AUDIO deposizione al Borsellino Quater
(…) “Qualsiasi cosa potra’ accadere, digli a tuo padre, che al mille per mille siamo coperti”.
E’ la frase che Filippo Graviano riferi’, nel corso di un incontro a Vito Gatatolo, poco dopo la strage di Capaci, secondo quanto ha sostenuto questa mattina, lo stesso Galato, neo collaboratore di giustizia, deponendo al processo “Borsellino quater” in corso davanti la Corte d’Assise di Caltanissetta.
A fare incontrare Graviano e Galatolo, che all’epoca era uomo d’onore della famiglia mafiosa palermitana dell’Acquasanta e figlio del boss Vincenzo, fu Vittorio Tutino, imputato nel processo.
L’incontro si svolse nell’abitazione di Graviano, in via Conte Federico. Il neo collaboratore ha anche detto che il padre Vincenzo si arrabbio’ nell’apprendere di questo suo incontro con Graviano. “Tu non devi uscire dalla nostra borgata, devi stare fuori da Cosa nostra”, lo redargui’. Galatolo ha anche sottolineato che i rapporti della sua famiglia con i Madonia “erano bellissimi. Mangiavamo sempre insieme. E’ da dove abitavamo noi, a Fondo Pipitone, che e’ partita la guerra di mafia”.
“I servizi segreti non parteciparono alla strage di via d’Amelio”. A sostenerlo e’ stato Vito Galatolo, neo collaboratore di giustizia ,deponendo a Caltanissetta, collegato in video-conferenza, al processo Borsellino quater.
“So che Cosa nostra manteneva dei rapporti con i servizi, ma non mi risulta -ha detto l’ex boss palermitano dell’Acquasanta- che abbiano preso parte alla strage di via d’Amelio. Era risaputo che frequentavano il castello Utveggio”, ex hotel su Monte Pellegrino, sovrastante via D’Amelio.
“Arnaldo La Barbera, capo della Squadra Mobile di Palermo nel periodo delle stragi, era sul libro paga dei Madonia”. Lo ha sostenuto il neo collaboratore di giustizia, Vito Galatolo, deponendo a Caltanissetta al “Borsellino quater”.
In aula, Galatolo ha affermato che la circostanza gli fu riferita prima del dicembre del ’91 da suo zio, Giuseppe Galatolo, che all’epoca era ai domiciliari. “Piu’ volte La Barbera (deceduto da alcuni anni, ndr) e’ stato visto nella zona di via d’Amelio. E’ un particolare che spesso era oggetto di discussione con i Madonia”, ha dichiarato Galatolo, e ha detto ancora che Gaetano Scotto, boss dell’Arenella, era in contatto con i servizi segreti, che avevano un ufficio al Castello Utveggio.
L’ex boss dell’Acquasanta ha parlato anche di un’attivita’ di posteggiatori che la sua famiglia gestiva nella zona in cui si verifico’ la strage di via D’Amelio. “Tutino, dopo Capaci, ci invitava a non frequentare quella zona, ma non sapevamo perche’”, ha dichiarato Galatolo, secondo cui suo suo padre, all’epoca della strage di via d’Amelio era detenuto all’Asinara e si arrabbio’ per l’attentato contro il giudice Borsellino. “A chi dobbiamo ringraziare, mi disse, per questo regalo?”, ha affermato Galatolo.
da LA SPIA