Mafia marketing: dal whisky “Cosa nostra” al vino “Pistol” fino alle candy mafia e ai ristoranti

Sicilia vieta la vendita sulle navi di gadget che richiamano la mafia

«Mai più gadget che possano ledere l’immagine della Sicilia a bordo delle navi da e per la Sicilia». Lo dice l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità, Alessandro Aricò, in merito alla polemica sorta per i souvenir di stampo mafioso in vendita sui traghetti tra Messina e Villa San Giovanni, lanciata sui social dal cantautore Mario Incudine.

«Seppure la tratta dello Stretto non è svolta nell’ambito di un contratto con la Regione Siciliana, siamo comunque intervenuti immediatamente presso Caronte & Tourist per chiederne la rimozione. Ringraziamo i vertici della società – aggiunge Aricò – per aver agito con altrettanta tempestività presso i terzi che hanno in affitto gli shop sulle loro navi».

«Come governo Schifani inoltre – aggiunge l’assessore – abbiamo fortemente voluto sostenere questa posizione, includendo nei nuovi contratti che seguiranno alla procedura negoziata per l’affidamento dei servizi di collegamento con le isole siciliane, un comma con cui si vieta la vendita a bordo delle navi di qualsivoglia oggetto che possa mortificare il riscatto della Sicilia rispetto a stereotipi che fanno ormai parte del suo passato e che i siciliani fortemente rigettano».

 


4.9.2023 “Palermo è una città con problemi di Mafia”, così lo stereotipo corre sul web. E’ quanto si legge in un sito che compara servizi di autonoleggio

 

Gli stereotipi sono duri a morire, soprattutto quelli che riguardano il meridione e la Sicilia.
Nonostante la nostra Terra sia tra le mete preferite dai turisti italiani e stranieri, c’è ancora chi pensa che l’antica Trinacria sia un’isola dove imperano soltanto malaffare e sopraffazione.
Un posto insomma bello da visitare, ma nel quale sarebbe meglio non vivere. Un luogo quasi abbandonato a se stesso, dove gli abitanti non fanno nulla per cambiare, dove tutto è estremamente difficile.
E se ormai non fanno più notizia, perché diffusissimi, i souvenir che raffigurano il mafioso con tanto di baffi, coppola e lupara in mano, o quelli che ritraggono il famoso Marlon Brando nel “Il Padrino”, ai tempi di internet e del mondo globalizzato la discriminazione corre anche online.
Quante volte, viaggiando in Italia o all’estero, e dando notizie sulla nostra provenienza, ci siamo sentiti dire, con tono perentorio, che “in Sicilia c’è la mafia”?. A tutti i siciliani sarà capitato almeno una volta nella vita, nonostante la nostra voglia di riscatto.
Ebbene, c’è un sito internet nel quale viene scritto che “Palermo è una città con problemi di Mafia”.
Ad imbattersi in questa espressione, e a denunciare la diffusione dell’ennesimo stereotipo contro la Sicilia, è il blog Rosalio.
Il sito in questione è quello olandese di EasyTerra, dove vengono comparati servizi di autonoleggio e Palermo viene descritta come una città dalla storia millenaria, certo, perché questo è vero, ma dove accade di tutto, una specie di jungla dove non c’è alcun rispetto delle regole e ognuno fa quello che gli pare.
Si legge su Rosalio che “la pagina è piena di bizzarrie, come: «Palermo è un posto molto trafficato con molte macchine che suonano il clacson a meno di 10 centimetri di distanza»”.
Non è purtroppo la prima volta che siti internet di diversi paesi descrivono la Sicilia in questo modo, e nulla ci porta a ritenere che non accadrà nuovamente.
Ma quando noi siciliani verremo veramente descritti per quello che siamo? Cioè per un popolo che si è sempre rimboccato le maniche e che vuole davvero cambiare? Quando non verremo più ‘classificati’ solo in base a pregiudizinegativi? La mafia in Sicilia c’è, non sarebbe intellettualmente onesto negarlo. Ma già da tempo si respira aria di cambiamento, voglia di affrancamento. I siciliani, tutti, nutriamo la speranza in un futuro migliore e ci auguriamo che venga presto il giorno in cui non saremo più solo ricordati e citati per la mafia.
In un’ordinanza il sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo ha deciso di vietare sul territorio comunale la vendita di oggettistica, come ad esempio souvenir, che richiamino in qualche modo alla mafia. Parliamo quindi di oggetti come quelli che ritraggono il padrino, armi, coppole o roba simile.
Il provvedimento è stato così giustificato dal primo cittadino: “Deve essere continuamente e fortemente contrastato ogni tipo di atteggiamento, anche di mera indifferenza, di favore nei confronti della mafia, – si legge nell’ordinanza – promuovendo iniziative culturali, sociali ed amministrative idonee ad eliminarne alla radice la capacità lesiva del fenomeno mafioso”.

Il tributo di Cinisi nella lotta alla mafia

In particolare Palazzolo ricorda che Cinisi è stata segnata dal tragico fenomeno mafioso, con l’omicidio di Peppino Impastato nel 1978, il militante di Democrazia proletaria ucciso perché aveva osato denigrare e denunciare pubblicamente il boss del paese Tano Badalamenti. “Ogni anno a Cinisi – evidenzia il primo cittadino – si riscontrano migliaia di presenze di visitatori, provenienti da tutto il mondo, e molti di loro si recano nel territorio al fine di rendere omaggio alla straordinaria storia di Peppino Impastato, eroe antimafia che ha contribuito in modo determinate, non solo al cambiamento culturale di Cinisi, ma dell’intero Territorio nazionale”.

Le sanzioni prevedono multe sino a 500 euro

I commercianti che violeranno tale disposizione rischiano una multa da 100 a 500 euro. Nello specifico il divieto è quello di “vendere qualsiasi tipo di oggetto, souvenir, gadget che inneggi o semplicemente richiami anche ‘in termini positivi’, in qualunque modo e forma, alla mafia ed alla criminalità organizzata in genere”. All’interno della stessa ordinanza Palazzolo motiva questo divieto con il fatto che tali oggetti “mortificano la comunità cinisense, da anni impegnata nella diffusione della cultura della legalità e nel contrasto alla mafia. Ancora oggi persiste il rischio concreto che la subcultura mafiosa possa trovare nuova linfa in atti, comportamenti ed atteggiamenti tendenti a creare le condizioni sociali per una rivitalizzazione del fenomeno mafioso”. BLOG SICILIA


Mario Incudine contro i souvenir mafiosi in vendita, “Dovremmo vergognarci di tutto questo”

 

 

 

 

 

 

VIDEO

 

Il cantante siciliano Mario Incudine  ha denunciato, attraverso un post pubblicato sui propri social, la vendita di souvenir che richiamano alla mafia. A bordo di un traghetto, indignato, l’artista ha espresso il suo pensiero. “Noi siciliani tutti dovremmo vergognarci. Un modello prodotto in anni di retaggi, di contro cultura, dannoso quanto obsoleto, che commercia l’immagine tradita di un’Isola che tenta d’affrancarsi”. L’appello poi tutti quanti, società civile e istituzioni, anche al sindaco di Messina Basile, di fermare tutto questo”.

La denuncia di Incudine

“Guardate questo, come souvenir della Sicilia magliette e taglieri con l’immagine de Il Padrino, ‘u mafiusu e a mafiusa’ e la novità: il guanto da cucina con la scritta ‘sexy mafiosi’. Io come siciliano mi vergogno di tutto questo, indignatevi pure voi. Non è possibile… Che schifo!”, ha detto ancora Incudine.

La Vardera: “Fare cessare questo schifo”

Dopo la vicenda sollevata dall’artista siciliano,  il deputato regionale di “Sud chiama nord”, Ismaele La Vardera, ha mandato una richiesta formale all’assessore regionale alle Infrastruttura e alla mobilità, Alessandro Aricò. “È necessario intervenire immediatamente – dice La Vardera – non si può continuare a vendere quei gadget. Oltre a dare un’idea sbagliata ai turisti, fomentano una cultura mafiosa. Io non ci sto e neanche questo governo dovrebbe permetterlo. Per questo motivo ho fatto una richiesta ufficiale all’assessore Aricò perché intervenga e metta un punto definitivo a questo schifo”. BLOG SICILIA

 


L’aperitivo «il Padrino» a pochi metri dalla lapide delle vittime di mafia


RISTORANTI : “La mafia” come marchio? Se i clienti non cambiano ristorante non se ne esce


TG 24 Sky 25.12.2022 – Coldiretti: boom di prodotti “mafia style” all’estero. Ne parla anche il Guardian


Coldiretti: l’inquietante boom prodotti mafia style all’estero

 

Dal whiskey “Cosa nostra” in bottiglia a forma di mitra a tamburo al caffè mafiozzo venduto in Bulgaria. I danni d’immagine per il made in Italy e denucia di Coldiretti e Filiera Italia

Dalla Scozia arriva il whiskey “Cosa Nostra” in una bottiglia a forma del caratteristico mitra con caricatore a tamburo degli anni di Al Capone e Lucky Luciano – spiega la Coldiretti -, mentre in Portogallo si beve vino Talha Mafia “Pistol” con tanto di macchia di sangue stilizzata sulla confezione bag in box da 3 litri. In Germania si produce il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per la carne arrosto, come il PorkMafia Texas Gold che non viene però dagli Usa bensì dalla Finlandia.

In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo” – denuncia Coldiretti – stile italiano, invece gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”, a Bruxelles c’è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso”, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. In terra tedesca – continua Coldiretti – si beve anche il “Fernet Mafiosi”, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta “Stop!”.
Ma c’è anche il vino Syrah “Il Padrino” prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late “For those who dare to feel” (per quelli che osano sentirsi). Su internet – continua la Coldiretti – è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale www.candymafia.com. Una galleria degli orrori che colpisce il vero Made in Italy realizzato grazie all’impegno di centinaia di migliaia di imprenditori onesti che tutti i giorni lavorano per offrire prodotti di altissima qualità.
Al gravissimo danno di immagine del Mafia Marketing si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del Made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 120 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro, secondo una analisi della Coldiretti.
Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove – rileva la Coldiretti – spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. “Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy sfruttando – conclude Ettore Prandini Presidente della Coldiretti – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese”.

Mafia marketing: dal whisky "Cosa nostra" al vino "Pistol" fino alle candy mafia

 

In mostra lo scandalo del Mafia Marketing

Scatta la rivolta di imprese, cittadini e Istituzioni contro lo scandalo mondiale del mafia marketing che per la prima volta verrà messo in mostra con un’inquietante “collezione” dei più vergognosi prodotti agroalimentari venduti nel mondo con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più odiose, sfruttati per fare un business senza scrupoli sul dolore delle vittime e a danno dell’immagine del Paese.
L’appuntamento è per domani venerdì 2 dicembre dalle ore 9,00 al Villaggio Coldiretti di Palermo, da Piazza del Teatro Politeama a Piazza Castelnuovo, dove accorreranno migliaia di agricoltori, assieme al presidente di Coldiretti Ettore Prandini e alla delegata di giovani Coldiretti Veronica Barbati. Un atto di denuncia rispetto a un fenomeno che getta discredito sull’immagine del Paese, diffondendo inaccettabili stereotipi, contro il quale prende il via una mobilitazione nazionale guidata dai giovani imprenditori che saranno presenti in piazza per difendere la reputazione dell’Italia ed il loro futuro.
Per l’occasione insieme alla prima mostra sui prodotti del mafia marketing nel mondo verrà diffuso lo studio Coldiretti “La mafia del piatto, dai ristoranti al supermercato” con un focus sulla ristorazione che in tutti i continenti sfrutta termini come mafia, cosa nostra, camorra come elementi di richiamo per fare affari propagandando una immagine distorta dell’italianità.
L’iniziativa si svolge nell’ambito del villaggio Coldiretti nel centro di Palermo dove nei tre giorni di manifestazione si alterneranno esponenti istituzionali, rappresentanti della società civile e studiosi che discuteranno su esclusivi studi e ricerche elaborate per l’occasione dalla Coldiretti. Ma il Villaggio di Palermo è anche un’occasione per toccare con mano la centralità e i primati dell’agricoltura italiana messi a rischio da guerra e rincari energetici e vivere un giorno da contadino tra le aziende agricole ed i loro prodotti, a tavola con gli agrichef, in sella agli asini e tra gli altri animali, nelle fattorie didattiche e negli agriasili dove i bambini possono imparare a impastare il pane o a fare l’orto.   2.12.2022 COLDIRETTI 

 


La denuncia della Coldiretti a Palermo: “Tutto questo danneggia il vero Made in Italia portato avanti da migliaia di imprenditori onesti”

Dal whisky “Cosa nostra” con tanto di bottiglia a forma di mitra al vino Talha Mafia fino al caffè Mafiozzo ma anche il condimento sale e pepe Two Pig Mafia è allarme “mafia style” per l’agroalimentare italiano con milioni di euro di giro d’affari generati dall’uso di nomi legati alla criminalità. A denunciarlo sono Coldiretti e Filiera Italia che insieme a imprese, cittadini e istituzioni scendono in piazza a Palermo dove è stata esposta per la prima volta un’inquietante “collezione” dei più scandalosi prodotti agroalimentari venduti nel mondo con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di malavita organizzata più odiose, sfruttati per fare un business senza scrupoli sul dolore delle vittime e a danno dell’immagine del Paese.
Dalla Scozia arriva il whisky “Cosa Nostra” in una bottiglia a forma del caratteristico mitra con caricatore a tamburo degli anni di Al Capone e Lucky Luciano – spiega la Coldiretti -, mentre in Portogallo si beve vino Talha Mafia “Pistol” con tanto di macchia di sangue stilizzata sulla confezione bag in box da 3 litri.  In Germania si produce il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per la carne arrosto, come il PorkMafia Texas Gold che non viene però dagli Usa bensì dalla Finlandia.
In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo” – denuncia Coldiretti – stile italiano, invece gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”, a Bruxelles c’è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso”, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. In terra tedesca – continua Coldiretti – si beve anche il “Fernet Mafiosi”, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta “Stop!”.
Ma c’è anche il vino Syrah “Il Padrino” prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late “For those who dare to feel” (per quelli che osano sentirsi). Su internet – continua la Coldiretti – è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale www.candymafia.com.
Una galleria degli orrori che colpisce il vero Made in Italy realizzato grazie all’impegno di centinaia di migliaia di imprenditori onesti che tutti i giorni lavorano per offrire prodotti di altissima qualità come al Villaggio della Coldiretti di Palermo dove nel weekend è possibile toccare con mano i primati dell’agroalimentare nazionale tra le aziende agricole, le imprese di eccellenza di filiera Italia e i cuochi contadini.
Al gravissimo danno di immagine del Mafia Marketing si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del Made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 120 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro, secondo una analisi della Coldiretti. Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove – rileva la Coldiretti – spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori.
“Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy sfruttando – conclude Ettore Prandini Presidente della COLDIRETTI – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese”.


Da “Baciamo le mani” a “Cosa nostra”: almeno 300 ristoranti hanno un nome che ricorda la mafia

baciamo le mani

 

Sono quasi trecento i ristoranti che nel mondo si richiamano nel nome alla mafia, da “Baciamo le mani” a “Cosa nostra” fino agli improbabili Felafel Mafia, Nasi goreng Mafia e Karaoke Bar Mafia, sfruttando a tavola gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose e danneggiando l’immagine del nostro Paese. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti condotta sulla banca dati del sito web Tripadvisor dove sono recensiti i locali di tutto il mondo, presentata al Villaggio contadino di Palermo, da piazza del teatro Politeama a piazza Castelnuovo con la protesta dei giovani agricoltori della Coldiretti e l’allestimento della prima mostra dei prodotti mafia style scovati in tutto il globo. In Spagna è possibile mangiare da “El padrino”, da “La dolce vita del padrino” e da “Baciamo le mani” – spiega la Coldiretti in una nota -, e anche nella martoriata Ucraina c’è una catena di locali “Mafia” dove servono pizza e altri piatti della cucina internazionale e persino un “Karaoke bar mafia”. Il richiamo a Cosa nostra è, infatti, assolutamente trasversale a culture e piatti di tutto il mondo e se negli Stati Uniti troviamo i locali “Felafel mafia” e “Sushi mafia”, in Germania ci sono i “Burger mafia”, in Indonesia “Nasi goreng mafia”, in Egitto “Mafia pizza” e in Brasile “Al Capone Pizza di Mafia”. In Austria c’è anche il ristorante “Mafiosi”, in Finlandia si mangia da “Don Corleone” e in Francia da “Cosa nostra”. E non mancano divagazione sul tema, se è vero che in Russia c’è un ristorante chiamato “Camorra”.
Nella classifica dei Paesi con più locali ispirati al “mafia sounding” si piazza la Spagna con 63 ristoranti, grazie soprattutto alla catena “La Mafia se sienta a la mesa” diffusa in tutto il territorio nazionale che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone, mentre al secondo – rileva Coldiretti – si piazza l’Ucraina (38 tra ristoranti, bar e pizzerie) davanti al Brasile (28). Seguono Indonesia (23), Russia (19), India (16), Giappone (15), Polonia (11), Usa (8), Portogallo e Australia che chiudono la top ten con a pari merito con 5 casi. Ma attività che richiamano Cosa Nostra si trovano ormai dappertutto, dalla Germania alla Thailandia, dal Messico alla Corea del Sud, da Panama alla Moldavia, fino a Giordania, Malesia, Sri Lanka, Taiwan, Vietnam e Canada, solo per citarne alcuni. Un fenomeno odioso che – sottolinea Coldiretti – nasce in molti casi dall’ignoranza o dalla scarsa sensibilità verso il dolore provocato dalla criminalità organizzata al quale andrebbe posta fine una volta per tutte. Nel caso della catena di ristoranti spagnola “La mafia se sienta a la mesa” l’Unione europea, su richiesta dell’Italia, ha addirittura annullato la concessione del marchio in quanto contrario all’ordine pubblico e al buon costume, anche se i locali sono ancora aperti in tutto la Spagna. “L’Unione europea deve fermare l’utilizzo commerciale di marchi infami che sfruttano gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose e rischiano di penalizzare l’immagine dell’intero agroalimentare tricolore in un momento in cui le esportazioni hanno raggiunto il record storico contribuendo alla ripresa del Sistema Paese”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.​

 

MAFIA E ALIMENTAZIONE