Il 59enne lavorava in una Rsa milanese benché già condannato per droga. È figlio di Peppe Morabito, storico capomafia di Africo. Era al vertice di un’organizzazione, 18 arresti
Era Giovanni Morabito, 59 anni, medico in una Rsa milanese benché già condannato per droga, e figlio del boss 89enne Peppe Morabito, detto ‘u tiradritto, storico capomafia di Africo in provincia di Reggio Calabria, alla guida dell’organizzazione che lucrava sui fondi Covid e sul bonus 110 per le ristrutturazioni.
Morabito è stato catturato all’alba di martedì 24 ottobre in un’inchiesta antimafia coordinata dalla Dda di Milano e dai magistrati Alessandra Dolci, Paola Biondolillo e Sara Ombra. Ad eseguire i sette arresti in carcere, i quattro ai domiciliari, le tre misure dell’obbligo di dimora e le quattro dell’obbligo di firma sono stati i carabinieri di Monza, gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Milano e gli agenti della polizia penitenziaria.
L’indagine è iniziata nel 2019 e coinvolge uomini della potente cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti attivi in Lombardia. Nell’inchiesta sono stati individuati due diversi filoni: uno si occupava di droga, mentre il secondo lavorava soprattutto sulle operazioni finanziarie e sulle truffe ai danni dello Stato grazie a professionisti che si erano messi a disposizione della cosca. Il centro era un ufficio in via Vittor Pisani, vicino alla stazione Centrale. Il sistema spaziava dalle false fatture ottenute attraverso società cartiere, fino alla creazione di false polizze fideiussorie e alla commercializzazione di falsi crediti di imposta «Ricerca e sviluppo» che venivano poi ceduti a terzi.
Gli inquirenti hanno però documentato anche l’organizzazione di una truffa aggravata ai danni dello Stato grazie all’erogazione dei fondi di sostegno all’imprese durante la pandemia Covid. Un giro da 2 milioni di euro, ma i fondi sono stati bloccati dagli investigatori prima di essere erogati I soldi del gruppo venivano poi investiti attraverso altre società che operavano nel campo edile, sempre considerate vicine ad affiliati alla ndrangheta, che sfruttavano i benefici dell’ecobonus.
Morabito, nato a Melito di Porto Salvo il 27 novembre 1963 risulta laureato in medicina e chirurgia nel ’90 all’Università di Messina. È iscritto all’ordine dei medici della provincia di Reggio Calabria. La statura criminale di Morabito era tale che, in caso di questioni che sorgevano fra gruppi di spacciatori, interveniva lui personalmente per dirimere eventuali contrasti. «Il territorio è nostro, non puoi venire a casa mia a fare come ti pare» era il tono dei suoi discorsi, intercettati dagli investigatori dei carabinieri di Monza. La presenza di Morabito viene registrata anche nel capannone di Paderno Dugnano al centro dei traffici di droga. È questo il luogo da cui sono partite le indagini nel 2019: un’autofficina utilizzata come deposito e centro di smistamento della sostanza, nonché luogo di riunioni fra trafficanti.
Il gruppo, secondo gli investigatori, s’è avvalso anche della «partnership» di un funzionario all’epoca al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per conseguire in modo illecito i finanziamenti previsti dalle norme in tema di ecobonus. Come si legge nell’ordinanza, il sodalizio, vicino alla
cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti, per ottenere in modo illegale i benefici previsti dalle agevolazioni fiscali si sarebbe servito delle «competenze professionali» e della loro «rete di contatti». Avrebbero sfruttato le conoscenze in materia di imprenditori e pubblici funzionari come l’allora
funzionario amministrativo contabile in servizio presso la
Divisione Bilancio e Contabilità Generale della Direzione Generale del Personale e degli Affari Generali del Mit, il quale al momento non risulta essere indagato.
diCesare Giuzzi e Federico Berni 24.10.2023 CORRIERE DELLA SERA