Alla sbarra tre poliziotti, il funzionario Mario Bo’ e gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di avere imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino. La figlia del giudice: “Si spieghi cosa cosa è successo, quale era il clima, da chi probabilmente hanno ricevuto gli ordini”
Tre poliziotti accusati di concorso in depistaggio e una verità, che dal 1992 a oggi, ancora non c’è. Oggi a Caltanissetta l’udienza preliminare del processo a carico dei tre agenti – il funzionario Mario Bo’ e gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo – che avrebbero imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino nelle indagini sulla strage in cui furono assassinati Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Il gup Graziella Luparello ha ammesso come parti civile la famiglia Borsellino.
Presente in aula Fiammetta, la figlia del giudice Paolo. Durante una pausa, ha avvicinato due dei tre poliziotti, scambiando qualche parola con loro. “Ho chiesto di dare un contributo di onestà – ha detto – considerata l’evidenza delle loro posizioni e che sono stati sicuramente dei protagonisti fondamentali di questa amara vicenda. In questa storia ognuno di noi c’è dentro fino al collo e quindi l’auspicio è poter dare un contributo di onestà per spiegare veramente cosa cosa è successo, quale era il clima, da chi probabilmente hanno ricevuto gli ordini”.
“Provo solo tanta tristezza nel vedere uomini dello Stato sfiorati dal solo sospetto di aver depistato le indagini sulla strage di via d’Amelio. Lo Stato in questa udienza non si è costituito parte civile. Questo mi amareggia molto. Sicuramente questa assenza non è un segnale che si può leggere positivamente. Sarebbe interessante chiedere al presidente del Consiglio, ai vertici dello Stato, il perchè di questa assenza Esprimo solidarietà – ha proseguito Fiammetta Borsellino – nei confronti di una procura che si sta impegnando a sciogliere un nodo enorme sulla mancata verità di via d’Amelio, un nodo compromesso dall’attività depistatoria. Questa Procura con enormi difficoltà sta cercando di fare luce anche su procure precedenti. Questi poliziotti non hanno agito da soli, ma sotto la direzione, il controllo e la supervisione di magistrati e di pubblici ministeri. Ho fiducia nel percorso intrapreso. Sono cosciente che dopo tanti anni raggiungere una verità, è veramente difficile ma sono convinta nel valore del percorso che puo’ portare dei barlumi di luce”. La figlia del giudice ucciso dalla mafia, ha espresso solidarietà anche “ai giornalisti che giornalmente fanno il loro lavoro di cronaca e informazione e per questo a volte vengono puniti con ignobili rappresaglie. Mi riferisco al caso di Salvo Palazzolo”.
Anche il sindaco Leoluca Orlando ha dato mandato all’avvocatura comunale di procedere alla costituzione di parte civile. “Accertare la verità su quanto avvenne prima e dopo la strage – dice Orlando – è un dovere che lo Stato ha nei confronti delle vittime, nei confronti della città di Palermo e nei confronti di tutti i cittadini. Questo processo, insieme a quello sulla trattativa sono pezzi importanti per ricostruire la verità storica dei fatti del 1992 e del 1993, perché quei fatti hanno strappato all’affetto dei familiari decine di vite e perché quei fatti hanno condizionato la storia e la democrazia del nostro Paese. 26 anni di misteri e tentativi di insabiare la verità sono la prova del fatto che quella verità, ancora oggi, fa paura ad alcuni, ma che, allo stesso tempo, continua ad essere cercata e voluta da tanti”.
A Caltanissetta anche Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, che ha anche partecipato al sit in che si è tenuto fuori dal tribunale in solidarietà al giornalista Salvo Palazzolo al quale, nei giorni scorsi, sono stati sequestrati telefoni, pc e altro materiale a causa di alcuni articoli scritti proprio sul depistaggi. “Sono qui – ha detto Fava – per un atto di dovuta testimonianza. Sul depistaggio per la strage di via D’Amelio, che oggi conosce dopo 26 anni la prima pagina giudiziaria. La Commisione antimafia ha aperto una propria indagine e daremo il nostro contributo per contribuire a restituire verità sui fatti, sui silenzi, sulle responsabilità che abbiamo collezionato per oltre un quarto di secolo”. PALERMO TODAY 20.9.2018