Il presidente della Repubblica esprime i suoi timori dopo gli ultimi episodi. E il Pd incalza il ministro Nordio: “Deve riferire al più presto davanti alle Camere”. A poche ore dalla diffusione del video del pestaggio di un anno fa nel carcere di Reggio Emilia, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna sulla questione a lui cara dei detenuti e riceve al Quirinale il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Felice Maurizio d’Ettore dicendosi “preoccupato”. Nello stesso tempo Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, chiede al governo di riferire alle Camere.
Il Capo dello Stato insiste, convinto che la violenza sia conseguenza diretta del sovraffollamento degli istituti penitenziari, emergenza su cui è già più volte intervenuto. Solo dieci giorni fa aveva cercato il capo del Dipartimento d’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo per chiedergli conto del numero elevatissimo di suicidi in carcere e metterlo in guardia del fatto che continuando di quel passo si sarebbe entrati in contrasto con la Cedu, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Il problema è numerico, ma soprattutto politico. La capienza massima delle carceri italiane sarebbe di 51.347 persone, eppure, in questo momento, i detenuti sono 60.367. Novemila persone “di troppo” che provocano un inevitabile peggioramento delle condizioni di vita in cella per tutti. E il primo effetto tangibile di questo peggioramento nelle condizioni fisiche e psicologiche è anche quello dal sapore più amaro: 15 suicidi dall’inizio di questo 2024. Il ritmo, impressionante, è di uno ogni due giorni. Un problema già condannato una primissima volta dalla Cedu nel 2009 e su cui il Presidente della Repubblica è deciso a tenere sotto i riflettori.
Tra il 2010 e il 2015 si era assistito a un significativo miglioramento dei numeri dei detenuti, e non è un caso che fosse contestualmente calata anche l’incidenza della violenza all’interno delle carceri, compreso il tasso di suicidi. Poi tutto è rapidamente tornato a peggiorare. Ora il governo è chiamato a trovare delle soluzioni. La via più facile e rapida porterebbe alla depenalizzazione dei reati minori, di cui però il governo di destra-centro non vuole sentire parlare. Si pensa allora piuttosto alla costruzione di nuove strutture carcerarie, ma i tempi per questo genere di intervento sono molto lunghi e i costi sono alti. In mezzo c’è il ministero della Giustizia, che prova a tracciare come può una direzione, aumentando ulteriormente l’utilizzo di pene alternative al carcere laddove è possibile e lavorando anche di fantasia, se possibile, come nel caso del primo progetto pilota, a Grosseto, per riutilizzare una caserma dismessa e trasformarla in istituto penitenziario. di Federico Capurso La Stampa, 10 febbraio 2024