– che poi diventerà anche la mia futura cognata – mi disse, mentre eravamo a passeggio: Passiamo un attimo dallo studio di mio padre, devo chiedergli una cosa .
Suo padre era il notaio Furitano. Va bene, le risposi. Non potevo certo immaginare chi avrei incontrato e cosa sarebbe successo nelle settimane seguenti. Paolo era lì, era amico del notaio e di un giovane che lavorava nel suo studio. Me lo presentarono. Era un bel ragazzo, a ventott’anni era già magistrato, il concorso l’aveva vinto sei anni prima. Ma era terribilmente timido, probabilmente gli facevo questo effetto perché ero pur sempre la figlia di un suo superiore.
Così spiccicò ben poche parole quel pomeriggio.
L’incontro fu abbastanza fugace. E presto mia cugina e io tornammo alla nostra passeggiata per le strade del centro città. Naturalmente, appena messo un piede fuori dallo studio di suo padre, Matilde cominciò a tempestarmi di domande.
Non avevo dubbi che l’avrebbe fatto. Allora, non mi dici niente? Ti piace questo ragazzo? A dire il vero, quel pomeriggio ero anch’io di poche parole. E mia cugina tornava a insistere: Hai perso la voce? Non mi dici niente di Paolo? . Come dovevo commentare? In cuor mio si agitava un piccolo terremoto, anche se l’avevo appena visto quel giovanotto.
C’era qualcosa che mi incuriosiva in lui. E parecchio. Ma non potevo ancora sapere, anche perché conoscevo davvero poco del ragazzo che avevo appena incontrato. Che tenerezza ricordare quei momenti.
Che persona a modo era Paolo. Sorrido di cuore pensando a quei giorni. Matilde non demordeva. Organizzò con alcuni amici una gita a Ustica. E naturalmente invitò me e Paolo. Ma anche quella volta lui non fu molto espansivo, anzi non si faceva proprio avanti. E io non capivo le sue reali intenzioni.
Però mi parlò del suo lavoro di pretore a Mazara del Vallo, di quanto era complesso. Mi raccontò anche dei tanti personaggi strani che aveva incontrato nella sua carriera di giudice. Magari criminali incalliti, ladri arrestati chissà quante volte con la refurtiva nel sacco, rapinatori spregiudicati, truffatori di ogni risma: Paolo era capace di trovare in ognuno di loro un tratto di umanità. E me lo descriveva come se fosse la cosa più naturale di questa terra.
Io, invece, lo guardavo con curiosità, quasi scetticismo. Non nascondo che inizialmente quei racconti mi scandalizzavano un po’: forse quel giorno la figlia del magistrato integerrimo non capì proprio la grandezza delle parole di quel giovane così sensibile. Ma erano parole che avevano forza, e rimasero dentro di me. Paolo mi stava già conquistando con le sue storie belle.
Mi attraeva proprio quel ragazzo. Però, poi, quando ritornammo al porto di Palermo ci salutammo senza darci alcun appuntamento. Paolo tornava a essere il ragazzo timido che avevo conosciuto allo studio del notaio Furitano. E non potevo certo essere io a chiedergli un appuntamento. Ci salutammo con un sorriso. E ognuno tornò alle sue giornate di sempre.
Io tornai a essere la figlia di papà, la signorina dei pizzi e merletti, che suonava il pianoforte e adorava le prime al Teatro Massimo. Paolo tornò al suo treno che partiva all’alba, verso Mazara del Vallo. E per qualche tempo nessuno ebbe più notizie dell’altro. Nessuna notizia. Chiesi allora a Matilde, magari attraverso il padre mi avrebbe potuto portare qualche nuova. Ma niente. Paolo era immerso nel suo lavoro di pretore, come fosse una missione da compiere senza alcuna distrazione.
Tratto da: Ti racconterò tutte le storie che potrò
AGNESE BORSELLINO:“Ti racconterò tutte le storie che potrò. Così il nostro sarà un romanzo che non finirà mai, sino a quando io vivrò. La lieta novella manterrà sempre fresco il nostro amore. Perché l’amore ha bisogno di mantenersi fresco”. “Ho deciso di fare questo racconto una mattina, una di quelle mattine che avrebbero reso felice Paolo. Mentre sorgeva il sole, lui si accorgeva di un nuovo germoglio nelle piante sistemate con cura sul balcone della nostra casa di via Cilea. Sorrideva, rideva anche di gusto. Quante volte l’ho guardato strano in quelle mattine. Gli chiedevo: ‘Paolo a chi sorridi’? Mi diceva: ‘Sorrido a fratello sole, perché oggi ci donerà un’altra bella giornata’ E accarezzava i nuovi germogli: ‘Sai, Agnese’, sussurrava, ‘sono un uomo fortunato, perché alla mia età riesco ancora ad emozionarmi’.”Da “Ti racconterò tutte le storie che potrò”
AGNESE PIRAINO BORSELLINO