‘Ndrangheta a Torino, il sindacato «al servizio» di Ceravolo: il nuovo smartphone per eludere il trojan

 


27.9.2024 Dall’inchiesta della Dda emerge la «benevolenza» per il classe ’77. Dal viaggio in Calabria al nuovo Samsung: tutto a spese della Filca-Cisl

 

Nonostante abbia rappresentato per buona parte delle indagini, ovvero fino alla sua elezione a segretario organizzativo torinese del 13 febbraio 2024, un mero dipendente per l’organizzazione sindacale Filca-Cisl, il comportamento di favore nei riguardi di Domenico Ceravolo (cl. 77) è di estrema rilevanza. Comportamenti di benevolenza che si sarebbero manifestati «con maggiore intensità in corrispondenza di fatti giudiziari che lo hanno colpito» o «allorquando sono emersi importanti indizi in merito a possibili attività investigative della pg che l’hanno visto coinvolto».
Per molto tempo, nonostante il ruolo da dipendente per il sindacato Filca Cisl, nel corso delle indagini il comportamento di favore nei suoi riguardiha acceso più di un campanello d’allarme per gli inquirenti della Dda di Torino.

ceravolo filca cisl torino

Il sindacalista “protetto”

I riflettori accesi su Domenico Ceravolo – poi eletto segretario organizzativo torinese a febbraio 2024 – avrebbero messo in luce «comportamenti di benevolenza» scrivono i pm Paolo Toso, Marco Sanini e Mario Bendoni nel fermo emesso nei giorni scorsi contro il sindacalista classe ’77 e altri cinque soggetti ed eseguito dagli uomini della Guardia di Finanza, guidati dal generale Carmine Virno. Secondo le accuse formulate dalla Distrettuale antimafia di Torino, Ceravolo «sarebbe partecipe dell’articolazione ‘ndranghetista di Carmagnola» e quale operatore sindacale e membro della segreteria della Filca-Cisl «avrebbe contribuito al “controllo ” del settore edile da parte del sodalizio, favorendo interessi delle imprese contigue rispetto ai lavoratori iscritti». Comportamenti benevoli soprattutto in corrispondenza dei fatti giudiziari che hanno interessato proprio Ceravolo oppure «quando sono emersi importanti indizi in merito a possibili attività investigative che l’hanno visto coinvolto», è scritto nel fermo.
Dal 16 al 19 febbraio del 2023, infatti, Ceravolo è sceso in Calabria per testimoniare in aula bunker a Lamezia Terme come persona informata sui fatti nel processo “Rinascita-Scott”. Già perché nonostante il viaggio non avesse nulla a che fare con l’attività del sindacato, la stessa Filca Cisl attraverso due responsabili – non indagati in questa inchiesta – si sarebbe fatta carico delle spese.

Il viaggio in Calabria pagato dal sindacato

Ma non è tutto. Nelle fasi investigative, infatti, sarebbe emerso come dell’esborso, per nulla attinente all’attività sindacale, non è stato tenuto all’oscuro il vertice romano dell’organizzazione sindacale stessa. Anzi. In una conversazione intercettate – è il 18 febbraio 2023 – Ceravolo «comunica al collega che l’indomani, dopo la sua deposizione al processo, lo avrebbe informato sugli esiti dello stesso», è scritto nel fermo. «(…) mo gli scrivo che è andato tutto bene, giusto per renderlo edotto».
La vicenda, come noto, si complica perché la deposizione di Ceravolo in aula sarebbe stata ritenuta «finalizzata a tutelare un imputato per il delitto» e, pertanto, il sindacalista avrebbe rischiato a sua volta di esser processato per “favoreggiamento personale”».
Poi, qualche settimana dopo, arriva la notizia della cattura del superlatitante Pasquale Bonavota a Genova, con il ritrovamento, all’interno dell’appartamento, della carta d’identità recante proprio il nome di Domenico Ceravolo.

Eludere il “trojan” e le intercettazioni

Il “sostegno” dei due responsabili torinesi della Filca Cisl nei confronti di Ceravolo è emerso anche in un’altra circostanza singolare. Quando, cioè, erano emersi «chiari segnali una possibile attività investigativa svolta nei confronti di quest’ultimo» scrivono i pm. E di messo c’è uno smartphone.
«Senta (…) la chiamo per un problema che ha il proprietario, l’intestatario di questo numero», «non riusciamo a disinstallare o quantomeno a bloccare un’applicazione che è “assistenza in linea” che continua a lavorare in background, volevamo capire se era possibile disattivarla tramite il servizio o c’è qualche anomalia…». Così uno dei due responsabili sindacali dirà all’operatore del gestore Vodafone. Il riferimento è al trojan “inoculato” sullo smartphone in uso Domenico Ceravolo il 6 febbraio 2023.
I tre mangiano la foglia e allora si attivano. Dopo aver contattato l’assistenza del proprio gestore, uno dei responsabili della Filca Cisl contatta addirittura «il personale informatico del sindacato che opera nella sede centrale di Roma» per «avviare la pratica per l’acquisto di un nuovo cellulare da dare in uso proprio a Domenico Ceravolo», scrivono i pm nel fermo. E così avviene.

Il nuovo smartphone da 1.400 euro

È il 4 marzo 2023 quando gli inquirenti, attraverso la telefonata di Domenico Ceravolo al figlio, capiscono che il sindacalista sia effettivamente in possesso di un nuovissimo smartphone. «(…) amore mio lo sai che ieri mi è arrivato, che me l’ha mandato… il Samsung S23 Ultra, l’ultimo è…». «(…) eh però…eh…lui penso che l’ha pagato o 1300 o 1400…». Secondo i pm, dunque, tale dispositivo «avrebbe non solo sostituito quello sul quale era stato installato il trojan» scrivono nel fermo ma avrebbe reso «maggiormente complicato (se non impossibile) un nuovo tentativo di inoculazione da parte della polizia giudiziaria» considerato che si trattava di uno smartphone di ultimissima generazione. (g.curcio@corrierecal.


‘Ndrangheta, tra le carte dell’operazione Factotum. “Nel sindacato sapevano”

 

L’inchiesta ha travolto il segretario della Filca-Cisl di Torino. I dirigenti gli avrebbero anche cambiato telefono per sfuggire alle indagini

 

Ai vertici della Filca-Cisl c’era chi conosceva la caratura criminale e il legame con l’ndrangheta di Domenico Ceravolo, loro dirigente. E’ scritto nel provvedimento di fermo firmato dai PM Mario Bendoni, Marco Sanini e Paolo Toso. Sono quasi 500 pagine quelle in cui vengono sviscerati i modus operandi dell’organizzazione e di chi ne faceva parte; il ruolo di tipo manageriale di Franco d’Onofrio, originario della provincia di Vibo Valentia, passato da rivoluzionario a mafioso in poco tempo; e il rapporto tra lui e Domenico Ceravolo, che appare molto stretto.

Il boss e il sindacalista

Quest’ultimo, scrivono gli inquirenti, organizzava incontri con appartenenti all’ndrangheta per conto di D’Onofrio, sapendo del ruolo apicale da questi rivestito nelle organizzazioni piemontesi. È al sindacalista che il boss confida di voler lasciare l’Italia. Sospetta di essere soggetto a indagini e il via vai di pregiudicati nella sua casa non lo aiuta a stare sereno.

San Michele e  il telefonino

Ma i legami tra la ‘ndrangheta e il sindacalista erano noti anche ad alcuni vertici del sindacato. Come appare dalle loro conversazioni. E traspare anche dal profilo social di Ceravolo – si legge – con i post di immaginette di San Michele Arcangelo, la cui immagini viene utilizzata per i riti di affiliazione ’ndranghetisti. Quasi a voler ostentare una certa appartenenza. Altro particolare, nell’ipotesi investigativa: ci sarebbe stato un intervento a favore di Ceravolo, cambiandogli il telefonino,allorquando sono emersi chiari segnali di una possibile attività investigativa svolta nei confronti di quest’ultimo”.

 


25.9.2024 Il sindacalista calabrese arrestato a Torino e lo scontro con il pm di Rinascita Scott: «Non sa chi è zio Luigi? Ci prende in giro»

 

Toni accesi durante la testimonianza di Domenico Ceravolo nel febbraio 2023. Il 46enne fermato ieri in Piemonte è finito nel mirino della Procura di Catanzaro per falsa testimonianza. I tanti «non ricordo» sulle conversazioni con Giamborino e la caccia ai verbali di Andrea Mantella

LACNEWS

Quando Domenico Ceravolo arriva a testimoniare come teste della difesa nel processo Rinascita Scott si sa soltanto che si tratta di un «operatore sindacale» (così si definisce) nato a Torino l’8 novembre 1977. È il 18 febbraio 2023 e il suo è un interrogatorio che assume toni molto accesi. L’uomo originario di Vibo Valentia – città che spiega di aver lasciato nel 2011 per farvi ritorno, poi, per motivi familiari nel corso degli anni – commenta alcune sue conversazioni con Giovanni Giamborino, considerato dagli investigatori uno dei fedelissimi del boss Luigi Mancusoe condannato a 19 anni e 6 mesi in primo grado. Le sue parole non convincono affatto il pm Annamaria Frustaci e il Tribunale trasmetterà la sua deposizione alla Procura ipotizzando il reato di falsa testimonianza. Ieri il sindacalista è stato fermato dall’antimafia di Torino per il suo presunto ruolo al servizio di quello che sarebbe un gruppo criminale piemontese guidato da Francesco D’Onofrio, 68enne originario di Mileto.

Ceravolo, 46 anni, compare anche in un’altra fase del maxi processo alla ’ndrangheta del Vibonese. Frustaci chiede di risentirlo a processo in corso (ma non accadrà) dopo la cattura del boss latitante Pasquale Bonavota, avvenuta il 26 aprile 2023. Nel covo del capoclan di Sant’Onofrio viene, infatti, trovato un documento d’identità del sindacalista: circostanza che la Dda di Catanzaro vorrebbe chiarire in aula. Anche un pezzo dell’inchiesta torinese Factotum ruota attorno alla latitanza di Bonavota, che avrebbe trascorso in Piemonte una parte dei suoi giorni da fuggiasco. È un’altra storia: torniamo ai giorni di Rinascita Scott.   

Lo scontro con il pm: «Pensa di prenderci in giro?»

«Ma lei pensa che noi siamo qui per farci prendere in giro? ». Il pm Frustaci rimbrotta duramente il sindacalista della Filca Cisl nell’aula bunker di Lamezia Terme. È il 18 febbraio 2023. Il magistrato ha appena riportato a Ceravolo il contenuto di una intercettazione. Il contesto è quello dell’inseguimento al contenuto dei primi verbali di Andrea Mantella da pentito. Nel 2016, quando si scopre che l’ex vertice dei Piscopisani collabora con i magistrati antimafia, molti a Vibo cercano di capire quali siano i contenuti delle sue rivelazioni.

Ceravolo torna a Vibo tra l’ottobre e il novembre del 2016: spiega che i verbali del pentito non sono il motivo di quel viaggio.

Frustaci riferisce di una conversazione tra l’uomo che si è trasferito a Torino e Giovanni Giamborino, che conosce da 30 anni («era un amico di mio padre»).

«Da questa conversazione – spiega il magistrato – sembrerebbe che lei contatti Giamborino proprio per sapere se era possibile leggere le carte della collaborazione di Andrea Mantella con (probabilmente nel senso di “insieme a”, ndr) l’avvocato Stilo. Le chiedo innanzitutto: conosce l’avvocato Stilo? ». «No», risponde il teste.

«E perché ne fa menzione? », incalza il pm. Risposta: «Io non ho fatto nessuna menzione: ho chiesto a Giovanni se avesse le carte».  «Lei nega di conoscere l’avvocato Stilo – mette a verbale Frustaci –, dopo di che noi abbiamo non solo un dato intercettivo ma anche un imputato (sarebbe lo stesso Stilo, ndr) del processo che ha riferito sul punto».Il pm insiste su quel dialogo intercettato finito nell’inchiesta Rinascita Scott: «Lei dice su domanda del difensore e in aperto contrasto con questo dato intercettivo che Giamborino le avrebbe detto di non avere né potersi procurare le carte di Mantella. Sembrerebbe che invece Giamborino faccia riferimento alla necessità di parlare con un altro avvocato» che dice di avere quei verbali. «E poi – continua – si fa riferimento a un certo zio Luigi e al fatto che queste carte sarebbero state viste là sotto da zio Luigi. Chi è questo zio Luigi di cui stava parlando con lei Giamborino, lei ne ha l’idea? ».
«No, non lo conosco», dice Ceravolo.  «E perché parla con lei in tono confidenziale Giamborino di questo zio Luigi e lei non domanda “di chi stai parlando? ”», insiste Frustaci.

«Ma perché non mi interessava…». Per il magistrato della Dda di Catanzaro è abbastanza: «Ma lei pensa che noi siamo qui per farci prendere in giro? Chiedo al Tribunale di ammonire il teste in ordine alle conseguenze a cui va incontro chi risponde il falso».  Il sindacalista ribadisce: «Io non lo conosco questo zio Luigi».

I verbali di Mantella e i “non ricordo” di Ceravolo

Frustaci va avanti con la sintesi della conversazione agli atti. Ceravolo ha detto di non essere interessato ai verbali di Mantella per questioni personali ma per pure curiosità, «visto che a Vibo se ne parlava e ne scrivevano i giornali».

Per il pm, invece, «sembrerebbe da questa conversazione che Giamborino le avrebbe detto di stare tranquillo perché sulla sua persona non c’era proprio niente. Le dico: conferma anche alla luce di questo dato che lei non ha avuto alcuna risposta in ordine ai temi toccati da Andrea Mantella e in ordine al fatto che non avesse parlato di lei? ».

«Come faccio a sapere se ha parlato di me se non ho letto le carte? A me Giovanni non ha dato nessun verbale di Andrea Mantella», spiega ancora il teste.

Le strade di Ceravolo e Mantella si erano incrociate anni prima, quando il primo avrebbe svolto lavori edilizi per il futuro pentito. In un altro procedimento si era ipotizzato che Ceravolo avesse subito un’estorsione dal boss. Lui ha sempre negato, dicendo di essere stato pagato soltanto in parte, ma solo perché Mantella prima di saldare il conto era stato raggiunto da un decreto di sequestro. La questione dei rapporti tra il sindacalista e l’ex boss dei Piscopisani viene risollevata in aula sempre sulla base di un’intercettazione trascritta dal perito del Tribunale: «Lei ha risposto di non aver avuto alcuna notizia sulle dichiarazioni rese da Mantella. Risulterebbe invece da questo dato intercettivo trascritto dal perito incaricato dal Tribunale che lei avrebbe invece appreso da Giamborino che sul suo conto “non c’è proprio niente” e in più (Giamborino, ndr) le dà anche un’indicazione, perché lei oggi ha fatto riferimento a un processo dove era stato sentito come persona offesa di Mantella e dove invece lei ha detto “non ho avuto problemi di natura estorsiva ma Mantella mi ha pagato per una certa somma i lavori, la restante somma non me l’ha potuta pagare, era stato destinatario di un provvedimento di sequestro”».
«In questa conversazione – è sempre la sintesi del pm – Giamborino non solo le dice che sul suo conto non c’è proprio nulla ma addirittura le dice che comunque per sincerarsi che lei non abbia avuto problemi ha parlato con l’avvocato Pittelli di lei e che avrebbe avuto il suggerimento nel caso in cui fosse uscito qualcosa del dichiarato di Andrea Mantella che avesse toccato la sua persona… lei avrebbe dovuto dire in tutte le sedi di essere stato minacciato. Se la ricorda o non se la ricorda questa conversazione e questo suggerimento? ».
«Ma questo l’ha detto Giovanni? Ma era un suo pensiero. Dottoressa, ma questi dati voi li prendete da dove? Non riesco a capire», abbozza Ceravolo. Che poi dice due volte di non ricordare quel dialogo con Giamborino e spiega anche di non conoscere l’avvocato Giancarlo Pittelli. Risposte che non convincono la Dda di Catanzaro che si riserva di trasmettere gli atti per falsa testimonianza, come poi avviene. Ma questa è soltanto una parte della storia. Il resto si svolge a Torino, dove l’antimafia guidata da Giovanni Bombardieri ha puntato i fari su Ceravolo, che avrebbe avuto «un ruolo rilevante ai fini dell’attività dell’associazione».

 


Salviamo la Cisl

Claudio Chiarle 07:00 Mercoledì 02 Ottobre 2024 LO SPIFFERO

Di Domenico Ceravolo, segretario della Filca-Cisl di Torino e Canavese, fermato con altre persone nell’ambito di un’articolazione dedita “al controllo di attività economiche nel settore edilizio, immobiliare, dei trasporti e della ristorazione” non ci interessa trattare la parte delle indagini. Così come non sono interessato a riflettere su quanto scrive sul Corriere di Calabria  Giorgio Curcio, il 25 settembre, «La sua partecipazione al sodalizio criminale di Carmagnola legato alla ‘ndrangheta non era stata presa in considerazione da subito. Un uomo nell’ombra emerso però man mano che gli inquirenti, partendo dall’inchiesta “Carminius”, sono riusciti a ricostruirne i movimenti e i legami, sebbene non risultasse tra gli iscritti nel registro degli indagati. Poi, seguendo il filo e mettendo a posto i pezzi del puzzle, gli inquirenti della Dda di Torino, guidata dal nuovo procuratore Giovanni Bombardieri, lo ritengono senza alcun dubbio un «membro del sodalizio carmagnolese». Non sono interessato a questo non perché ciò non sia grave ma perché è compito della magistratura accertare i fatti e trarne le conseguenze.

Vorrei soffermarmi su quanto scrive il portale online LaC News24 sempre il 25 settembre: «Per i boss della ‘Ndrangheta piemontese la Filca-Cisl era diventato “il sindacato di riferimento”». È quanto si legge nelle carte dell’inchiesta Factotum. In una conversazione intercettata nel 2022 un uomo contatta Ceravolo per lamentare che in un cantiere a Milano «c’ho la Uil che sta facendo degli iscritti, non vorrei poi che mi rompesse il c… qua il tuo collega della Cisl». «E tu non glieli far fare», è la risposta. L’uomo quindi contatta il cantiere invitando i «ragazzi» a non proseguire con le iscrizioni «perché la Uil non è il nostro sindacato». «Questa affermazione – annotano i pubblici ministeri – dimostra che il gruppo investigato consideri la Filca-Cisl il sindacato di riferimento». I vertici nazionali e torinesi della Filca-Cisl, si legge ancora nel fermo, «appaiono consapevoli» della «contiguità all’ambiente ‘ndranghetistico» di Domenico Ceravolo. I pubblici ministeri affermano che gli accertamenti (svolti anche presso la Cassa edile) portano a concludere che la presenza di Ceravolo comportasse «vantaggi bilaterali e reciproci» sia per il gruppo ‘ndranghetista che per il sindacato. I pm annotano «l’elargizione di utilità-favori del tutto anomali e non giustificati dall’ordinaria attività di operatore sindacale, utilità decise e gestite dai vertici» del sindacato «in costanti e intimi rapporti con Ceravolo». I «vantaggi» per il sindacato, sempre secondo gli inquirenti, consistevano nella capacità di Ceravolo di «tesserare lavoratori, in particolare tra le imprese riconducibili a soggetti di origine calabrese, garantita dalla contiguità dello stesso Ceravolo all’ambiente ‘ndranghetistico»

Lasciando ai magistrati il loro lavoro che oggi prevedrebbe anche la convocazione come persone informate dei fatti e quindi non indagate di De Lellis appena eletto segretario regionale Piemonte della Filca, di De Lucasegretario Nazionale Filca e dello stesso Luigi Sbarra. Da sindacalista cislino devo riflettere su due aspetti per capire come si arriva a queste situazioni: 1) come si forma il gruppo dirigente 2) come sta reagendo la Cisl.

Sul primo punto, ridotta ai minimi termini l’iniziativa sindacale, considerata la perdita di autonomia politica, la riduzione drastica dell’azione sindacale a partire dalle assemblee e demandata l’iscrizione al sindacato ai caf e al patronato è ovvio che i gruppi dirigenti non hanno più una spinta ideale. Inoltre la Confederazione e le categorie territoriali non sono più in grado di fare proposte al regionale o nazionale, delegando il consenso alla formazione del gruppo dirigente ai livelli superiori. In questo modo i fondamentali per diventare dirigente sindacale nella Cisl diventano la fedeltà e non la competenza e la professionalità insieme all’idealità della scelta militante; le qualità apprezzate dalla mediocrità sindacale sono l’asservimento acritico anziché l’elaborazione critica e propositiva; non è più il confronto ma il consenso supino. Dallo Statuto Cisl si possono tranquillamente cancellare i concetti di pluralismo e rispetto delle posizioni altrui. In questo contesto i nuovi dirigenti vengono scelti a immagine e somiglianza attraverso la fedeltà amicale ed è altrettanto ovvio che questo può originare storture interpretative dell’azione sindacale ma anche inerzia sindacale perché l’unico requisito per fare carriera è ripetere pappagallescamente i pensieri del “capo”. La Cisl, ultimamente, non vede le storture nel gruppo dirigente ma è impegnata a estromettere segretari “pensanti”, propositivi, costruttivi ma scomodi, che danno fastidio perché chiedono conto dei comportamenti etici e delle scelte sindacali. Eliminando la ricchezza del confronto interno, della democrazia sindacale restano solo l’inerzia e l’ininfluenza sindacale. La Cisl non cerchi i nemici fuori guardi in casa ma guardi i propri limiti e debolezze. In un gruppo dirigente uniforme e appiattito “che non pone problemi”, acquiescente, si  possono anche inserire personaggi che hanno interessi diversi e sfruttare sedi, soldi, persone, situazioni per scopi diversi dall’azione sindacale. È un pericolo molto forte se il gruppo dirigente ha “ucciso” il dibattito e il confronto interno perché non si ha più capacità di osservare ciò che succede.

La debolezza del gruppo dirigente attuale si conferma passando  al secondo punto con una reazione debole e blanda espressa dal comunicato a firma Filca e Cisl Torino e Piemonte con cui si comunica una generica sospensione del “dirigente in questione da ogni incarico e ruolo all’interno del sindacato”. Si presume sia la sospensione cautelativa, che dura al massimo 12 mesi nel caso Statuto Cisl o a tempo indeterminato per lo Statuto Filca, decadendo dalle cariche. Ma la stessa Segreteria che ti ha sospeso ti può riammettere in qualsiasi momento se ritiene decadute le cause della sospensione. Questa scelta è  opportunistica perché gli inquirenti scrivono, prima della sospensione del Ceravolo, che essi “non potevano non sapere” e per questo saranno ascoltati (come persone informate dei fatti) dai pm. Capite che, allora, alla gravità delle accuse serviva una risposta forte come l’espulsione. Tra l’altro anche questa, nell’ambito del garantismo a la carte, può essere rivista.

Come credo sia un segnale di estrema debolezza del sindacato e di forza del Ceravolo al suo interno l’elezione il giorno successivo al suo fermo, di De Lellis a Segretario Generale della Filca Piemonte. Chi avrebbe fatto il segretario della Filca di Torino in sostituzione di De Lellis?  Segnale flebile perché se si vuole difendere la Cisl oltre allo sconcerto e all’amarezza bisognava riaffermare i valori cislini contenuti nel Codice Etico della Cisl (qualcuno se lo ricorda?) ci vogliono segnali e iniziative forti e tempestive di trasparenza, di etica e di pulizia. È sempre ora di buttare fuori i mercanti dal tempio. Il primo segnale trasparente era restare al proprio posto; farsi eleggere, il giorno dopo il fermo, segretario generale regionale, con quel passaggio dei pm, sembra un fuggire ma senza andare troppo lontano, per uscire dai riflettori. Riflettori che staranno accesi a lungo. Anche la Cisl regionale con la sua presenza a quella elezione non dà un bel segnale, se non di arroccamento organizzativo senza nessuna riflessione critica e di attenzione ai tanti iscritti Cisl che in questi giorni sono davvero sconcertati e indignati. Già, ma oggi il ragionamento che va per la maggiore è spiegare che la Cisl è sotto attacco e bisogna difendersi. Fa sorridere che in Cisl qualcuno pensi che la Dia e la Procura di Torino si prestino ai giochetti tra sindacati per favorire una o l’altra organizzazione. E credo che anziché considerare questa inchiesta un attacco dall’esterno il gruppo dirigente della Cisl dovrebbe riflettere su come tutto ciò sia potuto accadere e cosa ne pensano i nostri iscritti. Sennò siamo nel campo del miope e autoreferenziale narcisismo sindacale.

il documento della Filca e Cisl Torino e Piemonte finisce affermando che la vicenda “rappresenta per noi una ferita ma anche un motivo di profonda riflessione al nostro interno”. Questa frase l’ho sentita ripetere molte volte ma non ho mai visto fatti susseguenti, sono rimaste frasi vuote e retoriche. Il gruppo dirigente della Cisl di Torino e Piemonte ha emesso un comunicato così debole, evasivo e rutinario e mi chiedo quale dibattito ci sia stato per arrivare a questa formulazione basata solo sulla difesa dell’organizzazione e la tutela garantista del fermato. Dove sono le categorie della Cisl torinese e piemontese? Dove sono i segretari generali? Dove sono gli organismi statutari? Ci sono convocazioni straordinarie per riflettere su ciò che è accaduto? Non mi risulta. Un’Organizzazione Sindacale non può limitarsi al garantismo costituzionale deve agire molto prima; la Cisl ha valori, etica, una morale che necessità di porre i confini tra giusto e sbagliato, tra poter essere un dirigente e attivista sindacale e non esserlo, molto in anticipo rispetto ai valori costituzionali. Lo dice la Storia della Cisl, ce lo dicono dei sindacalisti formidabili come Carniti, Pastore, Romani, Macario e molti ancora viventi, tanti torinesi tra l’altro. A cosa guarda l’attuale gruppo dirigente? Che messaggio da ai suoi iscritti? Salviamo la Cisl.


Sindacato, tessere e mafia: i vertici della Cisl e Filca in Procura a Torino. La Guardia di Finanza passa al setaccio le Casse Edili in tutta Italia  

 

Controlli particolari dovrebbero essere effettuati in Campania, Toscana, Piemonte, Calabria e Puglia.

I vertici locali e nazionali della Cisl confederale e della Filca Cisl (sindacato degli edili) saranno sentiti in Procura a Torino nell’ambito dell’inchiesta Factotum che ha portato all’arresto di Domenico Ceravolo, segretario provinciale e dipendente della Filca Cisl torinese. L’accusa per Ceravolo è quella di associazione a delinquere di stampo mafioso. Di questo lo accusano i pm Paolo Toso, Marco Sanini e Mario Bendoni titolari del fascicolo.

A Torino, in Procura, arriveranno Mauro De Lellis, segretario provinciale della Filca (da 4 giorni promosso responsabile regionale), Ottavio De Luca e il segretario nazionale della Cisl Luigi Sbarra. La notizia delle convocazioni è stata diffusa da autorevoli fonti sindacali.

E non finisce qui. Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta sulle false firme carpite (a loro insaputa) a centinaia di lavoratori edili dagli operatori di alcuni sindacati di categoria per poter impunemente succhiare i contributi sindacali tramite trattenute operate dalle Casse Edili territoriali.

Stando ad alcune fonti attendibili sarebbero state sottoscritte migliaia di deleghe sindacali senza il consenso dei lavoratori. Tante le disdette operate in modo anomalo ai danni di alcune sigle sindacali per favorire il rafforzamento di altre. Basandosi sui nomi dei lavoratori realmente iscritti alla Cassa Edile, sarebbero state compilate false adesioni con tanto di delega di pagamento. Gli operai si troverebbero quindi iscritti a loro insaputa al sindacato, costretti a sborsare in media 150 euro ogni sei mesi. Una sorta di gabella vessatoria.

Nelle prossime ore i comandi provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri attiveranno controlli incrociati e passeranno al setaccio le sedi delle Casse Edili di molti capoluoghi di provincia in tutta Italia. I militari contatteranno e ascolteranno a campione gli operai edili iscritti e non iscritti al sindacato per verificare quanti hanno autorizzato la trattenuta, la delega sindacale. Controlli particolari dovrebbero essere effettuati in Campania, Toscana, Piemonte, Calabria e Puglia.

Dunque, nell’occhio del ciclone sono finite alcune organizzazioni sindacali, i discutibili e assurdi metodi di iscrizione dei lavoratori, iscrizioni effettuate direttamente dal datore di lavoro per garantirsi pace sociale e silenzio sul rispetto delle normative riguardanti i contratti, la tutela della salute e la sicurezza sui posti di lavoro.

 Negli ultimi anni sono state inventate nuove figure, i cosiddetti tesseratori e conciliatori sindacali, personaggi ambigui senza storia o esperienze, arrampicatori sociali. Figure lontane anni luce dal sindacalismo militante e molto più vicini ai consulenti padronali. Spesso i lavoratori non solo si ritrovano iscritti ai sindacati a loro insaputa ma sono costretti a sottoscrivere verbali, atti transattivi che si rivelano vere e proprie truffe, rinunciando ai diritti e parte consistente del salario.


Operazione contro la ‘ndrangheta a Carmagnola: la Cisl sindacato di riferimento della mafia calabrese?

Il comando provinciale della Guardia di Finanza di Torino, sotto la guida del generale Carmine Virno e con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Milano, ha arrestato sei persone accusate di far parte della cellula ‘ndranghetista di Carmagnola, in Piemonte. L’indagine ha svelato legami tra la criminalità organizzata piemontese e le cosche calabresi, in particolare con il clan Bonavota di Sant’Onofrio (Vibo Valentia).

Francesco D’Onofrio, dal terrorismo politico alla ‘ndrangheta

Francesco D’Onofrio (nella foto di apertura), 68 anni, originario di Mileto (Calabria), ma da decenni residente tra Nichelino e Moncalieri nel torinese, ha attraversato più mondi criminali. Negli anni Ottanta, fu condannato per i suoi legami con i Colp – Comunisti Organizzati per la Liberazione del Proletariato, un gruppo terroristico affiliato a Prima Linea. Successivamente, è stato accusato di possedere un arsenale di pistole e kalashnikov e di avere avuto un ruolo nell’omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia nel 1983, un’accusa poi archiviata dalla Procura Generale di Milano. Negli ultimi decenni, D’Onofrio è diventato uno dei leader della ‘ndrangheta in Piemonte, secondo l’ultima inchiesta condotta dal Gico della Guardia di Finanza e dalla Dda di Torino.

Il ruolo di D’Onofrio nella cellula di Carmagnola

Affiliato alla ‘ndrangheta fin dal 2006, D’Onofrio era legato al clan torinese dei fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea e operava in stretta collaborazione con le famiglie mafiose Arone, Defina e Serratore. La cellula di Carmagnola, di cui era il capo, era in collegamento con la cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Durante un periodo di fibrillazione interna dovuto a numerosi arresti, D’Onofrio avrebbe organizzato incontri per rafforzare i ranghi e pianificare le attività della cosca.

Domenico Ceravolo e il controllo del settore edile

Tra gli arrestati figura Domenico Ceravolo, 47 anni, sindacalista della Filca-Cisl sospeso dal suo incarico. Ceravolo è accusato di aver agevolato le imprese vicine al clan nella gestione del settore edile, favorendo l’assunzione di persone legate alle famiglie mafiose. Inoltre, secondo la Dda, avrebbe organizzato la falsa testimonianza resa durante il processo Rinascita Scott del 2023, con l’obiettivo di screditare il collaboratore di giustizia Andrea Mantella.

Le intercettazioni hanno rivelato che la Filca-Cisl era considerata il “sindacato di riferimento” dalla ‘ndrangheta piemontese. Ceravolo avrebbe utilizzato la sua posizione per controllare le iscrizioni dei lavoratori, garantendo un controllo mafioso sul settore.

Antonio Serratore e la latitanza di Pasquale Bonavota

Antonio Serratore, 50 anni, è accusato di aver favorito la latitanza di Pasquale Bonavota, fornendogli documenti falsi e assistendolo durante la sua fuga. Inoltre, Serratore avrebbe concordato con Ceravolo le modalità per rendere false testimonianze in tribunale.

Gli altri membri della cellula di Carmagnola

Rocco Costa e Claudio Russo, originari di Vibo Valentia, sono stati accusati di estorsione e protezione mafiosa nei confronti di imprenditori locali. Giacomo Lo Surdo, considerato affiliato alla ‘ndrangheta dal 2003, è descritto come consigliere di D’Onofrio per le strategie del gruppo criminale.

Le attività criminali della cosca

Oltre al controllo del settore edile, la cellula è accusata di estorsioni, ricettazione e detenzione di armi. Le vittime sono commercianti e imprenditori, dai quali i membri della cosca avrebbero richiesto denaro o beni sotto la minaccia di violenze. In un caso, una vittima sarebbe stata costretta a consegnare gioielli per un valore di 20mila euro come pagamento.

L’operazione ha smantellato una rete mafiosa ben radicata tra Piemonte e Calabria, dimostrando ancora una volta l’ampia infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto economico e sociale del Nord Italia. https://t.me/ilmoscone

 

Di Vito e Ceravolo nella segreteria della Filca Cisl Torino-Canavese


 

Ndrangheta: leader Filca-Cisl conoscevano contiguità membro

I vertici nazionali e torinesi della Filca-Cisl “appaiono consapevoli” della “contiguità all’ambiente ‘ndranghetistico” di Domenico Ceravolo, componente della segreteria di Torino-Canavese del sindacato, da ieri in stato di fermo in un’inchiesta della Dda del Piemonte. E’ quanto si legge nelle carte del procedimento.

I pubblici ministeri della Dda piemontese affermano, nel decreto di fermo, che gli accertamenti (svolti anche presso la Cassa edile) portano a concludere che la presenza di Ceravolo comportasse “vantaggi bilaterali e reciproci” sia per il gruppo ‘ndranghetista che per il sindacato. I pm annotano “l’elargizione di utilità-favori del tutto anomali e non giustificati dall’ordinaria attività di operatore sindacale, utilità decise e gestite dai vertici Ottavio De Luca (segretario nazionale) e Mario De Lellis (segretario provinciale), in costanti e intimi rapporti con Ceravolo”. I “vantaggi” per il sindacato, sempre secondo gli inquirenti, consistevano nella capacità di Ceravolo di “tesserare lavoratori, in particolare tra le imprese riconducibili a soggetti di origine calabrese, garantita dalla contiguità dello stesso Ceravolo all’ambiente ‘ndranghetistico, circostanza di cui De Lellis e De Luca appaiono consapevoli”. 25 Settembre 2024 Journo


La ‘ndrangheta e il sindacato. «I vertici della Filca-Cisl sapevano delle contiguità»

diMassimiliano Nerozzi

Torino, bufera dopo i fermi di Finanza e antimafia, già sospeso il dirigente

La ‘ndrangheta e il sindacato. «I vertici della Filca-Cisl sapevano delle contiguità»

Dal (presunto) illecito penale all’allarme economico e sociale: «Le indagini svolte, tra operazioni tecniche e riscontri presso la Cassa edile, hanno confermato la sussistenza di vantaggi bilaterali e reciproci (sia per il sodalizio criminoso che per il sindacato) derivanti dall’inserimento di un partecipe alla ‘ndrangheta, Domenico Ceravolo, in Filca-Cisl». È l’incipit di un paragrafo del fermo — deciso dalla Dda ed eseguito dal Gico della guardia di finanza — che ha fatto finire in manette sei persone, nell’ambito di un’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta, tra Moncalieri e Carmagnola.

A seguire, i pm Mario Bendoni, Marco Sanini e Paolo Toso riassumono i presunti vantaggi: «L’elargizione a favore di Ceravolo (uno dei fermati, ndr) di utilità/favori del tutto anomali e non giustificati dall’ordinaria attività di “operatore sindacale”, utilità decise e “gestite” dai vertici, segretario nazionale (O.D.L.) e segretario provinciale di Torino (M.D.L.) — entrambi non indagati — in costanti e intimi rapporti con lo stesso Ceravolo». E ancora: «La sussistenza di vantaggi per il sindacato derivanti da attività di Ceravolo, consistenti essenzialmente nella sua capacità di tesserare lavoratori, in particolare tra le imprese riconducibili a soggetti di origine calabrese, garantita dalla contiguità dello stesso Ceravolo all’ambiente ‘ndranghetistico, circostanza di cui il segretario nazionale e quello provinciale appaiono consapevoli, come dimostrato dalla vicenda emblematica inerente alla testimonianza resa dall’uomo al processo “Rinascita Scott” e dall’ostentazione del rapporto con Ceravolo» anche con un altro sindacalista, «definito nel corso di una conversazione intercettata tra i due come gli “occhi” del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra». 

Non è tutto: «La sussistenza di evidenti vantaggi per il sodalizio criminoso, derivanti dal ruolo di Ceravolo in seno alla Filca-Cisl (considerando che il settore edile costituisce il terreno primario per l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto economico sociale), vantaggi consistenti» nella «raccomandazione di soggetti da assumere in seno alle imprese edili; determinazione di imprese affidataria di appalti/sub appalti; “controllo” dei lavoratori dipendenti delle imprese vicine al sodalizio».

Altro particolare, nell’ipotesi investigativa: ci sarebbe stato un intervento a favore di Ceravolo, cambiandogli il telefonino, «allorquando sono emersi chiari segnali di una possibile attività investigativa svolta nei confronti di quest’ultimo». Morale: l’uomo «avrebbe non solo sostituito quello sul quale era stato installato il trojan, ma avrebbe reso maggiormente complicato (se non impossibile) un nuovo tentativo di inoculazione da parte della polizia giudiziaria, atteso che si tratta di un modello di ultimissima generazione». 

Di più, Ceravolo si rivolge al segretario provinciale «per chiedere che venissero acquistati a spese della Filca-Cisl i biglietti aerei verso la Calabria per una comunione», nel febbraio 2023. Lo stesso sarà per i biglietti aerei di quando andrà in Calabria per testimoniare al processo «Rinascita Scott», appunto, a fine maggio dello stesso anno. Non bastasse, il funzionario sindacale avrebbe ottenuto «un aumento stipendiale», «il pagamento del canone di locazione dell’abitazione» e quello «di alcune forniture». Ribadendo «piena fiducia nell’operato della magistratura», Filca e Cisl di Torino e Piemonte si dicono «sconcertati e amareggiati per quanto emerso finora dalle indagini». Già sospeso il dirigente, i sindacati affermano che «questa vicenda rappresenta una ferita ma anche un motivo di profonda riflessione al nostro interno» 26 settembre 2024


L’inchiesta Factotum

25.9.2024 Edilizia, sindacato, sociale. La pervasività della ‘ndrangheta in Piemonte

 

Il tessuto economico piemontese si scopre ancora una volta permeabile alla criminalità organizzata. Fino a infiltrarsi tra gli edili della Cisl

Ci ha fatto aprire una grossa, una profonda riflessione che ci colpisce e ci ha ferito”, nel giorno in cui viene promosso a segretario generale della Filca Cisl Piemonte, Mario De Lellis deve gestire l’impatto di quanto trapela dall’inchiesta Factotum: un dirigente in ascesa degli edili Cisl, Domenico Ceravolo, tra i fermati insieme a colui che avrebbe assunto le redini della ‘ndrangheta in Piemonte, il presunto boss Franco D’Onofrio. 

Il giallo delle tessere

Tra le possibile accuse a Ceravolo, sospeso in via cautelativa dalla Cisl, quella di aver tesserato diversi edili attingendo a ditte legate alle cosche. “Assolutamente nessun tipo di avvisaglia – puntualizza De Lellis – anche perché nella nostra azione quotidiana sindacale la priorità è la tutela dei lavoratori quindi questa è una vicenda che va al di là di quella che è la nostra missione all’interno del mondo del lavoro”. “Fedeli al garantismo – aggiunge in una nota la Cisl – come lo siamo stati per altre grosse inchieste come in Liguria che hanno coinvolto altri sindacati”.

E intanto emergono voci di esposti, in Procura a Torino, presentati da CGIL e Uil nei mesi scorsi per flussi anomali di disdette nelle tessere, non legati però a questa indagine. Ennesimo shock del tessuto economico-sociale piemontese. In attesa della convalida dei cinque fermi, resta lo spaccato fotografato da una nuova indagine su una ‘ndrangheta dedita – in Piemonte – al controllo di attività legali dall’edilizia ai cantieri stradali. Dopo la recente inchiesta Echidna, insomma, un altro shock per il tessuto economico e sociale piemontese.

“Gli anticorpi non sono ancora sufficienti”

Guardando in modo trasversale tutto, la parte più politica, istituzionale ma anche del mondo della cooperazione del mondo del sociale, gli anticorpi non sono sufficienti”, commenta Maria José Fava, referente Libera Piemonte. “C’è bisogno di sempre più consapevolezza conoscenza e azione. Continuiamo ancora troppo a sottovalutare”. RAI NEWS