Intervista a Giuseppe De Donno: “Stragi di mafia, la pista nera smentita anche dai Pm, chi copre la verità?”

 

L’ex numero due del Ros

“Sa quale è adesso l’accusa che ci contestano? Che “condizioniamo” la Commissione parlamentare antimafia sulle stragi del 1992-93. Ha visto che potere che abbiamo?”, afferma, ironico, Giuseppe De Donno, colonnello dei carabinieri in pensione ed ex vicecomandante del Ros.

Colonnello De Donno, siete riusciti allora a convincere i commissari della bontà di quello che i vostri detrattori chiamano il “teorema Mori” e che quindi il dossier Mafia appalti su cui stavate indagando fu l’elemento scatenante della strage di via D’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino?
La commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, non è certo condizionabile. Mi paiono affermazioni avventate. Nelle nostre audizioni abbiamo cercato di ricostruire ciò che avvenne. E anche tutte le manovre per impedirci di andare avanti nelle indagini.

Il Movimento cinque stelle la scorsa settimana ha indetto una conferenza stampa, a cui ha partecipato Giuseppe Conte e gli ex magistrati Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, dai contenuti clamorosi. Per farla in breve, hanno denunciato il “sequestro” della stessa Commissione d’inchiesta da parte della maggioranza governativa e della presidente Colosimo, esponente di Fratelli d’Italia. Un sequestro che, dicono, “include bavagli di ogni tipo per tacitare il dibattito, rifiuto ad ascoltare i testimoni sollecitati dall’opposizione perché evidentemente considerati non graditi dalla maggioranza”.
Ho visto.

Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo, ha poi accusato Mori di essere, su tantissimi punti, falsificatore di fatti, bugiardo incontenibile, ricostruttore fantasioso di altrui dichiarazioni, cronologie faziose, che non troverebbero riscontro né in atti giudiziari, né in atti di polizia, né in atti dei carabinieri. Mi sembrano affermazioni molto gravi.
Guardi, se per questo dicono che abbiamo fatto sparire i temi importanti dal dibattito, spostando tutta l’attenzione sul versante “Mafia-appalti”. Questa inchiesta sarebbe “un’arma di distrazione di massa”. Per loro, ci sarebbe “una contro-narrazione, basata su falsità documentali, per portare sul banco degli imputati la magistratura”, per “gettare fango sui magistrati”. Ma non è assolutamente vero. Noi abbiamo semplicemente ricostruito i fatti, con carte alla mano, che spazzano via la narrazione dominante di questi trenta anni sulle stragi.

Quella della “pista nera”?
Certo. Si continua a raccontare che ci sarebbe la Cia, il servizio segreto americano, dietro tutte le stragi. La Cia condizionerebbe i nostri servizi segreti che non sono autonomi ma controllati dagli Stati Uniti. È un racconto che coinvolge il sequestro di Aldo Moro, le bombe del 1992, quelle del 1993, la trattativa Stato-mafia e, per venire ai giorni nostri, il rapimento di Abu Omar, l’ex imam di Milano. Peccato che non è stata trovata in tutti questi anni mezza prova, dico mezza, circa il coinvolgimento della Cia e quindi dei servizi segreti deviati, della massoneria, e dell’eversione di destra dietro le stragi.

Il giudice del tribunale di Caltanissetta Santi Bologna, accogliendo la richiesta di archiviazione del procuratore nisseno Salvatore De Luca e dell’aggiunto Pasquale Pacifico, la scorsa settimana ha stabilito che non c’è alcuna pista nera dietro la strage di Capaci dove il 23 maggio del 1992 persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e tre agenti di scorta. Una pietra tombale sulla tesi che ambienti della destra eversiva legati al neofascista Stefano Delle Chiaie, fra i fondatori di Avanguardia nazionale, avessero pianificato l’attentato per fare un “piacere” alla mafia.
Appunto. A qualcuno questo evidentemente non va bene e allora afferma che vogliamo “intimidire la magistratura che ha osato l’inosabile, indagando gli intoccabili: Dell’Utri, Cuffaro, D’Alì, Andreotti, Berlusconi. Un monito per i magistrati di oggi e di domani”. Una balla. Era stata comunque la stessa Procura di Palermo a dire che l’inchiesta “Sistemi criminali” di Scarpinato che ipotizzava una matrice comune fra la strage della stazione di Bologna, dell’Italicus, del Rapido 904, di Via dei Georgofili, di Piazza Fontana, non era dimostrabile.

Cosa risponde allora a coloro secondo cui siete mossi solo dal desiderio di vendetta?
È una affermazione molto grave che il generale Mori, sentendosi perseguitato dalla Procura di Palermo sin da quando la Procura di Palermo lo processò per la mancata perquisizione di Covo di Riina, abbia ora deciso di vendicarsi. Premesso che è stato assolto da quella accusa, posso annunciare che nella prossima audizione a Palazzo San Macuto diremo alla Commissione antimafia come sono realmente i fatti.

Come si sente in questo momento?
Io voglio la verità e vorrei che anche altre istituzioni, ad iniziare dal Consiglio superiore della magistratura, facessero lo stesso.

Le figlie di Paolo Borsellino, Fiammetta e Lucia, nel 2019 vennero sentite dall’allora procurare generale della Cassazione Riccardo Fuzio e fecero i nomi dei magistrati con i quali il padre aveva avuto situazioni di contrasto, anche riguardo le indagini antimafia. Dopo però non si seppe più nulla.
Sarebbe il caso invece di andare avanti. Io quando ero in servizio nell’Arma, anche se assolto, ho subito diversi proceduti amministrativi in cui ho dovuto fornire giustificazioni all’Amministrazione. Non mi pare che ciò sia avvenuto nei confronti dei magistrati. Paolo Comi L’UNITÁ 29.5.2025

 

🟥 VIA D’AMELIO – DE DONNO e MORI oggi di nuovo in COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA

 

 

 

MAFIA e APPALTI dal 1992 ad oggi

 

 

 

Stragi ‘92 🟥 PISTA NERA – Richiesta e archiviazione del procedimento indagini

 

 

GIUSEPPE DE DONNO