INGROIA: “Pignatone? Magistrato antitetico a Falcone e Borsellino. Implacabile con i deboli, indulgente con i forti”

 

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L’ex membro del Csm indagato per favoreggiamento alla mafia. Parla l’ex magistrato Antonio Ingroia

Per ora è solo un’indagine, ma l’accusa mossa dalla Procura di Caltanissetta all’ex procuratore Giusppe Pignatone è gravissima: favoreggiamento alla mafia.

L’attività ruota attorno a un’indagine collegata aperta a Palermo nel 1991, su input della procura di Massa-Carrara, relativa alle infiltrazioni di Cosa nostra nelle cave di marmo in Toscana. Di quel fascicolo il collega Gioacchino Natoli chiese e ottenne l’archiviazione alla fine del giugno del 1992. Tra i principali indagati c’erano Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi vicini al capo dei capi Totò Riina, poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi. Secondo l’accusa, Natoli, Giammanco e Screpanti avrebbero aiutato i sospettati a “eludere le investigazioni”, svolgendo “un’indagine apparente” e in particolare chiedendo “l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale”, per cui non sarebbero state “trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato”.

Insomma, un vero e proprio favoreggiamento nei confronti di quella mafia che Pignatone, nel corso della sua lunga carriera dalla Calabria a Roma, ha perseguito. Come mai, allora, il nome dell’attuale presidente del Tribunale vaticano viene accostato ai Buscemi? E che cosa c’entra questa indagine con il dossier Ros “mafia-appalti”, che ancora una volta viene riportato in auge per far luce sulle stragi del 1992? Il primo a parlarne, nel settembre del 2023 davanti alla Commissione Antimafia, è stato l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, mentre tanti protagonisti vicini a quelle vicende hanno scelto il silenzio, pensiamo al generale Mario Mori, al colonnello Giuseppe De Donno.

Affaritaliani.it ne ha parlato con Antonio Ingroia, ex magistrato del pool antimafia di Palermo, che lavorò al fianco di Paolo Borsellino proprio negli anni prima delle stragi, e che conosce molto bene Pignatone.

Avvocato, Pignatone si è dichiarato innocente di fronte all’accusa di favoreggiamento

È un suo diritto, e del resto non abbiamo bene contezza degli elementi in possesso della Procura di Caltanissetta, che si incentra esclusivamente sull’intreccio tra la mafia e l’imprenditore Ferruzzi. È bene precisare, infatti, che questa vicenda è diversa dal dossier Mafia-appalti dei Ros, anche se ne costituisce un filone, e Pignatone è il nome in comune tra le due vicende.

Ma Lei che lo conosce un’opinione se la sarà fatta…

Quello che posso dire è ciò che in tempi non sospetti ho sempre dichiarato: Giuseppe Pignatone ha incarnato un modello di magistrato antitetico rispetto a quello trasmesso da Falcone e Borsellino nella valutazione della rilevanza penale delle condotte. Questo nonostante per la sua preparazione tecnica e investigativa sia stato uno dei migliori.

In che senso?

Falcone e Borsellino erano uomini, e magistrati, autonomi e indipendenti fino all’isolamento a difesa delle loro idee. Pignatone, invece, interpretava il ruolo di magistrato secondo principi di compatibilità rispetto al sistema, alla politica. Non esagero quando dico che è stato un magistrato che ha incarnato il modello del doppio-pesismo: implacabile con i più deboli della mafia militare e indulgente con i potenti (soprattutto nella valutazione delle relazioni esterne della mafia con il mondo dell’imprenditoria e della politica).

Mi fa un esempio?

Per esempio quando rivendicò che non erano censurabili le condotte di certi parlamentari regionali perché rispetto alle scienze politiche la magistratura deve “fare un passo indietro”.

Ora Pignatone è presidente del Tribunale Vaticano. Cosa ne pensa?

Che vista la situazione si dovrebbe porre qualche imbarazzo, almeno per ragioni di opportunità, nei piani alti del Vaticano.