Dall’ex triangolo industriale del Nord ovest al ricco Nord est, non c’è regione dove non sia stata documentata la colonizzazione economica e criminale della ‘ndrangheta.
«Le inchieste sinora concluse – evidenzia la Dia – hanno consentito di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige».
Negli ultimi 25 anni si sono intensificati gli sforzi delle procure antimafia per reprimere un fenomeno che per molti anni era stato negato o, nella migliore delle ipotesi, sottovalutato.
Un lavoro complicato, ma che ha permesso di infliggere danni alle strutture criminali calabresi.
Colpi, però, che non sono mai stati risolutivi, non avendone minato le capacità di rinascita, come ha sottolineato dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Alessandra Dolci: «La consistenza di molti gruppi è stata indebolita o annullata dall’azione di contrasto – ha spiegato – ma il particolare dinamismo li rende particolarmente sfuggenti agli incessanti tentativi di ridimensionamento sul piano operativo». Nonostante la dura repressione, dopo ogni colpo inferto, le ‘ndrine si inabissano per poi ripartire alla conquista di pezzi di territorio e fette di mercato, intessendo legami con imprenditori e politici.
Una tesi sposata dalla Direzione investigativa antimafia che nell’ultima relazione al Parlamento, parlando per esempio di Piemonte e Valle d’Aosta, scrive che «seppur negli ultimi anni seriamente colpita con numerosi arresti e condanne, (la ‘ndrangheta, ndr) continua a mantenere inalterato il potere dimostrando grande dinamismo e assoluta capacità di rigenerarsi, permettendo l’affermazione di “leader” nelle nuove generazioni e attuando, talvolta, un modus operandi silente che le consente di penetrare nella realtà socio-economica regionale senza destare particolari attenzioni».
Una presenza criminale costante e silente, che ha smesso di sparare anche al Nord, mimetizzandosi e continuando a fare affari. «Dal 2010 – ribadisce il procuratore aggiunto Dolci – non abbiamo omicidi di ‘ndrangheta, hanno cambiato strategia.
Le contestazioni riguardano reati di natura economica e finanziaria …(omissis)…
La ‘ndrangheta fornisce una serie di servizi a prezzi fuori mercato». La crisi economica e la pandemia non hanno fatto altro che peggiorare questa situazione, portando nelle spire delle cosche imprenditori in difficoltà.
«Dall’attenta lettura dei segnali emersi dall’analisi del macro-fenomeno mafioso negli anni… -scrive la Dia – si deve ritenere che la ‘ndrangheta, più delle altre consorterie criminali mafiose autoctone, si sia insinuata nel tessuto socio-economico radicandosi e intessendo sempre più consolidati rapporti con la sfera produttivo-economica, nonché preoccupanti sinergie con cellule organizzate di altre matrici criminali».
Quest’ultima è la tesi sostenuta dalla Dda di Milano che, nell’ultima operazione eseguita alla fine dello scorso ottobre, ha ipotizzato l’esistenza di una sorta di consorzio del crimine formato da ‘ndrangheta, Cosa nostra e camorra in Lombardia. Un’ipotesi che non è stata non accolta dal gip distrettuale. La Dda meneghina è ricorsa al Tdl. In attesa del responso, resta un punto fermo il potere assunto dalla ‘ndrangheta a Milano e in Lombardia, regione che conta decine di locali formatesi a partire dalla prima infiltrazione degli anni ‘50 del secolo scorso, soprattutto ad opera della cosche della Locride. L’operazione “Infinito” del 2010 rese evidente la capillarità con cui le ‘ndrine si fossero installate e divise pezzi di territorio delle province lombarde. «Il problema del radicamento della ‘ndrangheta è la questione etica e la connivenza degli imprenditori. Alle spalle c’è un professionista che mette le sue capacità al loro servizio».
In un periodo di crisi economica e di grandi appalti, Dda e forze di polizia hanno lanciato l’allarme sugli ingenti fondi pubblici che stanno giungendo e che saranno stanziati nei prossimi mesi: dal Pnrr alle opere già in corso di realizzazione per le “Olimpiadi Milano-Cortina 2026”. Una situazione analoga si trova anche a Torino e nelle province piemontesi. Una costante che, insieme a quella della facilità di rigenerazione delle cosche calabresi, rende maledettamente complicato il lavoro di investigatori e inquirenti.
Francesco Altomonte 31