Falcone e Borsellino, Gratteri su Skuola.net: «Quanti Gattopardi alle cerimonie»

 

 

«Falcone e Borsellino sono due giganti e rappresentano modelli da seguire e imitare. Da vivi sono stati combattuti anche dalla stessa magistratura, da morti ho visto dei Gattopardi salire sui palchi. Tutto questo è brutto, perché i morti non si possono difendere». A parlare è il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, intervenuto nel pomeriggio in diretta alla trasmissione MeetZona, format di Skuola.net. Rispondendo alle domande di Daniele Grassucci e Carla Ardizzone, il procuratore ha affrontato il tema della prossima giornata della memoria, il 23 maggio, nel giorno dell’uccisione di Giovanni Falcone: «Parlare di mafia stanca chi ti ascolta. Molti non addetti ai lavori si creano pedigree e vanno in giro a parlare di mafia, senza avere una storia. Parlare di mafia è una cosa seria, per essere credibili non bisogna pensare all‘antimafia con la partita Iva. Perché le parole siano credibili, occorre avere fatto qualcosa nella vita. I ragazzi in particolare ti sgamano subito. Devi parlare con il loro linguaggio. Gente anche colta, in alcuni casi si piace e parla a se stessa, non entra nella pancia e nella testa dei ragazzi. Occorre intercettare i giovani parlando dei loro usi e consumi, ad esempio di soldi. Ai ragazzi devi parlare di telefonini, consumi, moda. E far capire la differenza tra quanto guadagna un corriere di droga e quanto guadagna un panettiere o un idraulico, facendo capire anche quanto rischia ognuno di loro». 

E dunque, la scuola. «I genitori entrano sempre più nelle scuole? La vedo come una invasione di campo. Non siamo tuttologi – ha proseguito il pm -, se un docente ha vinto un concorso vuol dire che sa insegnare. Non possiamo mettere in discussione la professionalità di tutti. Il genitore deve entrare nella scuola per due soli motivi: se l’insegnante è pedofilo o se non sa parlare l’italiano insegnando Italiano. Bisogna aspettare che il ragazzo maturi – ha continuato Gratteri – e può maturare anche se subisce una ingiustizia. Lo consoliamo, facciamo in modo che ragioni. Ma non è il caso di andare a scuola e fare un “processo” agli insegnanti: così facciamo solo un danno ai nostri figli. Anche i dirigenti scolastici devono essere più duri, non devono farsi “intimidire” dai “genitori potenti”.  Se un ragazzino con lo spray scrive su un muro o invece rompe il bagno, come minimo deve pagare per il danno che ha provocato. E nessuno deve scandalizzarsi». 

E poi, i social. «TikTok è una vetrina delle mafie». Ne è convinto il procuratore di Napoli: «Le prime mafie che hanno utilizzato i social sono state quelle messicane, non solo per mostrarsi ricche ma anche per mandare sfide agli altri cartelli. Quando è nato TikTok, Facebook è diventato vecchio». Ma per Gratteri c’è altro: «TikTok è più invasivo sotto l’aspetto della rilevazione dati. Le mafie lo sanno ed è lì che adescano i giovani. I social diventano così una grande trappola. Se i giovani non sono strutturati, se non sono adeguatamente accompagnati dalle famiglie diventano “figli dei social“. Ecco perché insisto sulla scuola a tempo pieno, con altri insegnanti che operano al pomeriggio, per parlare ai ragazzi del loro futuro».

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 7.5.2024