“I Giovani la mia speranza” di Paolo Borsellino

 

 

Pubblicato dopo la sua morte da EPICA il 14 ottobre 1992


“I Giovani la mia speranza” di Paolo Borsellino

 

“Sono nato a Palermo e qui ho svolto la mia attività di magistrato. Palermo è una città che a poco a poco, negli anni, ha finito per perdere pressoché total mente la propria identità, nel senso che gli abitanti di questa città, o la maggior parte di essi, hanno finito per non riconoscersi più come appartenenti a una comunità che ha esigenze e valori uguali per tutti. E questo è dimostrato dal fatto che in questa città, dove ci sono molte abitazioni, al loro interno ricche e ben curate, ha strade in pessime condizioni, com’è facile vedere. E i monumenti, che ricordano il passato regale, sono nelle stesse condizioni di disfacimento. Questa è la situazione in cui Palermo si è venuta a trovare per tante ragioni: perchè è stata una delle città più danneggiate dai bombardamenti, e già questo provocó una fuoriuscita degli abitanti dal centro storico, cioè dai luoghi in cui riconoscevano la propria identità. Ma a questa perdita d’identità hanno contribuito anche le attività delle organizzazioni mafiose. Avendo deciso, in un determinato periodo della loro storia, di sfruttare a pieno le aree edificabili attorno a Palermo, hanno fatto si che l’ asse geografico della città si spostasse. Molti abitanti del centro storico (e io
sono stato uno degli ultimi a lasciarlo) sono finiti in quartieri periferici privi di servizi dove vivono in condizioni di profondo degrado ambientale. Tuttavia a Palermo, dall’inizio degli
anni Ottanta e a causa dei gravissimi delitti della guerra di mafia che turbarono ferocemente l’ordine pubblico, e a causa anche del clamore delle inchieste giudiziarie iniziate subito dopo dal pool antimafia, cominció a crescere una notevole rinascita della coscienza civile.
Nel senso che a un certo punto vi è stata una parte della città che si è reinterrogata su se stessa e in qualche modo, talvolta anche un po’ arruffone, ha cercato di reagire. E la maggior parte di coloro che cominciano a domandarsi chi sono, e come debbo-no portare avanti questa città, sono giovanissimi. É una constatazione che to faccio all’interno stesso della mia famiglia, perchè sono stato più volte portato a considerare quali sono gli interessi e i ragionamenti dei miei tre figli, oggi tutti sui vent’anni, rispetto a quello che era il mio modo di pensare e di guardarmi intorno quando avevo quindici-sedici anni.
A quell’età io vivevo nell’assoluta indifferenza del fenomeno mafioso, che allora era grave quanto oggi. Addirittura mi capitava di pensare a questa curiosa nebulosa della mafia, di cui si parlava o non si parlava, comunque non se ne parlava nelle dichiarazioni degli uomini pubblici, come qualcosa che contraddistinguesse noi palermita-ni o siciliani in genere, quasi in modo positivo, rispetto al resto dell’Italia. Invece i ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimi-sta nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto. E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggior punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. E il consenso che circonda queste organizzazioni che le contrad-distingue da qualsiasi altra organizza-zione criminale.
Se i giovani oggi cominciano a cre-scere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo con-senso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggia-mento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saran-no questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima. E questo mi fa essere ottimista.
Mi sono fatto questa convinzione non solo attraverso le indagini sui miei figli, ma anche a seguito di un episodio accaduto qualche tempo fa: una delle macchine che mi scortava, uccise in-volontariamente due ragazzi davanti a un liceo palermitano, il Meli (lo stesso che avevo frequentato in gioventů). Questi giovani, che sul momento si erano messi a picchiare coi pugni la mia macchina, quando si resero conto della situazione dimostrarono di capire che quello, purtroppo, era il prezzo da pagare per combattere le organiz zazioni mafiose: in quel momento il prezzo era la difesa del magistrato che se ne occupava e la situazione della scorta che, forse inopportunamente. correva troppo. Questi giovani mi fu-rono vicinissimi, sollevandomi in parte dalla crisi morale che l’incidente mi provocó. Loro, quei giovani, avevano capito appieno qual era la battaglia che si stava conducendo, quali prezzi altissimi si dovevano pagare e quali prezzi bisognava accettare.”
Paolo Borsellino
EPOCA 14 OTTOBRE 1992

 

 

PAOLO BORSELLINO alla maturità. Il commosso ringraziamento di FIAMMETTA, LUCIA e MANFREDI