PALERMO — Dichiarazioni ufficiali non ce ne sono, ma il tam-tam di palazzo di Giustizia rilancia la voce del giorni scorsi, quando le polemiche roventi infuriavano a Palermo e a Roma: ‘Giovanni Falcone se ne va». n giudice istruttore simbolo del grande attacco alla Piovra mantiene inalterata la sua richiesta formale di trasferimento, «ad altro incarico nell’ambito dello stesso ufficio», presentata al presidente del tribunale di Palermo, dottor Antonino Palmer!. La rotazione, però, potrebbe richiedere tempi lunghi per cui Falcone si orienterebbe verso una nuova iniziativa: la richiesta al Csm di un vero e proprio trasferimento di sede. Il momento decisivo per la soluzione finale del «caso Palermo» sarà la riunione plenaria del Csm, il 15 settembre prossimo, quando l’organo di autogestione della magistratura tornerà a dire la sua sui violenti conflitti esplosi dopo le interviste del giudice Paolo Sanremo. Ad un giovane su una sedie a rotelle «negato» l’ingresso in un locale notturno Borsellino. Falcone e gli altri giudici del «pool» antimafia chiedono di poter continuare a dedicarsi alle grandi inchieste sulla Piovra, senza bastoni fra le ruote, dando per scontata la permanenza di Antonino Meli ai vertici dell’ufficio istruzione, per i prossimi due anni che lo separano dalla pensione. Se questa ipotesi dovesse ancora una volta trovare una risposta negativa da parte del Csm, l’esodo di Falcone e degli altri magistrati del «pool» diventerebbe inevitabile. Una situazione che Borsellino e lo stesso Falcone hanno già descritto nelle loro dichiarazioni: le inchieste sulla mafia sarebbero spezzettate nell’assegnazione indiscriminata a tutti i giudici dell’ufficio, con la conseguenza di una frammentazione che renderà impossibile una «visione complessiva» del fenomeno mafioso, soprattutto nelle sue implicarle e nei suoi collegamenti politici. i r. cri. 10.8.1988 LA STAMPA
31.7.1988 Il giudice Falcone annuncia «Lascio il pool antimafia»
Il giudice Falcone annuncia «Lascio il pool antimafia» Si apre una grave spaccatura nella magistratura di Palermo Il giudice Falcone annuncia «Lascio il pool antimafia» Questo mentre il consigliere Meli lo accusava al Csm – Abbandonano anche altri inquirenti ROMA — Il pool antimafia di Palermo, stavolta, smobilita per davvero. Giovanni Falcone, il giudice simbolo della lotta contro le cosche mafiose, il magistrato che ha reso possibile il maxi-processo, se ne va. Lo ha chiesto lui stesso con una clamorosa lettera inviata al Consiglio Superiore della Magistratura, in cui domanda di essere trasferito ad altro ufficio. Ma non è il solo. Anche altri giudici del pool hanno seguito la sua scelta. Le dimissioni sono arrivate a Palazzo dei Marescialli, sede del Csm, proprio nel giorno in cui l’organo di autogoverno ha avviato la sua indagine sul «caso Palermo». •Finora ho tollerato in silenzio…’. Comincia così l’amara lettera di Falcone. «Ma adesso — seguita il magistrato —, la situazione è profondamente cambiata, e il mio riserbo non ha più ragione di essere. Quello che paventavo è purtroppo avvenuto: le istruttorie nei processi di mafia si sono inceppate e quel delicatissimo congegno che è il gruppo cosiddetto antimafia dell’ufficio istruzione di Palermo è ormai in fase di stallo». Poi le vere ragioni di un contrasto insanabile con il capo dell’ufficio istruzione Antonino Meli: «/ miei convincimenti divergono radicalmente da quelle del consigliere istruttore, divenuto ti¬ tolare, persuaprecisa scelta, di tutte le istruttorie in tema di mafia». Falcone ricorda che in dicembre aveva posto la sua candidatura alla carica di consigliere istruttore •ritenendo che questa fosse l’unica maniera per evitare la dispersione di un patrimonio prezioso di conoscenze e di professionalità che l’ufficio cui appartengo ha globalmente acquisito». Il Csm però gli preferì Meli per ragioni di anzianità, e dalla lettera del giudice antimafia si capisce che ora quel patrimonio, almeno secondo lui, è, andato disperso. Falcone fa sue le denunce del procuratore capo di Marsala, Paolo Borsellino, che hanno determinato il fermo richiamo di Cossiga in materia di lòtta alla mafia. Di quel giudice — ‘della cui amicizia mi onoro», scrive — Falcone prende le difese. Le accuse di Borsellino dimostrano «iJ suo alto senso dello Stato e il suo coraggio», e riguardano •omissioni ed inerzie nella repressione del fenomeno mafioso che sono sotto gli occhi di tutti». Infine la richiesta di trasferimento: ‘Dopo lunga riflessione mi sono reso conto che l’unica soluzione praticabile è di cambiare immediatamente ufficio». Falcone, oltre al trasferimento, chiede anche un periodo di ferie «con decorrenza immediata», e aggiunge che preferirebbe essere «interrogato» dal Csm, anziché nell’audizione prevista per oggi, al suo ritorno, quando sarà già al lavoro in un altro ufficio. Oggi dice di trovarsi in una situazione di ‘profondo disagio» perché «è costretto a svolgere un lavoro delicato in condizioni tanto sfavorevoli». Le quattro cartelle dattiloscritte firmate da Giovanni Falcone sono state inviate a tutti i componenti del Csm, al presidente del tribunale di Palermo e, per conoscenza, all’ispettore inviato in Sicilia dal ministro della Giustizia Vassalli, Vincenzo Rovello. Ad esse si sono aggiunte le richieste di trasferimento anche degli altri giudici istruttori del pool antimafia. Se ce ne fosse stato bisogno, le dimissioni di Falcone hanno reso ancora più rovente il clima in cui, nella sede del Csm, si è aperto ieri il «processo» agli uffici giudiziari palermitani. Davanti ai membri del comitato antimafia e della prima commissione referente sono sfilati, seduti al centro dell’emiciclo su una sorta di pretorio di fortuna, il presidente della Corte d’Appello di Palermo Conti, il procuratore generale Pajno, il presidente del tribunale Palmeri, il procuratore della Repubblica Curti Giardina e il consigliere istruttore Meli. Ultima, ma più importar te, proprio l’audizione dell’«awersariO” di Falcone in questa guerra in seno all’Antimafia, il consigliere Meli. Giovanni Bianconi LA STAMPA