SCARANTINO – Sentenza Cassazione Borsellino Bis

3 luglio 2003  da CASSAZIONE “BORSELLINO Bis”

 

Le dichiarazioni di Scarantino, il cui spessore criminale nel traffico di droga è descritto nel cap.8,& 2, che ricorda la condanna definitiva a 9 anni di reclusione e l’inserimento nella famiglia della Guadagna (vedi anche coll. T. Cannella, l’episodio della lite con N.Gambino, p.1284), grazie al rapporto di affinità con Salvatore Profeta del quale era uomo di fiducia e braccio esecutivo (coll. Augello, ritenuto attendibile già nella sentenza definitiva B. 1, p. 1269 ss) ed alla protezione da parte di Pietro Aglieri (p. 1281). In grado di affrontare il difficile cammino della collaborazione e sostenere i lunghi e logoranti esami dibattimentali, nonostante li modesto livello intellettuale.
Parte dal presupposto della centralità delle dichiarazioni dibattimentali precise e puntuali (tanto nel processo B. 1definitivo -p. 1297 s- quanto nel dibattimento di 1° grado del presente giudizio -p.1335 s.- sottolineando il serrato controllo in sede di controesame -p. 1372- con el relative contestazioni mediante l’utilizzazione di verbali del P.M. che risentivano i contraccolpi psicologici della scelta di collaborare, p.1434). In relazione a tali esami non regge la tesi dell’indottrinamento/ manipolazione da parte degli investigatori ed in particolare dagli uomini del gruppo Falcone- Borsellino che si occupavano del servizio di protezione. Dall’esame del dr. La Barbera emerge la linearità del percorso collaborativo di Scarantino; tutte le iniziative di inquinamento provengono dall’organizzazione mafiosa (dr.Bo) tramite moglie e parenti del collaboratore.
Escluso che tra Andriotta e Scarantino ci potesse essere un incontro, dopo l’inizio della collaborazione. Spiegata l’origine delle annotazioni sui verbali di interrogatorio come mero sussidio strumentale alla richiesta di colloquio con il difensore senza alcuna influenza sull’autodeterminazione di Scarantino.
I promemoria, assieme ad album fotografici ed i rilievi tecnici allegati, erano stati prodotti al momento della ritrattazione dal nuovo difensore di fiducia (pag.447). Le accuse della moglie Basile sull’indottrinamento avevano fatto seguito all’abbandono del coniuge che aveva scelto la collaborazione. Analizza le varie annotazioni per rilevarne la

assoluta inidoneità a sostenere la tesi difensiva dell’indottrinamento e la piena paternità di Scarantino.
Dall’intercettazione ambientale di conversazione tra S. e Basile in carcere trae ulteriore
argomento in ordine al ruolo inquinante della Basile ed alla genuinità delle propalazioni.
La stessa ritrattazione della ritrattazione in appello segna il ritorno, per la sentenza
impugnata, alle originarie propalazioni che, del resto, erano state anche rapportate al giudizio di
assoluta inattendibilità della ritrattazione negoziata (già ritenuta nella sentenza definitiva 23.01.99, p. 1278 e ss.). In definitiva ritiene Scarantino attendibile nella completezza delle dichiarazioni
dibattimentali (in cui erano state anche chiarite le contraddizioni con Caldura p.1440), pur
rendendosi conto del punto nodale costituito dalla chiamata in correità dei collaboranti Di Matteo,
La Barbera, Cancemi, Ganci R. e Brusca (quest’ultimo aggiunto nell’interrogatorio 15.11.94 e poi
sempre confermato, p.1480), mantenuta risolutamente ancora in sede di confronto e dopo la ritrattazione della ritrattazione.
Perviene a ritenere la inattendibilità relativa sul punto, inidonea a fare dubitare delle altre dichiarazioni (compresa quella in ordine alla provenienza dell’esplosivo, ritenuta in sentenza coerente in sé e riscontrata dalle propalazioni di Costa, p. 1473) perché Scarantino spiega le
ragioni di quele precedenti omissioni edelle mancate individuazioni fotografiche.
La sentenza dà all’inserimento dei nomi dei collaboranti una spiegazione diversa da quella data in primo grado (rendersi volutamente inattendibile, p. 1490), per giungere alla conclusione che non può affermarsi la falsità di Scarantino neppure in punto di presenza dei collaboratori alla riunione nella villa di Calascibetta (p. 1528). Ritiene poi che l’episodio dell’
incendio ai danni di Orazio Abate non dimostri il consapevole mendacio di Scarantino.
Ritiene applicabile il principio di valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie.
I riscontri esterni alle dichiarazioni di Scarantino.
Dopo una premessa (con riferimenti giurisprudenziali) su concetto di riscontro (elemento di prova di qualsiasi tipo e natura, sia rappresentativo che logico, purché idoneo alla funzione verifica esterna), necessità di almeno uno individualizzante, possibilità che provenga da altro dichiarante ritenuto intrinsecamente attendibile (senza la necessità essere a sua volta riscontrato), considerazione ponderata dei tre elementi del percorso valutativo ex art. 192 co. 3 c. p.p., inizia con le dichiarazioni dei singoli collaboratori di giustizia, rapportate al contenuto del riscontro.
Sull’appartenenza di Scarantino al mandamento di S.Maria di Gesù.
Marino Mannoia (193/203): rapporti di Scarantino con Greco Carlo; latitanza di Pullarà e Zanca nell’abitazione di Rosario Scarantino; rapporti di amicizia, frequentazione attività delittuose di Scarantino con Aglieri, Greco, La Mattina, i Gambino; i luoghi di ritrovo ala Guadagna; l’attività di S. nel mondo della droga per conto della famiglia mafiosa; le comuni imprese criminali alla Guadagna tra Cancemi – Greco /Aglieri; l’ascesa di questi al vertice del mandamento; lo spessore criminale di Calascibetta.
Contorno Salvatore: su ascesa di Pietro Aglieri e Gambino Natale; sull’esistenza dell’ Ingrassia indicato da S. ; macelleria di Gambino e bar Badalamenti luoghi di abituale incontro tra uomini d’onore; la società tra Aglieri e Greco per il traffico di stupefacenti; i più importanti uomini della Gudagna- Aglieri, Calascibetta, Greco, Profeta.
Augello Salvatore: stretti rapporti di amicizia e lavoro di Scarantino con Aglieri e Greco, per la sua affinità con Profeta; il dominio di Scarantino sulla criminalità comune del quartiere; il traffico di stupefacenti di Scarantino (vedi condanna definitiva per traffico); l’autoaccusa di S. nel duplice omicidio Lucera con Gambino, le modalità di svolgimento, le armi usate, i luoghi e la posizione dei cadaveri.

Tullio Cannella (de relato Bagarella): su mafiosità di Scarantino e sua partecipazione all’omicidio Bonanno, come uomo d’onore di basso rango; la rissa alla Guadagna tra cognato di Cannella e Natale Gambino.
Di Filippo Pasquale (de relato Bagarella), la cui attendibilità è sottolineata, sul coinvolgimento di Aglieri e del suo mandamento alla strage di via D’Amelio (p. 1700 ss.), sull’amarezza di Profeta per la collaborazione del cognato.
Calvaruso (de relato Bagarella), sul commento di Bagarella circa la mal riposta fiducia su Scarantino per il furto auto, per quanto ne era conseguito.
Continua con l’elencazione (p.1706) di una serie di accertamenti positivi su singoli punti delle complesse dichiarazioni di S., (compresi gli omicidi Lucera, Bonanno e Lombardo) nonché sui luoghi di detenzione di S., i colloqui con Profeta ed li fratello Domenico ed il cognato (per la conferma delle violenze morali subite), sui luoghi di incontro – la villa di Calascibetta le auto di Tinnirello e di Scotto, le persone indicate da Scarantino, attraverso le testimonianze di La Barbera, Bo e Maniscaldi.
Parla, infine, di tutti i riscontri fondamentali sulla strage (convergenti con el indicazioni date da Scarantino ma da queste indipendenti) provenienti da una serie di collaboratori: Brusca, Cancemi (il quale in sede di confronto con lo stesso S. ribadisce di aver accusato Tagliavia, Tinnirello ed Aglieri), Ferrante, Calogero Ganci, Galliano, Siino, Cannella,
I riscontri individualizzanti per ogni singolo ricorrente vengono, poi, ripetuti nelle posizioni individuali.

Le intercettazioni telefoniche.
L’argomento (p.1031 e ss) assume notevole rilievo sulla particolare posizione di Scotto Gaetano, ma la motivazione ne parla anche al fine di affermare come l’eventuale esclusione dell’impiego di tale mezzo non poteva essere usato (vedi sentenza definitiva) per togliere attendibilità a Scarantino in via generale.
La motivazione trova supporto in deposizioni testimoniali, anche a seguito dei chiarimenti messi a punto in corso della parziale rinnovazione istruttoria (familiari del dott. Borsellino circa natura e portata dei disturbi sulla linea, poi valutati dal tecnico Genchi compatibili con intervento di abusiva derivazione; Rita Borsellino, Fiore Cecilia e Corrao Emilio sull’uomo – poi individuato in fotografia dagli ultimi due in Scotto Pietro- visto alle 8.30 del 14.07.92 -data coincidente con altro intervento legittimo della SIELTE- mentre tirava fili dalla cassetta di derivazione sul pianerottolo piano 4° ove è sito l’appartamento Fiore-Borsellino ni contemporanea ad altro operante al P. terra sul box condominiale), in argomentato contrasto con la valutazione contenuta nella sentenza definitiva di assoluzione di Scotto Pietro (tesi della inesistenza di intercettazioni, fondata anche su alibi per il giorno 14.07.92, del quale la sentenza si occupa criticamente, indicando per altro le ragioni che avrebbero reso necessario quell’intervento, così a ridosso dell’attentato, p.1098). Il contenuto delle telefonate oggetto dell’abusiva captazione viene ritenuto, nella motivazione impugnata, perfettamente compatibile con il concreto modus operandi per mettere a segno l’attentato la domenica (senza che fosse necessaria l’anticipazione al sabato, come sostenuto nella sentenza definitiva per escludere le intercettazioni,p. 1105) e con l’uso – specialmente nella parte conclusiva dell’azione- dell’altro strumento conoscitivo del piantonamento.
La questione giuridica inerente al rapporto con l’accertamento contenuto nella sentenza
definitiva (artt. 637, 649 ma soprattutto 238 bis c. p.p.) è affrontato principalmente con
riferimento alle intercettazioni telefoniche, ale quali -secondo la stessa contestazione- è connessa l’accusa contro Scotto Gaetano.
Passando così all’altro motivo comune attinente all’attendibilità di Scarantino

SCARANTINO Vincenzo racconta

che aveva partecipato ad una RIUNIONE nella villa di Calascibetta in cui si sarebbe trattato dell’attentato, in funzione operativa.
-che subito dopo aveva avuto incarico dal cognato Profeta di procurare un’autovettura di piccola cilindrata (e di una bombola di gas.); che da Candura aveva fatto rubare la Fiat 126 rossa di Valenti Pierina, tenuta provvisoriamente nei pressi dela “porcilaia” di Valenti.
-che l’auto era stata poi trasportata, il venerdi pomeriggio, nei pressi del garage di Orofino ove era rimasta; il sabato mattina aveva assistito ad incontro, bar Badalamenti -Guadagna, tra Gaetano Scotto (Tanuzzo) e Cosimo Vernengo assieme a Natale Gambino; il primo aveva riferito che per l’intercettazione era tutto a posto. Il Tanuzzo era arrivato con auto, nel cui interno – durante l’incontro- era rimasto il fratello Pietro; che sabato stesso la 126 spinta all’interno del garage Via Messina-Marine di Orofino per il caricamento, Scarantino con altri rimasto a sorvegliare la zona.
-che la domenica mattina l’auto, scortata sino a p.zza Leoni, ove le auto di scorta erano andate via e Scarantino aveva visto Aglieri ed altri che avevano preso in carico l’auto.
Nel primo interrogatorio 24.06.94 durante la detenzione a Pianosa, Scarantino indica i partecipanti ala riunione all’interno (Riina, Biondino, Aglieri, Greco, Profeta, Calascibetta, Graviano, Tinnirello, Tagliavia, senza i 4 colaboranti- sent. P.1520) ed all’esterno dela sala (Natale Gambino, Nino Gambino, La Mattina, Vernengo). Il secondo (29.06.94) ed il terzo (15.07.94) ripetono sostanzialmente il racconto, aggiungendo altri particolari.
La Corte di 1° grado riconosce attendibilità al collaborante per le dichiarazioni in tali interrogatori (solo piccole incongruenze nell’intento di nascondere la leggerezza per aver delegato a Caldura il furto) riscontrate da altri collaboratori parimenti attendibili.
Le dichiarazioni successive, a partire dall’interrogatorio del 6.9.94, sono ritenute, invece, inquinate da interventi esterni. In tale interrogatorio ed in quelli immediatamente successivi Scarantino aveva parlato di Di Matteo M. Santo, Cancemi S., La Barbera e Ganci R. come partecipanti alla riunione; ancora dopo aggiunge il nome di Brusca Giovanni.
Confermerà sempre, poi, la presenza dei 5.
All’esame dibattimentale (dal 7/8 marzo, 12/15 maggio ’97) rende dichiarazioni che costituiscono la stratificazione delle precedenti su racconto mai modificato nell’iniziale struttura

La sentenza impugnata, a seguito della rinnovazione parziale dell’istruzione dibattimentale, a conclusione della quale li collaborante ha ritrattato la ritrattazione del 15.09.98, rivaluta globalmente le dichiarazioni di Scarantino in relazione ad attendibilità personale e credibilità del racconto.
Quanto al punto nevralgico della chiamata in correità dei cinque (4 collaboranti e Ganci R. che avevano sempre negato la presenza), ritiene che non interferisca con le altre dichiarazioni ed applica il principio di valutazione frazionata.
Le critiche alla motivazione su attendibilità soggettiva, che scadono nella censura di merito quando fanno riferimento a produzioni documentali dalle quali sarebbe possibile trarre argomenti contrari al positivo accertamento dei criteri che ne costituiscono i sintomi, vanno rigettati.
La sentenza inquadra il tema in una complessa motivazione, sulla personalità di Scarantino anche in relazione a fattori culturali familiari ed ambientali, che anzitutto supera la questione sulla dispensa dal servizio militare e poi tiene conto delle contrapposte spinte psicologiche alle quali il collaborante era stato assoggettato per spiegarne logicamente la condotta processuale tortuosa.
Non esclude, tuttavia, la sostanziale attendibilità soggettiva siccome riesce a dare contezza di come essa emerga da una strutturale incapacità di mentire credibilmente., con riferimento specifico alla ritrattazione, anche se impone lo sforzo di discernere le dichiarazioni, passando così al diverso stadio dell’ attendibilità intrinseca del racconto.

Qui, infatti, diventa possibile non solo distinguere le parti delle propalazioni in relazione alla rilevanza della falsità nel suo contesto ma applicare anche il principio di frazionabilità, per espungere quelle in cui il collaborante rivela uno specifico e prevalente interesse a non dire la verità.
Quanto ai racconti inerenti al passato criminoso del collaborante (vedi i vari delitti dei quali si è accusato o era comunque a conoscenza) occorre precisare la loro inerenza al criterio di conoscenza, che certamente influisce sul grado di generale attendibilità soggettiva. Ovviamente la ricostruzione di tali fati ni maniera differente, da come narrati dal collaborante e ritenuti motivatamente veritieri (sempre al limitato scopo di rafforzare l’attendibilità) dal giudice di merito, costituisce censura in punto di fatto non consentita in questa sede di legittimità.
Quanto all’episodio dell’incendio ai danni di Orazio Abate, oggetto di specifica censura, la sentenza impugnata riesce a dare una congrua motivazione sulla possibilità di un’alternativa lettura del susseguirsi degli avvenimenti, pervenendo alla conclusione che il fatto sia accaduto tra fine ’91 inizio “92, non l’anno successivo durante al detenzione di Scarantino sì da rivelare il mendacio consapevole (p 1525 e ss).

L’altro binario sul quale si muovono le censure dei ricorrenti è quello dell’attendibilità delle dichiarazioni, con particolare riferimento all’inquinamento derivante da manipolazione / indottrinamento.
I ricorrenti sostengono, infatti, le seguenti ragioni di inattendibilità per mancanza di spontaneità, ignorate dalla sentenza nella parte in cui esclude l’inquinamento.
Scarantino era stato avvicinato, durante il periodo di protezione, solo dagli agenti del gruppo Falcone che non erano stati scelti secondo l’ordinario criterio della competenza territoriale con riferimento al luogo in cui il servizio di protezione veniva svolto.
Dopo l’esibizione dei verbali relativi ad attività istruttorie (interrogatori, confronti) con annotazioni marginali nonché del promemoria riassuntivo di chiose non di pugno di Scarantino,
ritenuti non provenienti dal difensore del collaborante, la tesi difensiva di uno studio indotto (con particolare riferimento al teste Mattei), insuftlato dalla Basile, acquistava spessore.
Sarebbero stati svalutati, sempre ni relazione al profilo dele pressioni subite, i maltrattamenti nel carcere di Pianosa (dei quali aveva parlato ancora la Basile) ed il tentativo di suicidio.
La censura tende, in sostanza, ad una alternativa lettura di risultanze processuali sulla base delle quali l’impugnata sentenza ha costruito una trama motivazionale solida nel dare contezza dell’assenza d’inquinamento, pur senza negare anzi riconoscendo -espressamente o implicitamente- alcune delle le circostanze fattuali dalle quali trae origine il motivo di ricorso ovvero escludendole motivatamente altre.
Invero, dà contezza della provenienza dei documenti precisando come (assieme ad album fotografici ed i rilievi tecnici allegati) fossero stati prodotti al momento della ritrattazione dal nuovo difensore di fiducia (pag.447).
Spiega l’origine delle annotazioni sui verbali di interrogatorio, quali mero sussidio strumentale finalizzato alla richiesta di colloquio con il difensore senza alcuna influenza sull’autodeterminazione di Scarantino, poiché era lo stesso collaborante che chiedeva a Mattei (riscontro di Ribaldo) di leggere i verbali e fare annotazioni circa le spiegazioni da chiedere al difensore, poi raggruppate nel promemoria. Analizza le varie annotazioni per rilevarne la assoluta inidoneità a sostenere la tesi difensiva dell’indottrinamento e la piena paternità di Scarantino.

Puntualizza la genesi del ruolo inquinante, assunto dalla Basile, nella reazione alla scelta di collaborazione da lei non condivisa (le accuse sull’indottrinamento avevano fatto seguito all’abbandono del coniuge) traendo argomento ulteriore dal contenuto di conversazione tra i coniugi in carcere. Utilizza le dichiarazioni di testi qualificati (vedi dr. Labarbera e dr. Bo) per motivare che le iniziative inquinanti provenivano dall’organizzazione mafiosa, strumentalizzando moglie e parenti del collaborante
Lo specifico motivo di illogicità denunziato dal Greco (la violenza morale -subita, secondo la sentenza, da parte del gruppo familiare per indurre il collaborante alla ritrattazione- striderebbe con la sua ferma rivendicazione di autonomia decisionale anche con la corda al collo ed escluderebbe l’affidabilità sotto il profilo della costanza) si risolve nella mancanza di specificità poiché estrapola, dal contesto ben più ampio della motivazione sull’attendibilità, una frase assunta, per altro, come risultanza processuale non valutabile in questa sede.
Rientra marginalmente nel tema dell’attendibilità il riferimento del ricorrente Tagliavia alla tardiva (siccome in sede di ritrattazione della ritrattazione) e non controllata dichiarazione del collaborante che indica quale causa della ritrattazione la minaccia subita da parte del Tonino, mai segnalata al Servizio di Protezione, senza tuttavia consentire la verifica.
La sentenza, tuttavia, motiva congruamente, come si è visto, sull’origine dell’inquinamento da ambiente mafioso, sicchè il dato di fatto rimane accertato, indipendentemente dalla utilizzabilità come riscontro generico.
Uno specifica ragione di inattendibilità delle dichiarazioni di Scarantino è individuata
dalle difese nell’accusa (in ordine alla partecipazione alla riunione nella villa Calascibetta) contro i
i 4 collaboranti Di Matteo, La Barbera, Cancemi, Brusca nonché Ganci Raffaele, sulla quale
egli insiste, nonostante sia stata nettamente smentita dagli interessati e non riscontrata da Andriotta, teste sicuramente attendibile.
Una tale evenienza processuale denoterebbe precisa volontà accusatoria e dunque consapevole falsità, sì da comportarne il reflusso dalla presenza dei collaboranti al fatto da dimostrare (cioè la riunione in sé), in mancanza di coerente giustificazione sui motivi della falsa dichiarazione (Scotto, Tinnirello).
Oggetto di censura è, dunque, l’argomentazione (p.600) che considera il mendacio sulla presenza dei collaboranti ininfluente sulla possibilità che la riunione in sé possa essersi
verificata, riaffermando la valenza quanto meno sintomatica di inaffidabilità e s t e s a collaborante (Greco).
Si nega, ni sostanza, l’applicabilità del principio di frazionabilità, se non in caso di errore, ipotesi da escludere in base alla reiterata dichiarazione di certezza.
Ritiene questa Corte che si rende necessario, anzitutto, chiarire li reale contenuto del principio di scindibilità o frazionabilità applicato alla chiamata in correità.

Ma l’impugnata sentenza dimostra, proprio sulla base del comportamento processuale di Scarantino le cui dichiarazioni sono divenute sempre più precise e puntuali, l’inconsistenza dell’ipotesi sostenuta nella sentenza di primo grado (l’introduzione di elementi inquinanti al fine di rendersi inattendibile) e correttamente afferma la centralità del dibattimento quale sede naturale dell’istruzione probatoria e dimostra, con congrua motivazione (pag. 1491 e ss.), che il contributo di Scarantino è credibile a prescindere dalla smentita da parte di Cancemi, Di Matteo, La Barbera e Brusca.
Invero, partendo dalla considerazione che l’attendibilità del narrato di Scarantino si gioca sulla sola parola dei collaboranti, avverte al necessità di un confronto tra el rispettive posizioni.
Da un tale esame, condotto mediante approfondite argomentazioni sui comportamenti processuali, lascia emergere motivatamente da una parte la fermezza sino in fondo dell’accusa (partecipazione alla riunione), pure nella consapevolezza del rischio di non essere creduto, e dall’altra al coerente ipotesi di una partecipazione di Cancemi e Gangi (in quanto incaricati di un segmento dell’esecuzione) pur nella perplessità a ritenere  la presenza degli altri, e nella difficoltà (anche per mancanza di spiegazioni da parte degli accusati) ad individuare el ragioni che potrebbero giustificare loro posizione negativa.

Il cammino motivazionale, che prosegue utilizzando i dettagli delle risultanze in piena coerenza logica, porta alle seguenti conclusioni.
Conferma l’erroneità dell’ipotesi avanzata dalla sentenza di primo grado in ordine alla
volontaria introduzione da parte di Scarantino- di elementi inquinanti per consentirsi una via di abbandono della collaborazione.
Convincimento del collaborante di non essere un bugiardo e coerenza nella giustificazione del ritardo nel parlare dei cinque accusati.
-Impossibilità di qualificare falsa la chiamata e sua ininfluenza sulla globale attendibilità. Ne consegue l’infondatezza delle censure volte a porre in dubbio la corretta applicazione
del principio di scindibilità delle chiamate, che secondo la giurisprudenza rileva essenzialmente sulla mancanza di riscontri ma non vizia il positivo accertamento della attendibilità complessiva.
In definitiva la mancata verifica sulla chiamata dei collaboranti e l’impossibilità a definirla anche limitatamente falsa impedisce un reflusso su credibilità soggettiva ed attendibilità del narrato relativo all’avvenimento/riunione in sé.
Vanno, poi, dichiarate inammissibili, siccome non specifiche, quele censure che si fondano su singoli ed isolati punti della complessiva motivazione, senza incidere sul globale significato.
La questione circa la data della riunione indicata da Scarantino (prima indica 24/25giugno e poi fine giugno/ inizio luglio, infine attorno al 5 luglio, pag.1541 e ss.) e sua conciliabilità con le dichiarazioni del Ferrante (nota p. 950; la settimana prima dela strage erano stati provati con Biondino i radiocomandi), trattata nei limiti in cui diviene oggetto di censura della motivazione sull’attendibilità delle dichiarazioni, è stata congruamente motivata con riferimento all’impreciso ricordo (pag.1541) ed all’immediatezza dell’aggiustamento (pag. 1543), in concomitanza con la sentita necessità di coprire in qualche modo l’imprudenza nell’affidamento dell’incarico a Candura. Contrapporre una diversa ragione (adeguarsi alle dichiarazioni di Candura, che aveva iniziato la collaborazione prima), costituisce una valutazione di merito, per altro inidonea a raggiungere lo scopo (il mendacio in relazione alla stessa riunione).