrattive per le famiglie, costituiscono il luogo ideale e privilegiato per l’occupazione dei gruppi criminali e per la conseguente azione di ricatto nei confronti delle società. In effetti, tutte le legislazioni europee si sono ormai orientate, e da tempo, a investire direttamente le società calcistiche del problema della sicurezza all’interno degli impianti, varando tutta una serie di misure tese alla loro massima responsabilizzazione. Il sistema poggia su alcuni assi portanti: 1) proprietà degli impianti sportivi in capo alle società, responsabili in via esclusiva della realizzazione e della manutenzione; 2) riqualificazione di quelli esistenti sotto il profilo della capienza, della separazione tra i settori, delle dotazioni tecnologiche idonee a consentire l’accesso selettivo agli utenti (tornelli elettronici con lettori di badge e di ticket) e l’identificazione dei medesimi all’interno delle aree dell’impianto (sistemi di videosorveglianza sui settori, sulle aree di massima sicurezza e su quelle di pre-filtraggio); 3) responsabilità dei servizi di ordine pubblico all’interno dell’impianto in capo alle società sportive, con obbligo di utilizzo di “stewards” qualificati, con il compito principale di far rispettare ai tifosi il posto assegnato e corrispondente al biglietto; 4) responsabilità dei servizi di ordine pubblico al di fuori degli impianti in capo alle forze dell’ordine, con possibilità di intervento all’interno in situazioni di criticità o, in via preventiva, per incontri classificati ad alto rischio.

Daniele Onori CENTRO STUDI LIVATINO 2.11.2021


[1] Calcio: Frattini, con il Covid molti club nelle mani della mafia in https://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2021/

[2] Cf. Cassazione sez. 2 penale sentenza 35899/2020: si tratta di una recente pronuncia che offre un quadro del condizionamento del tifo violento su una squadra di serie A.

[3] Sul punto cf. A. Mantovano – D. Airoma I(r)rispettabili. Il consenso sociale alle mafie, Rubbettino 2013, pag. 57 ss.

[4] N. Dalla Chiesa , Impresa mafiosa, Cavallotti University Press, Milano, 2012


LE MAFIE NEL PALLONE

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

TESTO


 

 

 

 

TESTO



Rapporti tra ‘ndrangheta e sport

I rapporti tra ‘ndrangheta e sport identificano tutti quei rapporti intercorsi e che intercorrono tra elementi di ‘ndrangheta con società sportive, in particolare di calcio in Calabria e dalle evidenze degli ultimi 2 anni anche nel Nord Italia a Torino e ad Asti, le cui indagini sono ancora in corso.

Secondo il procuratore Nicola Gratteri per la ‘ndrangheta il calcio è uno strumento di potere, come disse in una intervista nel 2015[1], il calcio “minore” in particolare è uno strumento per acquisire consenso sulla popolazione[2].

Il 3 maggio 2017 il capo della Polizia Franco Gabrielli nella Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie definisce la ‘ndrangheta: “l’organizzazione criminale più attiva nella ricerca del controllo di società di calcio è la ‘ndrangheta” che ne attesta la presenza nel mondo del calcio, nell’area reggina sin dagli anni ’80 del XX secolo[3].

1997 – 2007 Presunte infiltrazioni del Crotone Calcio

Luigi Bonaventura cugino di Raffaele Vrenna ex proprietario del Crotone Calcio, affiliato ai Vrenna nel 2007 diventa collaboratore di giustizia e racconta dei piani di portare il Crotone in Serie A, della squadra gestiva il servizio di sicurezza e falsavano i risultati delle partite e vengono citate ad esempio: Le partite di playoff del 1997 contro il Locri Calcio e del 2003-2004 contro il Benevento Calcio[3][4].

1998 – 2010 – I Pesce e il calcio di Rosarno

Marcello Pesce, detto U Ballerinu, cugino di Antonino Pesce detto U testuni, capo della cosca, insieme a Giuseppe Pesce si interessa all’acquisto della squadre dilettantistica locale di Rosarno[5][6]: la “Libertas Rosarno” militante nella Prima CategoriaCalabrese con cui vince 7 campionati in 8 anni. Dal 2001 in quanto arrestato cede la squadra che cambia il nome in “Rosarnese” ma tornando in libertà 2 anni dopo ritorna alla guida della squadra che riesce ad arrivare in Serie D. Tra alterne vicende fino al 2010, anno in cui si conclude l’operazione All Inside e Marcello Pesce si rende latitante e la squadra che lottava per la Serie C arriva al terzo posto, la squadra viene ceduta e cambia nuovamente nome in “AS Dilettantistica Cittanova Interpiana calcio”[7], anch’essa riconducibile a Marcello Pesce[3] .

2009 – Antonio Pelle e il San Luca Calcio

L’11 novembre 2009 tre giocatori del San Luca Calcio, squadra militante nella Prima Categoria giocano una partita con il Bianco Calcio con il lutto al braccio per la morte di Antonio Pelle[8]. Uno di essi era un parente di Antonio Pelle[2][9].

A seguito dell’evento, il questore di Reggio Calabria ha imposto al vicepresidente della squadra Giovanni Trimboli presente alla partita il divieto d’accesso allo stadio per un anno. Il Presidente del San Luca, don Pino Strangio, ha dichiarato di essere all’oscuro di quanto accaduto e che avrebbe impedito ciò[9].

? – 2012 – Gli Aquino e il Marina di Gioiosa Jonica

Rocco Acquino, capo-locale di Marina di Gioiosa Jonica e dell’omonimo clan con dote di santa fu presidente del Marina di Gioiosa Ionica Calcio[2] e dalle intercettazioni, dell’Operazione Crimine conclusasi nel 2010, con Antonio Coluccio residente in Canada si scopre che avevano raccolto 13000 dollari canadesi per i fondi della squadra[10]. L’arresto di Aquino latitante, avvenne grazie ad un sms inviato dallo stesso mandato ad una trasmissione televisiva di calcio locale mentre guardava il Marina di Gioiosa Jonica con cui si è riusciti a localizzarlo nascosto in un bunker di casa sua[11].

2011 – I Pesce e il Sapri Calcio

Nel 2011 a conclusione dell’operazione All Clean viene sequestrata la squadra cilentana del Sapri Calcio[2] in quanto Marcello Pesce detto U Ballerinu era socio occulto della squadra e ne fu dirigente per alcuni mesi per l’anno 2005-2006. Era ricercato dal 2010 quando si concluse l’operazione All Inside. Verrà arrestato il 2 dicembre 2016[12].

2015 – Calcioscommesse – Inschiesta Dirtysoccer

L’inchiesta DirtySoccer sul calcioscommesse conclusasi nel 2015 parte dal nipote di un boss di Lamezia Terme Pietro Iannazzo per poi arrivare a Mauro Ruga, avvocato e agente FIFA legato ai Ruga di Monasterace[2].

2016

Polisportiva Laureanese

La conclusione dell’operazione Lex scopre che a Laureana di Borrello la squadra di calcio Polisportiva Laureanese militante in Promozione (Girone B) era infiltrata dalla ‘ndrina dei Lamari del locale di ‘ndrangheta di Laureana[3][13].

Nuove presunte infiltrazioni nel Crotone Calcio

Con la promozione in Serie A, il Crotone Calcio è sospettato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro in quanto il proprietario della squadra Raffaele Vrenna potrebbe essere un imprenditore vicino agli ambienti ‘ndranghetisti della città[14]. Dimessosi a marzo 2017 dalla presidenza e assolto in Corte di Cassazione nel processo Puma dalla associazione mafiosa, estorsione, corruzione e voto di scambio[3][15].

2017 – Caso Bagarinaggio Juventus

A marzo 2017 scoppia il caso sui rapporti tra alcuni dirigenti della società calcistica Juventus, tra cui Andrea Agnelli ed esponenti della ‘ndrangheta piemontese (i Pesce[16]), in particolare Rocco Dominello che è stato anche capo-ultra del gruppo “I drughi”, per la vendita di biglietti per le partite di calcio attraverso la pratica del bagarinaggio. Nasce così una indagine sportiva della procura federale della FIGC.

Il 30 giugno 2017 si conclude il processo Alto Piemonte in cui vengono condannati Saverio (ora dissociatosi dalla ‘ndrangheta) e Rocco Dominello, con 12 anni e due mesi di carcere al primo e sette anni e nove mesi al secondo per aver fatto da intermediari all’attività di bagarinaggio delle partite della Juventus a Torino[16][17].

Il 15 settembre riprende il processo sportivo della FIGC in cui sono accusati di aver commesso illeciti con gli ultra Andrea Agnelli, il security manager Alessandro d’Angelo, il responsabile della biglietteria Stefano Merulla e l’ex direttore commerciale Francesco Calvo[16]. Andrea Agnelli viene condannato ad una squalifica di un anno, di cui sconta 3 mesi, fino a quando il 19 dicembre 2017 la corte federale d’appello della FIGC decide di far terminare la squalifica e lo obbliga a pagare 100.000 euro e sanziona la società Juventus per 600.000 euro[18]

A dicembre una relazione tra calcio e criminalità organizzata della Commissione parlamentare antimafia afferma che la ‘ndrangheta a Torino si sarebbe inserita come intermediaria tra la società sportiva ed il bagarinaggio gestito dagli ultras della Juventus. Riferisce inoltre che anche in tifoserie come quelle di Catania e Napoli, i capi ultras sono dei mafiosi o sono vicini a quegli ambienti mentre in altre tifoserie come quelle del Genoa, agiscono mutuando modalità mafiose[19][20].

Il 16 luglio 2018 la corte d’appello di Torino condanna l’ex ultras juventino Fabio Germani a 4 anni e 5 mesi di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Rocco Dominello a 5 anni per associazione mafiosa e tentato omicidio, il padre Saverio Dominello 8 anni e 8 mesi mentre Michele Dominello, fratello di Rocco viene assolto[21]

La procura generale inoltra afferma che gli interessi ndranghetistici nel bagarinaggio risalgono ad almeno 10 anni fa[21].

Dopo la conclusione del processo ad ottobre 2018 emergerebbe che il bagarinaggio sarebbe continuato per tutta la stagione calcistica 2017/2018, ed il presunto affiliato ai Belfiore Placido Barresi ha affermato che non vi era solo la cosca di Dominello nell’attività ma anche altre ‘ndrine[22].

Ad aprile 2019 si conclude il processo Alto Piemonte in corte di Cassazione che condanna per associazione mafiosa Saverio Dominello e di suo figlio Rocco come sodali dei Pesce-Bellocco, rimane solo capire per l’ex Ultra della Juventus Fabio Germani già condannato dalla Corte d’Appello per concorso esterno in associazione mafiosa di cui la corte di Cassazione ha deciso di rifare il processo d’appello[23]

2018 – Asti Calcio

L’ultima operazione avvenuta il 3 maggio 2018 denominata Barbarossa scopre un caso di Infiltrazione nell’Asti Calcio in cui Rocco Zangrà, presunto capo-locale di Costigliole d’Asti, si sarebbe inserito nella gestione dello stadio comunale. Il bar dello stadio era anche diventato un sito di incontri di membri affiliati alla locale di ‘ndrangheta che insisteva tra l’astigiano ed il cuneese[24]. Sarebbero state infiltrate anche le squadre minori del Pro Asti Sandamianese, Costigliole Calcio e Motta Piccola California[25].

Nei media

  • Report – La puntata dell’8 ottobre 2018 è dedicata al caso ‘ndrangheta e bagarinaggio[26]

Note

  1. Nicola Gratteri: «Per la ‘ndrangheta il calcio è uno strumento di potere», 19 maggio 2015. URL consultato il 3 maggio 2018.
  2. Boss presidenti, rampolli in campo e squadre in mano ai clan: è la ‘Ndrangheta football club, in espresso.repubblica.it, 20 maggio 2015. URL consultato il 3 maggio 2018.
  3. Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni, in camera.it, 3 maggio 2017. URL consultato il 3 maggio 2018.
  4. ^ Calabria, il pallone nelle mani delle cosche “Giocatori, arbitri e dirigenti, tutta roba nostra”, in ilfattoquotidiano.it, 11 gennaio 2013. URL consultato il 3 maggio 2018.
  5. ^ Marcello pesce non balla più, in gazzettadelsud.it, 5 novembre 2017. URL consultato il 3 maggio 2018.
  6. ^ ‘Ndrangheta, catturato il latitante Marcello Pesce: era noto come ‘U Ballerinu’, in repubblica.it, 1º dicembre 2016. URL consultato il 3 maggio 2018.
  7. ^ Marcello Pesce e il Rosarno Calcio: una lunga storia d’amore, in iacchite.com, 2 dicembre 2016. URL consultato il 3 maggio 2018.
  8. ^ Muore il boss, lutto al braccio, in Sportmediaset, 11 novembre 2009. URL consultato il 20 ottobre 2017.
  9. Muore il boss Giocatori con il lutto, in repubblica.it, 11 novembre 2009. URL consultato il 20 ottobre 2017.
  10. ^ Ecco chi è Rocco Aquino un boss in giacca e cravatta, in repubblica.it, 10 febbraio 2012. URL consultato il 3 maggio 2018.
  11. ^ Il boss tradito dalla passione per il calcio, in tg1.rai.it, 11 febbraio 2012. URL consultato il 3 maggio 2018.
  12. ^ Arrestato U Ballerinu, il boss della ‘ndrangheta fu anche dg del Sapri Calcio, in infocilento.it, 2 dicembre 2016. URL consultato il 3 maggio 2018.
  13. ^ ‘Ndrangheta, 41 arresti dalla Calabria alla Lombardia. Sequestrata squadra di calcio, in ilfattoquotidiano.it, 3 novembre 2016. URL consultato il 3 novembre 2016.
  14. ^ ʼNdrangheta, Dda: “Sequestrare il Crotone, patron vicino alla mafia”, in tgcom24.it, 8 febbraio 2016. URL consultato il 12 gennaio 2018.
  15. ^ ‘Ndrangheta, “rifiuti ospedalieri portati con camion dell’ex presidente del Crotone Vrenna e interrati vicino a una scuola”, in ilfattoquotidiano.it, 12 gennaio 2018. URL consultato il 12 gennaio 2018.
  16. Ndrangheta, 7 anni di carcere per Rocco Dominello. È il capo ultras che ha avuto legami con i dirigenti della Juventus, in ilfattoquotidiano.it, 30 giugno 2017. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  17. ^ Infiltrazioni di ’Ndrangheta nella curva della Juventus, condannati i Dominello, in corriere.it, 5 luglio 2017. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  18. ^ Juventus, biglietti a ultrà: pena esaurita per Agnelli e multa di 100mila euro, in repubblica.it, 19 dicembre 2017. URL consultato il 19 dicembre 2017.
  19. ^ Calcio: ‘ndrangheta “garante” dei bagarini gestiti da ultrà della Juve, in ilsole24ore.com, 14 dicembre 2017. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  20. ^ Commissione Antimafia: ‘Ndrangheta infiltrata in tifoseria Juve, in repubblica.it, 14 dicembre 2017. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  21. ‘Ndrangheta e curva della Juventus: l’ex ultras Fabio Germani condannato in appello a 4 anni e 5 mesi, in ilfattoquotidiano.it, 16 luglio 2018. URL consultato il 16 luglio 2018.
  22. ^ Ndrangheta in curva: biglietti dalla Juventus anche dopo l’inchiesta, in calciomercato.com, 22 ottobre 2018. URL consultato il 22 ottobre 2018.
  23. ^ ‘Ndrangheta in curva Juve, Cassazione conferma: i clan controllavano gli ultras per spartirsi i ricavi del bagarinaggio, in ilfattoquotidiano.it, 20 aprile 2019. URL consultato il 20 aprile 2019.
  24. ^ ‘Ndrangheta in Piemonte, estorsioni droga e un omicidio: 26 arresti tra Asti e Alba. Infiltrata anche l’Asti calcio, in ilfattoquotidiano.it, 3 maggio 2018. URL consultato il 3 maggio 2018.
  25. ^ Maxi inchiesta ’ndrangheta arresti in casa a Costigliole per l’imbianchino-ultras, in lastampa.it, 28 settembre 2018. URL consultato il 1º ottobre 2018.
  26. ^ L’inchiesta di Report sui rapporti tra Juventus e ‘ndrangheta: le anticipazioni, in panorama.it, 22 ottobre 2018. URL consultato il 22 ottobre 2018.

WIKIPEDIA 


L’ombra delle mafie sullo sport mondiale

 

Lo sport, calcio in testa, rischia di morire di corruzione. Un problema non solo italiano

Lo sport, e il calcio in particolare, rischia di morire per effetto della dilagante corruzione che imperversa attraverso le scommesse clandestine, “manovrate” dalla criminalita’ organizzata. Mafia cinese, italiana, russa e camorra si sono insinuate pesantemente nel calcio per riciclare danaro sporco e “pulirlo” dopo averne fatto incetta grazie a droga, prostituzione e commercio di armi. Di questo, ed anche di giornalisti trucidati, di giocatori e arbitri minacciati si e’ parlato in un convegno alla “Gazzetta dello sport”.

Il presidente del Fenerbahce e’ finito in galera eppure il club e’ stato ammesso alle Coppe, un giocatore coreano si e’ suicidato dopo aver ceduto alla tentazione di vendere le partite. Non solo in Italia- peraltro presente in modo evidente nello scandalo delle scommesse- ma anche in Germania (caso Bochum e un arbitro arrestato), in Grecia (reporter minacciati da uomini armati), Canada, India (un giornalista assassinato) ecc. Nel corso di “Betting, Sport e Match-Fixing”, convegno organizzato dal presidente dell’AIPS Gianni Merlo e dalla Gazzetta dello sport (il direttore Andrea Monti ha fatto gli onori di casa), e’ stato fatto un quadro veramente sconvolgente dell’inquinamento del mondo dello sport, che e’ in procinto di perdere la propria identita’, specie se i risultati diventeranno, come e’ capitato, poco sinceri. Si e’ parlato dei mezzi per combattere la “piovra” dell’illegalita’ nel mondo delle scommesse che sfocia spesso nella corruzione: Andre’ Chacker, uno dei vertici dell’Associazione mondiale delle lotterie, ha detto di una proposta per costituire una Agenzia Internazionale anti-corruzione (un po’ come la Wada per il doping); ci sono forti resistenze perche’ molti Paesi non vogliono rinunciare alla loro sovranita’ nazionale.

Gia’ la collaborazione internazionale fra enti sportivi, polizia e dirigenti sta cominciando a dare frutti concreti, tuttavia, ma il fatto stesso che circa 8.500 operatori nel campo delle scommesse agiscano nell’illegalita’- come ha riferito Thierry Pujol che si occupa della sicurezza delle lotterie-, e’ indicativo dei pericoli incombenti. E il fatto che il male arrivi da lontano, dall’Asia e i Paesi dell’Est, non e’ una consolazione. Le scommesse illegali non riguardano solo il calcio, ma l’atletica, il basket, l’ippica, il rugby, tanti altri sport e persino il cricket. Insomma, tutto il mondo dello sport. Negli USA le scommesse sono vietate, ma sotto banco succede di tutto persino per le competizioni dei College. In Italia -ha detto Luca Turchi, dirigente della direzione scommesse sportive- ormai il fenomeno delle scommesse legali e’ sotto controllo, ma il mondo dell’illegalita’? Educare i giovani atleti ad evitare tentazioni, riforme etiche e rafforzamento delle scommesse legali (che aiutano economicamente lo sport) sono state auspicate nel corso del convegno. E’ un problema di ordine pubblico di rilevanza penale e occorre regolamentare anche le scommesse degli addetti ai lavori (atleti, giornalisti ecc) per evitare sbandate. Occorrono fondi da investire nella lotta alla corruzione (la FIFA e la Comunita’ europea si sono mosse) per rendere efficaci le norme. Nel 2011 ci sono stati 308 casi di corruzione accertati in Europa occidentale.

E’ stato internet ad accentuare il fenomeno delle scommesse clandestine e, conseguentemente, l’illegalita’. Si parla di un volume d’affari di 1.500 miliardi di euro l’anno e il mondo del crimine e’ come l’ottava potenza economica mondiale. Sono lontani i tempi del Totocalcio e quelli in cui il portierino di una squadretta si vendeva per poche lire. Oggi si tratta di un fenomeno planetario e ci chiediamo quanti dirigenti che investono nello sport, e nel calcio in particolare, lo facciano in buona fede e non siano partecipi di questo fenomeno, anche col loro lassismo. TELEVIDEO 


“C’è del marcio nello sport”: vademecum per capire un sistema

Nuovo libro curato per Eurispes da Tartaglia Polcini con prefazione di Frattini e introduzione di Fara

 

Riciclaggio di denaro sporco, infiltrazioni della criminalità nelle tifoserie organizzate, corruzione per appalti di opere connesse ai grandi eventi sportivi, match fixing, scommesse clandestine, doping, sfruttamento degli animali: molteplici sono le forme di criminalità che si manifestano nel settore dello sport, come documentano le numerose inchieste giudiziarie che si sono susseguite negli anni.

Per la sua rilevanza sociale e per le sue dimensioni numeriche, lo sport si dimostra una corruption risk area, spesso pervasa da malgoverno e scandali. In particolare, il legame tra sport e illegalità diventa allarmante quando alla pratica sportiva e ai suoi elementi valoriali ed etici, si sostituisce solo il business, per cui i risultati, le vittorie e le sconfitte diventano solo profitto.

A questo tema è dedicato lo studio C’è del marcio nello sport. Ovvero come truccare le carte del gioco, curato per l’Eurispes da Giovanni Tartaglia Polcinie arricchito dalla prefazione di Franco Frattini e dall’introduzione di Gian Maria Fara, che sarà pubblicato a settembre da Minerva Edizioni.

La corruzione nelle sue varie forme di manifestazione affligge l’intero settore dello sport in maniera crescente. Non esiste una disciplina sportiva immune rispetto al pericolo di condotte illecite; né è possibile discriminare tra attività professionistiche e dilettantistiche essendo, anche queste ultime, oggetto di interesse soprattutto della criminalità organizzata. Tutte le mafie hanno mostrato particolare attenzione, nella storia recente, in particolare al mondo del calcio sia in Italia sia nei campionati stranieri. Organizzazioni criminali prive di scrupoli riciclano ingenti capitali nello sport, tendono a controllare il mondo delle scommesse, si insinuano nella gestione degli impianti sportivi e nelle tifoserie alla ricerca del consenso sociale, controllano il mercato delle sostanze dopanti e, attraverso le loro imprese, si infiltrano negli appalti delle grandi opere.

Il volume C’è del marcio nello sport. Ovvero come truccare le carte del gioco è un prezioso “vademecum” per orientarsi nei meandri del sistema sportivo e capire attraverso quali forme e modalità, l’illegalità possa insinuarsi tra le maglie dei meccanismi economici e finanziari, arrivando persino sui campi sportivi delle diverse discipline.

Nel volume vengono passate in rassegna l’insieme delle regole, ovvero l’architettura ordinamentale e istituzionale dello sport, la relativa disciplina a livello nazionale e internazionale, con un interessante approfondimento sull’ultima riforma del settore (Riforma Giorgetti) che ridisegna il ruolo del Coni e conferisce nuovi poteri a Coni Sport e Salute; per poi passare ad analizzare il sistema della giustizia sportiva.

Vengono prese in considerazione, inoltre, le diverse forme di manifestazione della corruzione che affliggono il mondo dello sport a livello nazionale e internazionale, richiamando le principali iniziative di prevenzione e contrasto edificate dalla comunità internazionale. Infine, si ipotizzano diverse proposte operative, evidenziando alcune delle migliori prassi già avviate in sede internazionale.

Secondo recenti dati Istat (La pratica sportiva in Italia, 2017), oltre 20 milioni di persone sopra i tre anni praticano uno o più sport con continuità (24,5%) o saltuariamente (9,8%); l’incidenza dei praticanti sulla popolazionedi 3 anni e più, è pari al 34,3%. Fra gli sport più praticati: ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica (25,2% degli sportivi, pari a 5 milioni e 97mila persone); calcio (23%, pari a 4 milioni e 642mila persone); sport acquatici (21,1%, pari a 4 milioni e 265mila persone. Il nuoto è lo sport più diffuso tra i bambini fino a 10 anni (43,1%), il calcio tra gli under 35 (33,6%), ginnastica, aerobica, fitness tra gli adulti fino a 59 anni e sopra i 60 (27,4%).

Secondo il Coni, sono 11 milioni 198mila le persone che fanno sport all’interno di società sportive, attraverso le affiliazioni alle Federazioni Sportive Nazionali (FSN), alle Discipline Sportive Associate (DSA) e ad Enti di Promozione Sportiva (EPS).

L’associazionismo sportivo in Italia è distribuito su tutto il territorio nazionale: 118.812 attività sportive; i rapporti di affiliazione che caratterizzano lo sport dilettantistico sono 145.095 (dati 2016), di cui 54mila sono gli affiliati delle FSN/DSA e oltre 90mila quelli degli EPS.

Questi numeri e queste dimensioni chiariscono la gravità del pericolo dell’infiltrazione criminale in questa area vitale della società.

Tanto che all’interno della Commissione Parlamentare Antimafia è stata costituita una Commissione speciale sulla mafia e gli eventi sportivi. E anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha richiamato l’attenzione sul tema, evidenziando, in particolare, come il calcio possa diventare una utile macchina di consenso elettorale, economico e finanziario. Inoltre, lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo,Federico Cafiero De Raho, allertato dai numerosi episodi illegali, ha ufficialmente focalizzato la sua attenzione su questo fenomeno e ha attivato una sorveglianza permanente.

«Il mondo dello sport, soprattutto quello professionistico, ha visto crescere esponenzialmente la sua dimensione economica: ingaggi milionari, sponsorizzazioni miliardarie e una vera globalizzazione delle più rilevanti competizioni, hanno moltiplicato i numeri degli investimenti e dei profitti. A fronte di ciò, manca ad oggi una vera regolamentazione giuridica del settore che abbia i caratteri della robustezza, richiesta da simili quantità e grandezze economiche», sostiene il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che si chiede: «Quali sono i parametri di riferimento per la valutazione di un cartellino di un top player? Chi verifica e come si verifica che non vi sia una sopravalutazione anche ai fini di un adeguamento contabile delle società sportive che, in alcuni casi, finiscono addirittura per essere quotate in Borsa? La logica del mercato, unita ad una notevole incertezza delle regole, ipoteca il terreno dello sport dando origine a comportamenti devianti dai quali discendono scandali sempre più rilevanti».

Sulla stessa linea Franco Frattini, magistrato ed ex ministro, Presidente della Siga (The Sport Integrity Global Alliance), che nella prefazione del volume sostiene: «Purtroppo la regolamentazione e la disciplina giuridica nel settore sportivo appaiono ancora complesse e problematiche e, spesso, non in grado di fronteggiare adeguatamente la minaccia della corruzione in tutte le sue forme di manifestazione già conosciute. A ciò si aggiungono l’assenza di sinergie tra il sistema sportivo e il mondo giudiziario, sia a livello nazionale, sia internazionale, e un certo ritardo nell’adeguamento degli ordinamenti giuridici nazionali ai pur rilevanti strumenti di diritto internazionale adottati per far fronte al fenomeno dilagante. Una prima risposta concreta può essere l’adozione di standard universalmente riconosciuti per il buon governo delle organizzazioni sportive, basati sui pilastri della democrazia, della trasparenza e dell’accountability».

Scrive Giovanni Tartaglia Polcini: «La diffusione della cultura della legalità e dell’integrità, e la capacità di adottare iniziative attive di prevenzione del rischio, costituiscono passaggi indispensabili, non solo per migliorare l’immagine del mondo dello sport, ma anche per ridare fiducia ai cittadini nei confronti delle Istituzioni pubbliche del settore».

Inoltre, «l’adozione di linee guida in coerenza con gli standard internazionali e l’applicazione diffusa e capillare dei modelli di governance della compliance e del risk management al mondo dello sport possono contribuire significatamentead abbattere i rischi di corruzione. Un controllo di legalità diffuso e partecipato in partenariato tra public e private sector potrebbe condurre ad un innalzamento della soglia di legalità e ad un’anticipazione del piano di tutela».

Il settore dello sport attira gli interessi criminali per motivi sociali ed economici: negli ultimi 20 anni l’attenzione delle Istituzioni in ordine al rischio corruttivo e di infiltrazione mafiosa è cresciuta, si è consolidata ed ha contribuito ad una presa di coscienza collettiva sul fenomeno.

Nondimeno, al di là dei meriti che si devono riconoscere alle iniziative nazionali ed internazionali per la diffusione della legalità nello sport ed a qualche isolato passo in avanti – come ad esempio il Protocollo tra Anac ed Ocse sulla prevenzione della corruzione e promozione dell’integrità negli appalti pubblici e grandi eventi – sono mancate azioni concrete e sistematiche per arginare il dilagante fenomeno che rischia concretamente di offuscare l’intero mondo dello sport.

Alfredo Durante Mangoni, Coordinatore Anticorruzione, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale aggiunge: «L’Italia gioca un ruolo di primo piano nelle attività internazionali anticorruzione. Il posizionamento internazionale dell’Italia ha conseguito un primo, innovativo risultato nel novembre 2017, quando abbiamo presentato e fatto adottare, alla Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida), una Risoluzione dedicata alla prevenzione e repressione della corruzione nello sport. Le Delegazioni italiane restano impegnate, in diversi fori multilaterali, a sostegno di politiche e strategie di contrasto dell’illegalità e di attuazione dei princìpi di correttezza nelle competizioni sportive, in aderenza ai valori dello stato di diritto e della Carta olimpica e coinvolgendo anche le imprese e la società civile».