E riparte il gioco della strumentalizzazione su “mafia appalti”
“Il fascicolo n. 5261-90 riguardante l’omicidio dell’imprenditore Luigi Ranieri non trovasi al suo posto, essendo invece sostituito da un foglio, a firma autografa del dott. Paolo Borsellino, recante l’attestazione che era stato prelevato il 18.7.1992. Poiché detto fascicolo non risulta tra quelli restituiti dalla S.V. prego di voler accertare se si trovi tuttora agli atti del procedimento per la strage di via D’Amelio o se non sia mai stato rinvenuto”. È ciò che si legge in una lettera redatta dal procuratore Vittorio Aliquò(deceduto nel 2021) con la quale, nell’ottobre del 1992, chiedeva informazioni alla Procura di Caltanissetta su un fascicolo scomparso. Nei giorni scorsi questa lettera, scritta pochi mesi dopo la strage di via d’Amelio che costò la vita a Paolo Borsellino e alla sua scorta, è stata declassificata dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Chiara Colosimo.
Secondo la lettera scritta da Aliquò alla procura nissena, dunque, Borsellino il giorno prima di essere ucciso prelevò un fascicolo sull’omicidio Ranieri, imprenditore 60enne assassinato da Cosa nostra il 14 dicembre 1988. Per quel delitto furono condannati Totò Riina e Salvatore Biondino. Cosa nostra lo eliminò perché aveva rifiutato le pretese della mafia in relazione a un appalto. A dare la notizia è stato Il Giornale ma, come ha sottolineato Marco Lillo sulle pagine de Il Fatto Quotidiano, questa notizia è stata “subito strumentalizzata per rilanciare le solite tesi sul movente delle stragi costate la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: il tentativo di stoppare le inchieste sul dossier Mafia-appalti dei Carabinieri del ROS che, a detta del Ros medesimo, tanto interessava ai due giudici”.
Perno del legame tra la lettera di Aliquò e il movente Mafia-appalti dietro l’omicidio Borsellino sarebbe l’incontro di quest’ultimo con il pentito Gaspare Mutolo. “Si è ritirata fuori la storia dell’archiviazione” di questo filone investigativo “fatta dopo la morte di Borsellino dai suoi colleghi. Pista che invece, come è noto, fu ripresa con diverse operazioni e molti arresti”, ha ricordato Lillo sulle pagine del Fatto. Per comprendere effettivamente il legame tra il fascicolo su Ranieri e il rapporto del Ros su Mafia-appalti è necessario ripescare il verbale del boss Leonardo Messina, responsabile di Cosa nostra per la provincia di Caltanissetta, del primo luglio 1992.
Ovviamente è lecito domandarsi perché Borsellino prese il 18 luglio il fascicolo sull’omicidio Ranieri. E il motivo si ricava dall’incontro che il giudice ebbe 17 giorni prima, a Roma, con il collaboratore Leonardo Messina. Quest’ultimo, infatti, aveva messo a verbale i retroscena del delitto: Ranieri era stato ucciso perché si era rifiutato di concordare con Angelo Siino, l’offerta da presentare per una gara. Proprio Messina era andato a chiedere a Ranieri di incontrare ‘il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina’. Il suo ‘no’ determinò la condanna a morte. Ovvio quindi che Borsellino il 18 luglio andasse a prendere il fascicolo dell’omicidio”.
E’ evidente, dunque, l’interesse nel recupero del fascicolo.
C’è però anche un altro aspetto che in un certo senso potrebbe portare all’informativa del Ros su Mafia-appalti.
In quell’informativa, datata 16 febbraio 1991, in effetti si parlava dell’omicidio Ranieri. “Sebbene le indagini non abbiano portato sino ad ora all’evidenziazione di moventi particolari, il delitto sembra potersi far risalire proprio all’attività imprenditoriale della vittima, presumibilmente entrata in contrasto con le dinamiche interne della organizzazione mafiosa – si legge a pagina 339 e 340 – […] Coincidenza alquanto particolare era, infine, il fatto che Ranieri Giuseppe Alfredo, figlio di Matteo, fratello dell’ucciso, interrogato in occasione del delitto affermava di essere tra i rappresentanti della Sageco, ma di prestare la sua opera di ingegnere alla dipendenza della CISA s.p.a. di Udine, dirigendo l’ufficio tecnico del cantiere Pizzo Sella di Sferracavallo, impegnato nella realizzazione di opere di urbanizzazione”. Si tratta della società controllata dalla Calcestruzzi Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini. Mentre ‘Pizzo Sella’ è l’edificazione di quasi 400 villette abusive, su terreni appartenuti in passato alla famiglia dei Greco di Ciaculli, legati al boss Michele Greco. “La CISA doveva ‘guardare gli altri che costruivano’: l’intervento della Calcestruzzi s.p.a., deciso dal Panzavolta, non si spiega dunque se non nell’ottica di un contributo fornito al vero centro di imputazione dell’interesse sotteso all’operazione Pizzo Sella, vale a dire a Cosa Nostra”, si legge nella sentenza di condanna di primo grado contro il manager dei Ferruzzi, Lorenzo Panzavolta (morto nel 2016).
Stando alle dichiarazioni di Leonardo Messina, contenute sempre nel verbale del primo luglio ’92, Riina era “il maggior interessato alla Calcestruzzi Spa”. Inoltre, nel dossier del colonnello Mori del 1991 si fa riferimento ad un altro passaggio del rapporto di Polizia dell’anno precedente sull’omicidio Ranieri. “Si legge che questi ‘era stato in rapporti sufficientemente continui con i Greco di Ciaculli’. Infatti, nell’autovettura del Ranieri venivano rinvenuti appunti relativi alle vicende della S.A.T. s.p.a. tramite la quale alcuni membri della famiglia dei Greco poterono, con vantaggiosi investimenti, acquistare la proprietà di beni appartenenti al defunto conte Tagliavia. (…) della S.A.T. era stato socio la SAGECO s.p.a., nella quale la vittima (Luigi Ranieri, ndr) ricopriva la carica di consigliere di amministrazione”.
E’ giusto domandarsi il perché Borsellino avesse avuto interesse a recuperare quel fascicolo. Fu spinto anche dalle conoscenze che avrebbe potuto aver acquisito dall’informativa del Ros? O ancora, come si è domandato lo stesso Lillo – voleva leggere la nota della Polizia sulla SAGECO s.p.a. e la CISA s.p.a.? Voleva capire la storia di Pizzo Sella e i rapporti mafia-Calcestruzzi attraverso quel fascicolo?.