Piero Franco Angeloni: Gardini non sapeva come uscire dal legame con Cosa nostra

Borsellino e le ombre sulla uccisione

Mafia siciliana a Massa Carrara, cosa lega  la strage di via d’Amelio e le cave di marmo?

L’ipotesi viene lanciata da Salvo Sottile nella  trasmissione ‘Far West’ di Salvo Sottile, in onda su Rai 3, che ha citato anche alcuni nostri ampi servizi pubblicati tra dicembre 2016 e marzo 2017 a firma di Luca Cecconi.  
La morte dell’amatissimo Borsellino che cercava di portare avanti il lavoro di Falcone, potrebbe essere stata determinata dal suo intuito e forse anche dal lavoro di Falcone sugli appalti al Nord.
E quindi andiamo a capire l’importanza di Massa Carrara e le infiltrazioni nel gruppo Ferruzzi, di cui ricordiamo la morte di Raoul Gardini.

Gardini si è suicidato forse per aver capito e non essere riuscito a uscirne?
Nella trasmissione si evidenziano vecchi rapporti tra i fratelli Buscemi, Totò Riina e alla Calcestruzzi di Raul Gardini.
Nella trasmissione si parla della  Imeg, industria marmi e graniti, e la Sam società apuana marmi. “Dopo quei cambiamenti abbiamo notato gente nuova al lavoro – racconta Marco Mussi, ex lavoratore – e dopo abbiamo saputo che venivano tutti dalla Sicilia. Giravano nello stabilimento ma non si capiva chi fossero”. Facendo un passo indietro, l’acquisizione delle due società avviene da parte della Calcestruzzi, nell’orbita del gigantesco Gruppo Ferruzzi e guidata da Raul Gardini, noto capitano d’industria trovato morto nella sua abitazione nel 1993. La Procura di Massa indagò, col pm Augusto Lama, intorno alle due società del lapideo, che da sole rappresentavano oltre il 50 per cento delle cave. “La Calcestruzzi era a sua volta nella società Generali impianti di Palermo – spiega Lama – che faceva capo ai fratelli Buscemi, che erano uomini di Salvatore Riina, eravamo nel cuore di Cosa Nostra.
Nel quadro di indagine, una delle due società, la Sam, aveva come amministratore delegato il cognato di Antonino Buscemi”.
Un uomo dei clan siciliani imposto per fare gli interessi e riciclare i soldi al Nord.
Sul territorio di Massa c’è chi ha indagato, come riportano documenti della Camera dei Deputati, su cui si è sorvolato..
Le indagini erano partite dal “procuratore della Repubblica di nome Augusto Lama era riuscito a dimostrare le cointeressenze dirette tra società del gruppo Ferruzzi e della famiglia Buscemi, soprattutto di Salvatore e Nino Buscemi, Bonura, tutti soggetti appartenenti al mandamento di Passo di Rigano”.
Dopo tanti anni riemergono notizie del depistaggio di via D’Amelio “grazie ai brogliacci delle intercettazioni in quel di San Bartolomeo a Mare del dicembre 1994-95, recuperate nel 2019, siamo riusciti in qualche modo a meglio configurare le condotte di uno degli imputati. Distruggere i brogliacci di intercettazioni nell’ambito di un procedimento proveniente da Massa Carrara” è stato uno dei tanti atti a dimostrazione di quanto fossero potenti certe famiglie in Sicilia.
Piero Franco Angeloni, ex finanziere oggi in pensione viene intervistato e in trasmissione rivela: 
“Imeg e Sam erano nel gruppo Ferruzzi e gestiva tutto il cognato di Buscemi – ribadisce Angeloni – e io a suo tempo feci 28 bobine di intercettazioni, mandandole alla Procura di Palermo. Abbiamo saputo che le intercettazioni sono state smagnetizzate e che di quelle indagini non vi è rimasta traccia”
Il povero Borsellino da noi tutti osannato, sapeva di avere le ore contate e venne a sapere casualmente del tritolo arrivato per la sua fine.
Gli allarmi c’erano eppure è finita come sappiamo: il generale Subranni dice: «Trasmetto a lei, procuratore della Repubblica dottor Giammanco, tale informativa attinta da fonti carcerarie, secondo cui è arrivato il tritolo per Paolo.
Borsellino, perché lei, quale responsabile, attivi quello che deve attivare per un rafforzamento della tutela, quello che volete insomma».
La notizia gli arrivò casualmente durante  un convegno di Magistratura indipendente. Incontra l’onorevole Andò. L’onorevole Andò incontra Borsellino e gli fa:
«Dottore, mi scusi, cosa pensa, c’è da preoccuparsi?» «Ma di cosa?» «Come di cosa? Guardi, dall’ufficio del Ministero hanno avuto l’informativa di Subranni che indicava me come possibile obiettivo di un attentato e io ho avuto rafforzata la scorta, il livello delle misure di sicurezza nei miei confronti si è notevolmente innalzato». Paolo Borsellino trasalì.
Lo sfogo di Borsellino non si fece attendere:
«Perfetto, vedi che bel procuratore che ho. Amico di D’Acquisto, amico di Lima».
Borsellino aveva capito che la Mafia aveva appoggi non da poco nella politica siciliana ma anche e soprattutto romana.
Non c’è un verbale in ben 19 sentenze, in 19 dibattimenti durati anni – anni! – in cui un magistrato della procura chieda conto e ragione di questo a Giammanco. Non è normale. Non è normale.
Misteri su misteri come  il fax dalla procura della Repubblica di Firenze del dottor Vigna, con cui si dice: «Gaspare Mutolo ha parlato con me per fatti legati a un traffico di stupefacenti avvenuto nel mio territorio, ora ha deciso di saltare il fosso e di cominciare a parlare”.

La rabbia di Borsellino con Giammanco:

FABIO TRIZZINO, legale di Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino” Allora dico solo questo particolare perché è molto importante. Noi sappiamo da Agnese Borsellino che il dottor Borsellino fu talmente duro nel confronto con il dottor Giammanco che sbattè il pugno sulla scrivania e si fece male”.
Borsellino tanto osteggiato, dice: «Io non voglio fare lo specchio per le allodole per nessuno, qua o entro come titolare del fascicolo o non entro».
E’ il clima di odio nei suoi confronti dai suoi vertici e che tuttora presenta ombre e ci vollero anni per sentire la famiglia di Paolo, come afferma alla Camera Lucia Borsellino:
“Per quanto riguarda la mia persona, sono stata convocata per la prima volta solo a partire dal 19 ottobre 2015 nell’ambito del processo cosiddetto «Borsellino quater», cui è seguita poi un’altra audizione il 14 luglio 2016, sempre nell’ambito dello stesso processo, per poi il 3 dicembre 2018 ritornare in aula insieme con mio fratello Manfredi nell’ambito del processo cosiddetto «Depistaggio» contro gli ex poliziotti Mario Bo ed altri afferenti al nucleo investigativo denominato «Falcone e Borsellino». Prima di allora soltanto mia madre è stata sentita nel marzo del 1995, eravamo ancora al processo «Borsellino 1», e successivamente nell’agosto 2009 e, se non vado errata, nel gennaio del 2010.”.
In conclusione la tesi di Sottile riguarda i rapporti tra Mafia, Stato e appalti sui cui stava lavorando anche Di Pietro che si era incontrato con Borsellino.
Resta la tristezza dei famigliari, di coloro che sono stati vicini a Borsellino e come dice il finanziere Angeloni
“Quando vennero gli ispettori da Roma – racconta l’ex finanziere – ci dissero che non avrebbero dovuto bloccarci, uno di loro si fece sfuggire che era tutta questione di politica. Nella morte di Gardini ’tangentopoli’ a mio avviso non c’entra niente; lui non sapeva come uscire dal legame mafioso dei fratelli Buscemi, dei corleonesi e di Riina”.
Intrecci pericolosi su cui chi indagava o moriva o gli venivano tolte le indagini, nel caso migliore. Giuseppe Criseo 29 Novembre 2023 QUOTIDIANO D’ITALIA


 

Cave e mafia, il filo sottile . Torna alla ribalta di Rai Tre l’inchiesta sulla Calcestruzzi

 

Salvo Sottile a Far west riprende le interviste pubblicate dal nostro giornale sta nel 2016 sul legame fra criminalità organizzata ed escavazione. Un reportage che coinvolse nomi eccellenti .

Cave e mafia, il filo sottile . Torna alla ribalta di Rai Tre l’inchiesta sulla Calcestruzzi

Un filo invisibile che legava la strage di via d’Amelio e le cave di marmo. Con questo incipit lunedì sera si è aperta l’inchiesta della trasmissione ‘Far West’ di Salvo Sottile, in onda su Rai 3, che ha citato anche alcuni nostri ampi servizi pubblicati tra dicembre 2016 e marzo 2017 a firma di Luca Cecconi. Partendo dalla strage di via D’Amelio che causò la morte del giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, si è finiti sulle Alpi Apuane, su due società operanti in cava, legate in qualche modo ai fratelli Buscemi, Totò Riina e alla Calcestruzzi di Raul Gardini. La domanda della trasmissione, basata sul racconto dell’allora pm Augusto Lama e dell’ex finanziere Piero Franco Angeloni, è se vi fossero infiltrazioni mafiose nelle cave di marmo.
Tutto inizia alla fine degli anni Ottanta, quando alcune società di estrazione di marmo vengono privatizzate.
Nel documento mostrato da ‘Far West’ le due società sono la Imeg, industria marmi e graniti, e la Sam società apuana marmi. “Dopo quei cambiamenti abbiamo notato gente nuova al lavoro – racconta Marco Mussi, ex lavoratore – e dopo abbiamo saputo che venivano tutti dalla Sicilia.
Giravano nello stabilimento ma non si capiva chi fossero”. Facendo un passo indietro, l’acquisizione delle due società avviene da parte della Calcestruzzi, nell’orbita del gigantesco Gruppo Ferruzzi e guidata da Raul Gardini, noto capitano d’industria trovato morto nella sua abitazione nel 1993.
La Procura di Massa indagò, col pm Augusto Lama, intorno alle due società del lapideo, che da sole rappresentavano oltre il 50 per cento delle cave.
“La Calcestruzzi era a sua volta nella società Generali impianti di Palermo – spiega Lama – che faceva capo ai fratelli Buscemi, che erano uomini di Salvatore Riina, eravamo nel cuore di Cosa Nostra.

Nel quadro di indagine, una delle due società, la Sam, aveva come amministratore delegato il cognato di Antonino Buscemi”.
A fare ulteriore chiarezza nella ricostruzione sul rapporto tra mafie e il mondo delle cave, si aggiunge anche la testimonianza di Piero Franco Angeloni, ex finanziere oggi in pensione. “Imeg e Sam erano nel gruppo Ferruzzi e gestiva tutto il cognato di Buscemi – ribadisce Angeloni – e io a suo tempo feci 28 bobine di intercettazioni, mandandole alla Procura di Palermo.
Abbiamo saputo che le intercettazioni sono state smagnetizzate e che di quelle indagini non vi è rimasta traccia”. Il 25 giugno 1992, la Procura di Palermo ordina la smagnetizzazione dei nastri dell’intercettazione e la distruzione delle trascrizioni.
Nel frattempo, anche Augusto Lama si mosse con una sua indagine, chiedendo approfondimenti alla Procura di Palermo. “Decisi di emettere decreti di perquisizione locale – aggiunge Lama – e iniziarono una serie di polemiche furibonde nei miei confronti. L’allora Ministro della Giustizia, Claudio Martelli, aprì una sua indagine e io dovetti astenermi, con la mia indagine che mi fu tolta.
Ho saputo che il Procuratore di Palermo ha archiviato”.
In chiusura del reportage, Angeloni ammette il suo grande rammarico per l’intera vicenda, aggiungendo anche una personale interpretazione sul suicidio di Raul Gardini.
“Quando vennero gli ispettori da Roma – racconta l’ex finanziere – ci dissero che non avrebbero dovuto bloccarci, uno di loro si fece sfuggire che era tutta questione di politica.
Nella morte di Gardini ’tangentopoli’ a mio avviso non c’entra niente; lui non sapeva come uscire dal legame mafioso dei fratelli Buscemi, dei corleonesi e di Riina”. 29.11.2023 LA NAZIONE

 

 

Piero Franco Angeloni nato nel 1956 vive a Massa (MS) con la moglie e due figli adulti. Ha frequentato il liceo classico S. Caterina di Pisa e l’Istituto Magistrale di Massa. Maresciallo della guardia di finanza, ha trascorso la propria vita al servizio dei cittadini e delle istituzioni. Arruolato nella guardia di finanza nel 1975, dove ha partecipato al corso allievi finanzieri della Scuola Alpina di Predazzo, successivamente ha vinto il concorso per la scuola sottufficiali della gdf ed ha trascorso un biennio accademico a Lido di Ostia (Roma). In 30 anni di carriera ha prestato servizio d’istituto lavorando con la Magistratura Inquirente Apuana (Massa Carrara), e con altre Magistrature Italiane, vedi Milano, Palermo, Firenze. Ha espletato per circa 3 anni anche il servizio