Passando per via Notarbartolo, di fronte al palazzo in cui abitava il magistrato Giovanni Falcone, non ci vuole molto a capire che l’albero, diventato simbolo della legalità e di lotta alla criminalità, stia lentamente morendo. Le foglie gialle, i rami ormai fragili e avvizziti sembrano avere perso il loro vigore.
Chiuso all’interno di una “gabbia in cemento armato in cui le radici non trovano alcun appiglio, “l’Albero Falcone” sembra essere diventato lo specchio della sofferenza di un essere vivente che ha un estremo bisogno di essere curato, non solo per il valore simbolico che riveste, ma anche per gli eventuali e futuri danni che potrebbe arrecare a cose e persone. Mi vengono in mente le annuali manifestazioni per commemorare il giorno dell’uccisione del magistrato e degli uomini della scorta, il continuo movimento delle scolaresche per testimoniare il valore dell’impegno sociale e anche l’importanza della salvaguardia dellˈ ambiente .
“E’ già da un paio di anni che nessuno si prende più cura di potare i rami che rischiano di cadere e causare danni, soprattutto alle persone che entrano ed escono ogni giorno dal palazzo – spiega, Marcello Dell’Oglio, custode dello stabile – oltre a costituire un probabile pericolo anche per coloro che passano casualmente tutti i giorni sotto l’albero”.
In effetti, guardando meglio, non si può non notare in particolare l’estensione di un grosso ramo da cui si diramano tanti rami proprio sopra la gabbiola , la postazione blindata da cui era possibile garantire la sicurezza del magistrato 24 ore su 24, oggi presa in carico dal “Rotary Club” che ne ha consentito la sopravvivenza attraverso l’esposizione di opere fatte dai ragazzi del liceo
artistico, e poi ancora di presepi durante il periodo natalizio e di fotografie del magistrato ucciso dalla mafia insieme a quelle della moglie e degli agenti della scorta. Quel grosso ramo tutto proteso verso la struttura a vetri non promette proprio nulla di buono per la evidente precarietà dello stato di salute in cui versa tutto l’albero che, ormai, ha assunto un colore indefinibile…non occorre necessariamente essere agronomi esperti per poterlo capire.
Il problema è che nessuno fino ad ora si è preso concretamente l’incarico di intervenire tempestivamente per curarlo, prima che sia troppo tardi.
Ma partiamo dal momento in cui l’albero, che è di proprietà condominiale, per il valore simbolico che riveste è stato dichiarato dalla Soprintendenza Beni culturali e Ambientali “eccezionale interesse etnoantropologico” e sottoposto a vincolo, di conseguenza la stessa Soprintendenza ha fatto sapere con una nota al condominio, (Prot. n 0004880 del 16 marzo 2023), che “ogni attività che si intende intraprendere circa l’alberatura in oggetto deve essere preventivamente e formalmente comunicata, tramite PEC , alla scrivente Soprintendenza per l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni”. Tenendo conto di tutto ciò la Soprintendenza “alla luce delle numerose segnalazioni per la probabile pericolosità per persone e cose” rappresentato dall’Albero Falcone ha ritenuto necessario che fosse il condominio stesso a farsi carico di trasmettere con “cortese sollecitudine” alla stessa Soprintendenza una relazione tecnica V.T.A. da parte di un agronomo abilitato, in modo da accertare le attuali condizioni biomeccaniche dell’albero, un ficus macrophylla, e “avviare eventualmente tutte le procedure previste dalle linee guida per gli interventi di cura e salvaguardia degli Alberi Monumentali”…. L’ amministratore del condominio, dopo la nota della Soprintendenza richiedente relazione di V.T.A., ha ritenuto a sua volta opportuno rivolgersi all’Ordine dei dottori Agronomi e dei dottori
Forestali, il quale ha risposto attraverso una nota (Prot.n.1974/23 del 10 maggio 2023) scrivendo che l’Ordine non è titolato a redigere autonomamente perizie V.T.A. “essendo tale possibilità riservate a figure professionali abilitate in tal senso”, rendendosi comunque disponibile a fornire un elenco di loro iscritti specializzati in tale ambito… A questo punto l’amministratore del condominio si è rivolto, in via del tutto amichevole , a un esperto in gestione arborea, il dottore Claudio Benanti, uno dei più quotati nel nostro territorio, anche se lui è troppo modesto e non vuole ammetterlo, il quale ci ha riferito che al momento non ritiene opportuno agire da solo per fare una diagnosi dello stato di salute, con relativi costi, dell’albero, e che sarà disposto a farlo solo se affiancato da figure professionali come: architetti e ingegneri… Per Benanti la collocazione dell’albero all’interno di una struttura in cemento richiede anche opinioni di esperti in altri settori.
In pratica la volontà di agire c’è…ma solo attraverso un lavoro di equipe, un lavoro di squadra, come farebbe un chirurgo nei confronti del proprio paziente .Non ci resta che ascoltare la “Fondazione Falcone”, costituita nel dicembre del 92 con l’impegno di promuovere la cultura della legalità. Interpellata, ci ha fatto sapere che le condizioni di salute dell’albero sono già state prese da tempo in considerazione, agendo in tanti modi. Inoltre ci ha riferito, cosa importantissima, che allo stato attuale l’albero è stato dichiarato in sofferenza ma non pericolante, e quindi non in grado di costituire un pericolo. Nel tempo poi è stato fatto un costante monitoraggio, che ha più volte previsto l’intervento per il taglio dei rami più fragili (contrariamente a quanto riferito dal custode dello stabile che lamenta invece una totale assenza di interventi in questo senso negli ultimi due anni). Durante la manifestazione di maggio di quest’anno la Fondazione ha anche parlato pubblicamente della necessità di salvaguardare l’albero con la presenza e pure il coinvolgimento di un importante botanico e saggista italiano, il professore Stefano Mancuso. Anche l’assessore Carta, sempre in occasione della manifestazione, si è impegnato a salvaguardare la salute dell’albero. L’intenzione è quella di alleggerire la struttura in cemento per consentire alle radici dell’albero un più ampio respiro.
Dopo aver sentito “tutte le campane” non ci resta che stare in paziente attesa di un probabile e possibile intervento da parte di qualcuno che finalmente si faccia carico delle condizioni di salute dell’albero, per porre fine alla sofferenza di un essere vivente, (prima ancora di un simbolo), in balia di continui passaggi di “carte bollate”. L’Albero Falcone non rappresenta un semplice albero.
Dopo la strage di Capaci, sono stati affissi spontaneamente nei rami e nel tronco: foglietti con messaggi, lettere e disegni…
Con il tempo è diventato un albero che, oltre a ricordare un grave crimine commesso, ha testimoniato e continua a farlo la reazione umana dei cittadini a quel fatto, il desiderio di riscatto e di legalità dopo un evento che ha segnato non solo la storia della città di Palermo , ma di tutte le città del mondo, attraverso un linguaggio universale. Ecco perché non possiamo permetterci di
perderlo né di sostituirlo nientemeno con un clone, geneticamente identico ma con una storia totalmente diversa.
Dorotea Rizzo
TP24 17.9.2023