20.4.1996 Una «talpa» nella scorta di Falcone

 
Palermo, l’agente era stato in servizio con il giudice due anni prima della strage di Capaci Palermo, l’agente era stato in servizio con il giudice due anni prima della strage di Capaci Una «talpa» nella scorta di falcone Manette a un poliziotto, fece ammazzare un confidente PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un poliziotto di Palermo, Michele Condipodaro, di 34 anni, che aveva fatto parte della scorta di Giovanni Falcone, almeno una volta fece la spia con i mafiosi, determinando la condanna a morte di un uomo. L’hanno arrestato ieri mattina sulla base di riscontri, pare precisi, a un’accusa rivolta dal pentito Aurelio Neri della «famiglia» mafiosa del rione Noce. Condipodaro è stato ammanettato nelle stanze del commissariato di polizia Politeama in via Dante, nel centro nevralgico della città, fra lo sconcerto dei suoi colleghi all’oscuro di tutto. E’ stato formalmente incriminato dal sostituto procuratore della Repubblica Maurizio De Lucia per concorso esterno in associazione ma¬ fiosa e favoreggiamento personale. Neri, uno degli autori di una rapina alle Poste centrali di Palermo che nell’ottobre scorso fruttò 20 miliardi a banditi collegati con la mafia, attribuisce al poliziotto anche un ruolo di primo piano nell’assassinio, il 18 febbraio 1993, di un suo nipote spacciatore di droga, Rosario Alaimo, 30 anni. L’esecuzione, alla quale Neri ha ammesso di aver partecipato, fu decisa dal clan dei Ganci (padre e figli ora in prigione per concorso nella strage di Capaci) perché Condipodaro avrebbe rivelato al capo della cosca Raffaele Ganci che Alaimo era un confidente della polizia. La vittima fu torturata e strangolata e il corpo (la testa avvolta in un sacco di plastica) abbandonato in un cassonetto portarifiuti a poche decine di metri dalla sede del commissariato Politeama. Di «talpe» nella questura di Palermo si è parlato a cicli ricorrenti. Scalpore per esempio suscitarono i sospetti che nell’estate del 1985 pesarono sull’agente Natale Mondo, scorta e «spalla» del vicequestore Ninni Cassare, il vice capo della squadra mobile ucciso con il poliziotto pugliese Roberto Antiochia di soli 20 anni in un agguato in via Croce Rossa. Mondo fu poi scagionato e anni dopo ucciso dai boss, un delitto che fu la controprova della sua innocenza. E di «talpe» si è sussurrato via via, perfino a sfiorare Bruno Contrada, il questore ed ex dirigente del Sisde condannato di recente a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa. Ora l’arresto di Michele Condipodaro fa sensazione anche per l’inevitabile accostamento a Falcone, del quale egli fu uno degli «angeli cu- stodi» per un breve periodo, dal 18 dicembre 1989 al 20 agosto 1990 quand’era poi passato al «113» per essere quindi trasferito al commissariato Politeama. Dalla scorta al giudice italiano più d’ogni altro nel mirino della mafia – ha detto ieri il questore Arnaldo La Barbera Condipodaro era stato tolto perché «professionalmente non adeguato» e non perché si dubitasse della sua fedeltà. Nessun collegamento diretto pertanto fra lui e la strage del 23 maggio 1992 in cui allo svincolo autostradale per Capaci, fra l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo, furono massacrati Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta, Rocco Di Cillo, Antonino Montinaro e Vito Schifani, dei quali Condipodaro era stato collega. Il fatto che egli non fosse più da un anno nel servizio scorte, croce e delizia per chi vi è inquadrato (giovani che ogni ora del giorno e della notte mettono in conto di poter morire da un momento all’altro in cambio di una paga niente affatto esaltante) porta gli inquirenti a escludere che abbia svolto una parte nell’eccidio di Capaci. Dopo l’arresto, Maria Falcone, sorella del giudice e Liliana Ferrara, che di Falcone prese il posto nella direzione generale Affari penali al ministero di Grazia e Giustizia, hanno insieme dichiarato: «Una mela marcia non può fare dimenticare i tanti uccisi che facevano il loro dovere». E il Siulp e il Sap, i sindacati di polizia, hanno invitato a star attenti alle vendette dei pentiti contro gli agenti e raccomandano «approfondite verifiche». Antonio Ravidà LA STAMPA 

 


20.4.1996 «Ma quel Giuda in divisa era solo una mela marcia»

 

«Ma quel Giuda in divisa era solo una mela marcia» «Ma quel Giuda in divisa era solo una mela marcia» LA SORELLA DEL GIUDICE SONO addolorata. Mi ferisce sapere che attorno a Giovanni ci potesse essere anche chi poteva tradirlo. Talpa? Spia? Non lo so, forse la storia di quell’uomo della scorta si può limitare a qualche episodio di criminalità, di delinquenza comune». Maria Falcone, sorella di Giovanni, parla dalla sua casa di Palermo. Misura le parole, ma tradisce una forte emozione. Ricordi che ancora sanguinano, ferite che si riaprono. Timori e sospetti che affiorano, anche se non hanno contorni precisi. Che cosa ricorda? L’aveva mai visto? «Non ricordo quell’uomo. Forse ci siamo incontrati una volta a Mondello. Non conosco quindi bene la sua storia, Giovanni non me ha mai parlato. Per questo non voglio giudicare. Non voglio emettere sentenza, né di assoluzione, né di condanna. Ho fiducia nella magistratura, ho fiducia in quello che hanno fatto e faranno i giudici». Ma suo fratello aveva paura? Suo fratello che era così attento, così scrupoloso? «Ogni tanto mi raccontava le sue paure. Ricordo quando si parlò dell’attentato dell’89, all’Addaura. Quell’attentato che poi fallì. “Qualcuno – mi disse – aveva parlato, qualcuno aveva segnalato i miei spostamenti”. Una talpa? Chissà. Lo stesso discorso me lo fece quando fu ucciso Cassare: anche allora si parlò di una talpa». Il problema riguarda proprio il rapporto di Falcone, di suo fratello, con gli agenti della scorta. Non ha mai avuto dubbi? «Guardi, l’agente che è stato arrestato era una “mela marcia”. Può succedere. Ma non andiamo oltre con le ipotesi e i sospetti, non dimentichiamo chi è morto per mio fratello, con mio fratello quel terribile pomeriggio a Capaci. Erano uomini che hanno versato il loro sangue, che hanno vissuto giorno per giorno con Giovanni. Che lo accompagnavano notte e giorno. Erano i suoi angeli». Ma sulla macchina, sulla Croma blindata che accom- pagnava suo fratello, c’era anche un uomo pronto a tradire, un diavolo. Che cosa prova? «Dolore. E’ una ferita, per me, sapere che accanto a Giovanni ci fosse qualcuno che lo tradiva, che era pronto forse anche a voltargli le spalle. Ma di più, mi creda, non posso dire. Anche perché, lo ripeto, ho fiducia nella magistratura, negli uomini che lavorano e lottano per sconfiggere la mafia». Un ruolo importante, signora Falcone, in questa vicenda, l’ha avuto ancora una volta un pentito. Che cosa ne pensa? «Ecco, questa è la soddisfazione più grande. E’ una gioia sapere quanto siano importanti i pentiti. Una gioia sapere che le intuizioni di Giovanni siano state in questi anni un’arma vincente contro la mafia. E’ stato Giovanni a portare i collaboratori di giustizia in primo piano, a chiedere, a lottare perché fosse approvata la legge sui pentiti. E’ questa la strada da seguire, quella che ci sta portando a lottare con maggiore forza contro la mafia. I pentiti stanno alzando tanti veli su Cosa Nostra, su tante stagioni di sospetti, di corvi e di inquinamenti nelle istituzioni. Credo che Giovanni possa essere contento di questo. Ma per favore, non generalizziamo: degli uomùii della scorta ricordiamo quelli che hanno sofferto, hanno pagato con la vita. Non questa unica, isolata, “mela marcia”». Luigi Sugiiano Un pentito lo accusa «Svelò alla mafia il nome di un drogato che collaborava con gli inquirenti» L’uomo fu torturato e ucciso e il corpo venne gettato in un cassonetto «Non posso dimenticare gli agenti che sono morti con Giovanni Erano i suoi angeli» «Quando ci fu l’attentato alla sua villa mi disse “Qualcuno ha tradito”» ERA COMPOSTA DA SEI UOMINI. ERANO VESTITI IN BORGHESE, INDOSSAVANO IL GIUBBOTTO ANTIPROIETTILE. QUANDO FALCONE SI RECAVA A CASA DUE UOMINI SALIVANO CON LUI IN ASCENSORE, ALTRI DUE SALIVANO PER LE SCALE. UNO ENTRAVA PER PRIMO IN CASA PER EVITARE ATTENTATI 0 SCOPRIRE ESPLOSIVI. QUANDO FALCONE DORMIVA, GLI AGENTI STAZIONAVANO SUL PIANEROTTOLO 1A SCORTA DI FALCONE SOSPETTE. FALCONE CAMBIAVA PERCORSO OGNI GIORNO; LO SCI EG LI EVA ALL’ULTIMO MINUTO E RSO MO A fianco, Michele Condiparo. In alto, l’agente arrestato (di spalle) quando faceva parte della scorta del giudice Falcone A sinistra, Totò Riina. In basso (Raffaele Ganci