L’infiltrato della ‘ndrangheta in Silea: “Faceva assumere affiliati” nella municipalizzata
Lecco, le accuse dei magistrati di Catanzaro nei confronti dell’olginatese Beniamino Bianco, rappresentante legale della partecipata che si occupa dei rifiuti
Era l’infiltrato degli ‘ndranghetisti delle cosche calabresi nella municipalizzata dei rifiuti della provincia di Lecco.
Lo sospettano i magistrati della Procura della Repubblica di Catanzaro, guidati fino a pochi giorni fa da Nicola Gratteri, che la settimana scorsa, nell’ambito della maxi operazione antimafia Karphatos, hanno notificato 52 misure cautelari ad altrettanti indagati, di cui 38 finiti in carcere, 6 ai domiciliari e 8 con obbligo di prestazione agli agenti della polizia giudiziaria. Tra quest’ultimi c’è anche Beniamino Bianco, 58 anni di Oggiono, ex responsabile commerciale e rappresentate legale proprio di Silea, la Spa pubblica dell’immondizia nel Lecchese.
Karpanthos, la municipalizzata di Lecco come «filiale del clan»
Il rappresentante legale della municipalizzata di Lecco, secondo quanto emerso nell’operazione Karpanthos, assumeva uomini vicini alle cosche
I tentacoli arrivavano fino a Lecco. Nella città feudo del boss marcedusano Franco Coco Trovato, un tempo signore della Presila catanzarese e poi divenuto capo della ‘ndrangheta lombarda, i picciotti di Petronà e Cerva si sarebbero avvalsi dell’apporto del presunto concorrente esterno Beniamino Bianco, responsabile tecnico, commerciale e rappresentante legale della società municipalizzata che là gestisce la raccolta dei rifiuti, la Silea (società intercomunale lecchese per l’ecologia e l’ambiente) spa, per ottenere assunzioni.
È appena il caso di rilevare che la richiesta della Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri non è stata accolta dal gip distrettuale di Catanzaro Gabriella Pede che per Bianco non ha inteso adottare misure cautelari, a differenza di altri 52 indagati nell’ambito dell’inchiesta che l’altra notte ha portato alla maxi operazione Karpanthos. Dagli elementi compendiati dall’ufficio di Procura verrebbe fuori che Bianco si sarebbe adoperato per favorire l’assunzione di Stefano Rocca, nipote di Giuseppe Rocca, colui che in un summit svoltosi a Isola Capo Rizzuto qualcuno aveva indicato come il futuro “boss della montagna”, ma anche di altri ritenuti vicini al clan come Claudio Gentile, Vincenzo Marchio, cognato del sorvegliato speciale Vincenzo Antonio Iervasi, ed Edoardo Carpino.
Quest’ultima assunzione non sarebbe andata a buon fine in quanto la società fu raggiunta da un provvedimento di diniego d’iscrizione nell’elenco dei fornitori di beni e prestatori di servizi (la cosiddetta White List) emesso dalla Prefettura di Lecco. Secondo il gip, la condotta di Bianco non avrebbe contribuito a favorire o rafforzare la cosca Carpino in modo “causale”.
Eppure, risulta alla Dda catanzarese, Bianco, alla guida della società composta da Comuni della provincia lecchese con quota di maggioranza per quello del capoluogo, avrebbe frequentazioni con personaggi di spicco delle cosche calabresi. Nelle carte dell’inchiesta sono confluiti elementi d’indagine della Guardia di finanza di Lecco secondo cui Bianco sarebbe vicino ad ambienti della criminalità organizzata.
Sotto la lente erano finiti i suoi «rapporti personali e di carattere economico-finanziario» con una figlia di Luigi Alcaro, pluripregiudcato condannato nel processo Oversize, e con la sorella del noto boss Franco Coco Trovato, vertice indiscusso dell’omonimo clan stanziato a Lecco e sottoposto al 41 bis. La figlia di Alcaro è la compagna del Marchio assunto alla Silea. Lo stesso Marchio era stato arrestato nel febbraio 2021 con l’accusa di essere stato promotore e organizzatore di un’associazione mafiosa dedita ad estorsioni (operazione “Cardine”) ed è figlio del più noto Pierino, affiliato di spicco della cosca Coco Trovato già condannato nel processo Oversize.
Non a caso, sempre secondo quanto ricostruito nella dettagliata informativa dei finanzieri di Lecco, Bianco era stato notato al funerale di Pino Trovato, fratello del capocosca, e si intrattenne a parlare con vari pregiudicati, tra i quali colui che secondo vari collaboratori di giustizia è l’uomo di fiducia del boss, Palmerino Sacco. Per la Dda catanzarese, quella partecipazione al funerale sarebbe stata un “segno di solidarietà” in favore del clan. Ma, soprattutto, assecondando le richieste di assunzioni di uomini vicini al clan, secondo gli inquirenti, Bianco avrebbe trasformato la municipalizzata (di cui oggi è dipendente e non più rappresentante legale) del Comune di Lecco in una «succursale al Nord delle cosche della Presila catanzarese».
Insomma, Bianco sarebbe stato «uno strumento a disposizione degli associati per l’assunzione di persone a loro vicine». Sarebbe stato Giuseppe Rocca a contattarlo per far assumere il nipote Stefano e Edoardo Carpino. «Appena c’è il posto lo assume», diceva, parlando alla propria convivente, Rocca, che in un altro brano intercettato lamentava che per l’assunzione del nipote Stefano era passato un anno ma che sarebbe passato meno tempo per reclutare Carpino tra i dipendenti della Silea,e quindi annunciava che voleva invitare Bianco al ristorante o a «mangiare qua». Mentre Gentile, già assunto, esultava per il Covid da sfruttare a fin di lucro. «Allora… se entra un’altra volta il lockdown, le persone vanno in ospedale… speriamo che non vadano…non noi… il lavoro c’è… ma si triplica». E Rocca: «Lo so che voi dovete raccogliere tutte le cose dagli ospedali». QUOTIDIANO DEL SUD 26.9.2023
La ‘ndrangheta in Silea, gli infiltrati nella Spa agitano il Comune: “Vogliamo sapere”
Il caso della municipalizzata di Lecco finita fra le carte dell’operazione Karphatos. Al Municipio di Lecco si chiede la convocazione d’urgenza dei componenti della Commissione speciale Antimafia
Infiltrazioni ‘ndranghetiste in Silea. La Lega chiede di convocare la Commissione Anti-mafia
L’operazione Karphatos, condotta dal procuratore Nicola Gratteri della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha coinvolto il lecchese
LECCO – Il consigliere comunale di Lecco della Lega, Stefano Parolari, membro pro tempore della commissione Anti Mafia, questa mattina ha chiesto formalmente al presidente del Consiglio comunale Roberto Nigriello di attivarsi per la convocazione della suddetta commissione.“L’operazione Karphatos, condotta dal procuratore Nicola Gratteri della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha coinvolto il territorio lecchese come emerso nei giorni scorsi da vari articoli di stampa. La società Silea, gestore del servizio di raccolta rifiuti e di altri servizi per il comune di Lecco e molti municipi della Provincia di Lecco, è oggetto di indagine come luogo di infiltrazione di ‘ndrangheta”. Parolari ritiene che “la commissione debba avere come relatori i rappresentanti di Silea, di cui il Sindaco pro tempore del nostro comune risulta essere Presidente del Consiglio di rappresentanza o Assemblea dei Sindaci”.
Siamo in fase d’indagine e non di condanna sottolinea Parolari e precisa che “il consiglio comunale deve obbligatoriamente informarsi e essere informato”. La richiesta di convocazione della commissione Anti Mafia “non ha scopo di battaglia politica”, ma di tutela delle istituzioni.
L’indagine
L’indagine Karpathos si è snodata da Petronà e Cervia, in Calabria, a Genova, Torino e Lecco. Nell’elenco degli indagati ci sono Beniamino Bianco di Oggiono, ex dipendente di Silea; Danilo Monti (già in carcere) e Claudio Gentile.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro – impegnati nell’operazione antimafia coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata dal Procuratore Nicola Gratteri, con l’impiego di oltre 400 militari – hanno eseguito su tutto il territorio nazionale un’ordinanza cautelare nei confronti di 52 soggetti (38 in carcere, 6 ai domiciliari e 8 con obbligo di presentazione alla P.G.), sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi di associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti caratterizzate dalla disponibilità di armi, nonché di estorsione, rapina a mano armata, ricettazione, riciclaggio e intestazione fittizia di beni, anche aggravati dalle modalità e finalità mafiose.
‘Ndrangheta, Silea chiarisce: “Vicende risolte davanti al Tribunale”
“Nel 2021, dopo la comunicazione della Prefettura riguardo il coinvolgimento di alcuni dipendenti, sono scattate le regolari procedure di licenziamento”
A seguito delle recenti notizie di stampa, in alcuni casi errate e fuorvianti, in merito al coinvolgimento di ex dipendenti di Silea Spa nelle recenti inchieste antimafia si ritiene utile ribadire quanto segue, al fine di una corretta informazione e adeguata ricostruzione delle diverse azioni messe in atto dall’azienda per contrastare ogni possibile illecito.
Silea ribadisce di aver sempre agito nell’interesse dei Comuni soci e della collettività locale, nella consapevolezza del proprio ruolo di società pubblica al servizio del territorio.
La ricostruzione
A fronte della routinaria procedura di certificazione rilasciata dalla Prefettura di Lecco su richiesta di Silea (la cosiddetta “white list”), nel marzo 2021 la stessa Prefettura segnalava la presenza all’interno dell’azienda di alcuni dipendenti vicini agli ambienti della criminalità calabrese operante nel territorio lecchese. L’informativa faceva riferimento a comportamenti e frequentazioni che avvenivano al di fuori dell’attività lavorativa e aziendale. Prima di allora, mai nessuna segnalazione o altro tipo di comunicazione in tal senso era stata portata all’attenzione di Silea, da parte degli organi giudiziari o dalle forze dell’ordine. Appena ricevuta tale comunicazione Silea si è immediatamente attivata per recidere qualsiasi rischio (anche solo potenziale) di infiltrazione mafiosa, attivando le procedure di licenziamento per i dipendenti segnalati dalla Prefettura. A differenza di quanto erroneamente riportato da alcuni media, Silea non ha dunque richiesto agli ex dipendenti di “rassegnare le dimissioni in cambio di una lauta buonuscita”: le vicende si sono infatti risolte davanti al Tribunale di Lecco.
Percorso di cambiamento
Negli ultimi anni, la società ha avviato un percorso di radicale cambiamento, riposizionando la propria missione strategica nel settore dell’economia circolare e accreditandosi come esempio di azienda virtuosa e innovativa a livello regionale e nazionale. Gli sforzi degli oltre cento dipendenti attualmente in forza all’azienda sono costantemente orientati a far bene il proprio lavoro, su tanti fronti, con orgoglio e attaccamento alla nostra comunità. Abbiamo la certezza di operare quotidianamente avendo come costante riferimento il rispetto delle norme e l’idea di essere a servizio delle istituzioni. Di essere una risorsa del territorio. Nel corso della sua storia, Silea non è mai stata coinvolta in procedimenti legati alla gestione del ciclo dei rifiuti, settore notoriamente suscettibile di fatti di rilevanza penale. Riteniamo che la nostra struttura di governance “multilivello” (Consiglio di Amministrazione; Collegio sindacale; revisori dei Conti; Organismo di Vigilanza; Responsabile anticorruzione; Comitato ristretto dei soci; Assemblea intercomunale; Assemblea dei soci) garantisca la massima condivisione delle scelte societarie e un efficace modello di controllo.
Adottato il “Codice antimafia”
I fatti del 2021, a fronte dei quali in ogni caso abbiamo prontamente reagito con azioni drastiche, ci sono serviti per rinforzarci e migliorare ulteriormente. Oltre ai licenziamenti, nel 2021 abbiamo adottato un “Codice Antimafia” – uno strumento del quale sono dotate pochissime realtà a livello nazionale – che prevede, tra l’altro, diverse forme di coordinamento con la Prefettura. Sul fronte delle vicende giudiziarie degli ultimi giorni, le uniche informazioni delle quali disponiamo sono quelle che apprendiamo dalla stampa. Siamo convinti del nostro operato, e – come sempre fatto e come più volte riconosciuto – continueremo a essere a disposizione delle forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria, per rinforzare il fronte del contrasto alla criminalità organizzata nel nostro territorio, in tutte le sue forme.
Silea Spa