No, Falcone e Borsellino non erano amati proprio da tutti

 

Sarebbe stato strano il contrario. Ritornato a Palermo come giudice istruttore, dopo tredici anni di assenza, Giovanni Falcone rammentò, in seguito, il primo impatto con la città.
Sono andato ad abitare in via Notarbartolo, una strada che scende verso via della Libena, il cuore di Palermo.L’amministratore dello stabile per prima cosa mi ha spedito una lettera ufficiale, che in relazione alla mia presenza in quell’immobile e nel timore di attentati ammoniva: L’amministrazione declina ogni responsabilità per i danni che potrebbero essere recati alle parti comuni dell’edificio. Un giorno arrivato davanti a casa, con il mio solito seguito di sirene spiegate, purtroppo, di auto della polizia e di agenti con le armi in pugno, ho avuto il tempo di sentire un passante sussurrare: Certo che per essere protetto in questo modo, deve avere commesso qualcosa di malvagio (Giovanni Falcone, Cose di cosa nostra, cit.p. 9).
Il desiderio di relegare i magistrati antimafia o meglio, l’opposizione della mafia in genere ai margini della vita civile è una tentazione ricorrente, che proviene dallo stomaco della società siciliana.
Una volta ci riuscirono davvero a mandarli via, insieme, sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino. Era la vigilia del maxiprocesso. A Palermo lo Stato non era in grado di garantire né la loro sicurezza né quella delle loro famiglie.
Li misero su un aereo militare e li inviarono all’Asinara, un super carcere, un’isola fortezza, dove sarebbero stati al sicuro e dove avrebbero potuto lavorare in pace per completare l’ordinanza di rinvio a giudizio del primo maxiprocesso.
I magistrati vi rimasero a lavorare due mesi e alla fine furono costretti anche a pagare il conto per il soggiorno – vacanza nella foresteria del carcere. Rimuovere Falcone Borsellino è un desiderio che torna, anche se ormai possono trovare spazio solo nella memoria. Ma i due giudici sono ostinati, come tutti i siciliani. Non si lasciano cacciare via nemmeno da morti.

da “Uomini contro la mafia” di Vincenzo Ceruso