‘Ndrangheta, il racconto del pentito Andrea Mantella gela l’aula per la crudeltà dei particolari

 

 

Il furto dell’auto, le torture e l’assassinio

E così arrivò la rappresaglia: «Venne rubata la macchina della fidanzata di Antonio Lo Giudice, un uomo d’onore, credo anche coinvolto in un sequestro di persona, la cui vittima fu bruciata insieme a Lorenzo Fiarè; era un rivoluzionario come Raffaele Patania e Franco D’Onofrio, coinvolto nell’omicidio del giudice Bruno Caccia e nel Vibonese, come in Svizzera, era considerato un grande criminale del quale bisognava avere rispetto». Definita la figura di Lo Giudice, Mantella racconta – sempre per averlo appreso dai diretti interessati – che questi si rivolse a Roberto Soriano affinché si attivasse per sapere chi aveva commesso il furto e «entrambi andarono da Peppone Accorinti a Zungri che, nel frattempo ,era stato avvisato da Razionale dei suoi sospetti verso Soriano».

La trappola era scattata. «Razionale – riferisce il pentito – disse a Lo Giudice, del quale aveva rispetto, di andarsene perché non c’entrava nulla, ma questi rispose che non se ne sarebbe andato senza Roberto, cercando di mediare tra le parti». Tentativo inutile perché alla fine ci rimise la vita: «Era sorridente ed è morto col sorriso, colto alle spalle – afferma – E un giorno Razionale mi disse: “Alla fine siamo stati costretti ad ammazzarlo, mi è dispiaciuto di lui ma ha dimostrato di avere gli attributi fino alla fine”».

Le modalità non sono mai state chiarite ma secondo la memoria di Mantella «sono state utilizzate delle armi e un laccio per strangolarlo; e Accorinti ha il vizio di usare quest’ultimo strumento, però ho un ricordo confuso della cosa. So che il corpo di Lo Giudice fu bruciato nella sua Alfa 33 nera nella zona di San Marco di Cessaniti, nei pressi delle zone dei Fusca, famiglia satellite di Accorinti».

Ancor più agghiacciante il racconto dell’uccisione di Soriano andato incontro a sofferenze indicibili: «Sia Razionale che Accorinti mi dissero che l’hanno attaccato ad una trave e l’hanno seviziato con una tenaglia come quella utilizzata per tagliare le unghie dei piedi alle mucche, partendo dalle unghie del piede, passando al dito. Lui li pregò di ammazzarlo perché non sopportava più il dolore.
Per due-tre giorni fu torturato perché non voleva confessare. Ad un certo punto, Razionale gli fece credere che se avesse ammesso che dietro agli agguati falliti c’era Peppe Mancuso lui sarebbe tornato a casa. Lui lo confermò ma venne ammazzato lo stesso anche se esattamente non so come».