«L’agenda rossa di Borsellino era in procura a Palermo». Poi sparì…

 

 

 

è emersa per la prima volta, dopo 31 anni, nel nuovo libro di Vincenzo Ceruso dal titolo “La strage. L’agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D’Amelio”

«Sono stati apposti i sigilli alla stanza d’ufficio del procuratore Borsellino, dove era collocata un’agenda rossa che nella fase iniziale delle indagini è stata ritenuta l’agenda contenente gli appunti personali di natura riservata».
A riferirlo è Salvatore Pilato, il quale il giorno della strage di Via D’Amelio era in servizio come magistrato di turno. Testimonianza shock emersa per la prima volta, dopo 31 anni, dal nuovo libro di Vincenzo Ceruso dal titolo “La strage. L’agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D’Amelio” edito da Newton Compton Editor.
Per sgomberare qualsiasi dubbio o inevitabili retropensieri va subito detto che Ceruso, uno studioso palermitano allievo di padre Pino Puglisi, ha svolto un lavoro che nessun giornalista e nessuna procura ha mai fatto finora: sentire per la prima volta il magistrato di turno che all’epoca della strage era in servizio presso la procura di Palermo.
Grazie al certosino lavoro svolto da Ceruso e ben compendiato nel libro, emerge con tutta chiarezza che le indagini sono tutte da rifare. Oltre trent’anni di deviazioni verso le “entità”, depistaggi da parte di testimonianze che hanno evocato gli uomini in nero sul luogo della strage, non hanno consentito di vagliare tutti quei dettagli che erano in realtà già sotto gli occhi di tutti.
Come mai l’agenda rossa era finita in procura come riferisce chiaramente il magistrato Pilato, anche se nel contempo afferma che così un collega gli ha riferito? In realtà, e l’autore del libro lo ha spiegato attraverso fonti documentali, la borsa che Borsellino teneva con sé non era semivuota.
Non conteneva solo l’agenda rossa “sparita”, ma era piena zeppa di documenti. Che fine hanno fatto?
Una risposta potrebbe esservi e la si evince da altri elementi che attualmente non risultano vagliati dalle autorità competenti e ultimamente evocate in commissione antimafia da Fabio Trizzino, legale dei figli di Borsellino: le audizioni dei magistrati Gioacchino Natoli e Vittorio Aliquòrese innanzi al CMS a una settimana dalla strage di Via D’Amelio.
Ma per spiegare bene di che cosa si sta parlando, bisogna riportare ciò che Vincenzo Ceruso scrive dettagliatamente nel suo libro. Al Csm i due magistrati spiegano come Borsellino, dopo una forte resistenza, è riuscito a farsi dare la delega per interrogare l’allora pentito Gaspare Mutolo.
Una comunicazione – come ben scrive l’autore nel libro – avvenuta dapprima attraverso una sorta di pizzino, in cui è scritto al magistrato assegnatario: “Ti avvarrai della collaborazione e del coordinamento del collega Borsellino”.
Il biglietto viene allegato al fascicolo che raccoglie le prime deposizioni del pentito e che si trovava nella borsa del Giudice, tra i documenti che egli portava con sé.
Ceruso scrive che lo sappiamo rileggendo la deposizione di Gioacchino Natoli, resa davanti al Csm il 30 luglio 1992: «Acquisire non è facile, perché si trovava (il fascicolo di Mutolo, ndr) nella borsa di Paolo Borsellino che era con lui ed è stato sequestrato; noi siamo in possesso dei verbali perché Paolo era andato via il venerdì, io resto con Guido Lo Forte a lavorare il venerdì pomeriggio ed il sabato e quindi i verbali li avevamo trattenuti noi. Infatti, noi avevamo i verbali e Paolo aveva tutto il fascicolo».
Quanto riferisce nella sua testimonianza il dottor Natoli è confermato nell’audizione di Vittorio Aliquò: «Sì, dopo la morte di Falcone, nei primi di questo mese.
Non posso dire di più perché oltretutto sto dicendo questo a mia memoria, in quanto il fascicolo lo aveva nella borsa Borsellino ed è rimasto chiuso lì tra le carte sequestrate; quindi, non ricordo bene se la nota era a firma di Vigna o se era solo il verbale a firma di Vigna, questo non posso essere preciso, comunque c’è la traccia documentale, il fascicolo è fra le carte di Borsellino».  
Sono passati 31 anni dalla strage e incredibilmente a nessuno è balzato agli occhi ciò. Si è sempre pensato che dalla borsa avrebbero sottratto – non si sa chi, dove e come – l’agenda rossa e basta.
Invece ora è chiaro che alcuni magistrati di Palermo all’epoca hanno visto le carte nella borsa e legittimamente sequestrate.
Giustamente, l’autore del libro dà per scontato che in seguito siano state trasmesse ai pubblici ministeri competenti
. In più, sempre grazie al libro, ora sappiamo che c’era anche l’agenda rossa.
Altrimenti non si spiega come sia stata vista sopra il tavolo dell’ufficio di Borsellino subito dopo la strage.
Ci sono testimonianze discordanti sul passaggio della borsa ed è difficile unire i tasselli.
L’autore le elenca e le vaglia attentamente. Bisogna chiarire come sia avvenuto il primo depistaggio che, come ben scrive l’autore, ha a che fare con il movente ultimo dell’attentato.
Cos’aveva scoperto di tanto pericoloso Borsellino? Ceruso spiega che egli aveva individuato le connessioni che legavano la strage di Capaci, la penetrazione mafiosa negli appalti pubblici, gli interessi politico-imprenditoriali a livello nazionale (ben prima di Tangentopoli) e le complicità nel mondo giudiziario siciliano dell’epoca.
Abbiamo anche la certezza che Borsellino ha annotato nell’agenda qualche appunto di natura riservata.
Ma ora abbiamo la certezza assoluta che l’agenda aveva i suoi “allegati”, ovvero i documenti.
Ceruso parla di “tesoro documentale” scomparso «dall’orizzonte di interesse dell’opinione pubblica (altra questione è in quale misura sia scomparso da quello investigativo) insieme alla sua borsa, nelle primissime ore dopo l’esplosione». Ma tali carte, stando alle audizioni di Natoli e Aliquo, sono state viste e sequestrate.
Grazie alla testimonianza autorevolissima raccolta nel libro, disponiamo di un dato certo riguardo al momento in cui la borsa di Borsellino sarebbe stata portata via dal luogo dell’attentato: intorno alle sei meno un quarto, un ufficiale dei carabinieri riferisce al magistrato Pilato che la borsa era già stata posta sotto sequestro dagli uomini dell’Arma. Successivamente, e qui risulta particolarmente complesso fare chiarezza, il materiale è giunto in procura.
Sicuramente, l’agenda rossa, ora che sappiamo per la prima volta che era sul tavolo dell’ufficio di Borsellino.
Quindi, come ipotizza lo stesso autore del libro, la sua scomparsa definitiva non sarebbe avvenuta in via D’Amelio, bensì nel luogo in cui il suo proprietario lavorava quotidianamente e conservava i documenti più importanti.
Ma tutti questi documenti che fine hanno fatto dopo il sequestro?Ceruso è ottimista.
Si trovano verosimilmente negli archivi di alcune procure siciliane, tra scaffali impolverati e fascicoli.
In fondo tante prove sono state dimenticate.
Testimonianze comprese. L’autore ripesca una deposizione avvenuta al primo processo Borsellino.
Parliamo dell’allora colonnello Enrico Brugnoli: racconta di aver aiutato l’allora magistrato nisseno Cardella (ricordiamo che recupererà la borsa presso la questura di La Barbera solo a novembre del 1992) a repertare il contenuto.
Elenco completamente scarno. Ma nell’elencazione, Brugnoli confermerà la presenza di almeno tre documenti.
Dalle domande poste dal Pm sembrerebbe che siano state fatte delle fotocopie.
Almeno quelle è possibile, quindi, recuperale.
Ma per comprendere meglio il quadro bisogna leggere il libro “La strage. L’agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D’Amelio” dove tutto è ricostruito in maniera certosina.
Anche ponendo nuovi elementi sulla modalità della strage dove emerge la contraddizione sul rinvenimento del “blocco motore” e non solo.
Una ricostruzione che nessuna sentenza sulla strage ha mai fatto e che non troverete mai in nessun altro libro di “inchiesta” sull’argomento.
Ora toccherà alla procura nissena vagliare di nuovo da capo. Magari senza gli inevitabili condizionamenti e tesi che hanno allontanato la verità dei fatti.
Trovare i documenti, eventuali relazioni di servizio anche da parte dei magistrati di turno, verbali. E magari ascoltando tutti i togati viventi di allora.  
Quel terribile giorno, in procura, c’erano quasi tutti. Anche questo emerge dalle audizioni al Csm.

 

 

 

 
 

VIDEO intervista al dottor Salvatore Pilato 

 

BORSELLINO: L’agenda rossa è arrivata in procura prima dell’apposizione dei sigilli all’ufficio del giudice?

 
L’ agenda rossa del dr. Borsellino è arrivata in procura prima che i magistrati di Caltanissetta apponessero i sigilli all’ ufficio del giudice?
Premessa necessaria: l’ agenda era nella borsa insieme ad altro. Paolo Borsellino non passò dalla procura ne sabato pomeriggio ne domenica.
Partiamo dalla prima testimonianza( emersa dopo 31 anni)che colloca l’ agenda del dr Borsellino sulla sua scrivania nell’ ufficio della procura nel tardo pomeriggio del 19, giorno della strage.
A dicembre del 2023 viene pubblicato un saggio di Vincenzo Ceruso: “La strage L’agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D’Amelio”
All’ interno vi è la testimonianza, raccolta sotto forma di intervista, del dr. Pilato, PM di turno a Palermo il 19 luglio 92, intervenuto sul luogo della strage per quelli che vengono definiti ” Atti urgenti”.
E infatti l’ autore chiede al dr Pilato:
«Quali sono stati gli atti urgenti da lei compiuti?»
La risposta
«Con l’ausilio dell’Arma dei carabinieri, della polizia di Stato e dei vigili del fuoco abbiamo tentato di perimetrare i luoghi e di bloccare l’accesso ai luoghi per impedire la presenza di soggetti non qualificati e/o non abilitati a competenze investigative, ma è stata un’operazione di esecuzione complessa, poiché erano in corso le attività di soccorso e di ausilio ai residenti nelle abitazioni civili colpite dalla devastazione dell’atto terroristico. Sono stati eseguiti i rilievi planimetrici e fotografici sul punto dell’esplosione e sui luoghi circostanti. Sono stati apposti i SIGILLI ALLA STANZA D’ UFFICIO DEL PROCURATORE BORSELLINO DOVE ERA COLLOCATA UN’ AGENDA ROSSA che nella fase iniziale delle indagini è stata ritenuta l’agenda contenente gli appunti personali di natura riservata».
Successivamente racconta a Ceruso l’ attività di quel giorno.
“Tra gli atti da lui intrapresi vi sarebbe stata anche l’apposizione dei sigilli all’ufficio del Giudice, ma la prima disposizione a questo riguardo sarebbe avvenuta tramite una telefonata al segretario della Procura, Carlo Maiorca, il quale lo avrebbe rassicurato che l’ufficio era stato chiuso a chiave. Il dottor Pilato, secondo i suoi ricordi, si sarebbe trattenuto in via D’Amelio fino alle venti circa, quando sarebbe stato autorizzato dal procuratore Giammanco ad andare a casa. L’indomani, egli avrebbe trasmesso una relazione al suo superiore, che l’avrebbe dovuta inoltrare ai colleghi di Caltanissetta. A questo punto, il magistrato fa una precisazione. È solo il 20 luglio, quando si reca in Procura, che gli viene riferito della presenza dell’agenda rossa nell’ufficio a cui erano stati apposti i sigilli.”
Il fascicolo Mutolo, che si trovava nella borsa del giudice Borsellino arrivò in procura prima che apponessero i sigilli.

(1) https://www.facebook.com/share/p/1AuPhUkJWV/. apri il link  

Sappiamo anche che Arcangioli consegnò la borsa all’ agente Infantino su ordine dell’ Ispettore Lo Presti.

(2) https://www.facebook.com/share/p/1EfTRmBdDy/ apri il link

Nel video sopra linkato il dottor Pilato racconta proprio dell’agenda e parla di ” Sigilli amministrativi” apposti dai magistrati della procura di Palermo in attesa dei sigilli giudiziari la cui competenza era dei PM di Caltanissetta che, effettivamente, in serata effettuarono una prima perlustrazione nell’ ufficio e apposero i sigilli alle 23.40, nel relativo verbale non c è traccia di agenda, niente.
Ma il dottor Pilato parla di ” sigilli amministrativi” che sarebbero stati apposti in attesa di Caltanissetta quindi prima sicuramente delle 23.25, orario in cui i pm di Caltanissetta entrano nell’ ufficio. Potete vedere il verbale che segue
 
 
Una delle tante domande che sorgono è: ma dove è il verbale di apposizione “sigilli amministrativi “di cui parla Pilato nel video?
Se c’ era l’agenda perché la stessa non risulta in quell’ufficio la mattina del 20 durante il sopralluogo?
Altra domanda: durante il procedimento contro Arcangioli nessun magistrato pensò di interrogare il PM di turno quel giorno?
In realtà in nessun processo su via d’Amelio è stato sentito Salvatore Pilato e neanche Luigi Patronaggio che coadiuvava Pilato quel giorno.
È possibile che insieme al fascicolo Mutolo sia arrivato in procura, nell’ ufficio di Borsellino, tutto il contenuto della borsa compresa l’ agenda?
 
 
 
 
 
 
P. S.
L’ agenda non può essere sparita giorno 20 durante il sopralluogo perché erano presenti anche Manfredi e Lucia Borsellino. Lo vedete dalla seconda foto.
 
Il video è estrapolato dal documentario ” la linea della Palma” , a cura di Valeria Ferrante, del 24 dicembre 2024
GABRIELLA TASSONE Fraterno Sostegno ad Agnese Borsellino
 
 

🟥➡️ (1)

Abbiamo chiesto alla Commissione Antimafia di inviarci ( visto che sono ostensibili e declassificati) gli atti che riguardano:

A)i sopralluoghi nell’ ufficio della procura e nello studio privato del giudice Borsellino effettuati dopo la strage. J)
B) l’ apposizione dei sigilli all’ ufficio della procura.
C) elencazione materiale rinvenuto nell’ ufficio della procura e nello studio a casa
D) comunicazioni tra procura di Palermo e Caltanissetta riguardo questa documentazione.
Troverete i vari documenti, che potrete scaricare, nel link alla fine del post.
Questo è un estratto dalla repertazione del materiale (” numerosi atti e documenti”) rinvenuto nell’ ufficio del dr Borsellino durante il sopralluogo del 20 luglio 92.
I sigilli erano stati apposti il 19 sera dalle 23.25 alle 23.40.m  
Al punto tre dell’ elenco ( lo vedete nella prima foto) leggerete del cosiddetto fascicolo Mutolo.
Il punto principale è che quel fascicolo era nella borsa del dr Borsellino.
E come lo sappiamo?
Dalle audizioni di Aliquò e Natoli al CSM.
A fine luglio 92 furono auditi molti colleghi di Borsellino presso il CSM.
Tra le tante domande e risposte, a un certo punto Aliquò, riguardo una nota contenuta nel fascicolo Mutolo, dichiara : “Si, dopo la morte di Falcone, nei primi di questo mese. Non posso dire di più perchè oltre tutto sto dicendo questo a mia memoria in quanto il fascicolo lo aveva nella borsa Borsellino ed è ri-masto chiuso lì fra le carte sequestrate, quindi non ricordo bene se la nota era a firma di Vigna o se era solo il verbale a firma di Vigna, questo non posso essere preciso, comunque c’è la traccia documentale, il fascicolo è fra le carte di Borsellino.”
Dello stesso tenore sono le dichiarazioni di Natoli, sempre al CSM, sempre in quelle audizioni.
“Νatoli: Acquisire non è facile, perchè si trovava nella borsa di Paolo BORSELLINO che era con lui ed è stato sequestrato; noi siamo in possesso dei verbali perchè Paolo era andato via il venerdì, io resto con Guido LO FORTE a lavorare il venerdì pomeriggio ed il sabato e quindi i verbali li avevamo trattenuti noi. Infatti noi abbiamo i verbali e Paolo aveva tutto il fascicolo.”
La prima domanda che verrebbe da porsi è: come è finito lì il fascicolo visto che il dr Borsellino il sabato pomeriggio e domenica non è passato dalla procura?
Abbiamo ascoltato le testimonianze di tutti gli agenti di scorta tra sabato e domenica, e il dr Borsellino non passò dalla procura ne sabato pomeriggio ne domenica. Da notare che già a fine luglio 92 quindi c’ erano due colleghi che avevano messo a verbale,davanti al CSM , di un contenuto presente nella borsa del giudice e che questo contenuto era stato sequestrato.
Se poi andiamo a vedere quali fossero gli atti cui si stava interessando Borsellino prima di morirene troveremomolti che si ricollegano alla questione dell’ informativa del Ros ( mafia e appalti) e alle dichiarazioni di Leonardo Messina.
Perché? Tra gli atti rinvenuti, in ufficio , vi sono: il fascicolo Ranieri eatti su Aurelio Pino, oltre a molto altro. Il primo, fascicolo Ranieri, lo ritrovano sul divanetto, era stato prelevato dal dr Borsellino sabato 18mattina lasciando un biglietto. Ad ottobre del 92 in procura si accorgono che manca il fascicolo Ranieri e chiedono a Caltanissetta la restituzione.
E Aliquò scrive a Caltanissetta “Si è recentemente constatato presso l’archivio di questo Ufficio che il fascicolo n. 5261/90 NC, riguardante l’omicidio di Ranieri Luigi, noto imprenditore di questa città, non trovasi al suo posto, essendo invece sostituito da un foglio, a firma autografa del Dr. Paolo Borsellino, recante l’attestazione che esso era stato prelevato il 18.7.1992.
Poichè detto fascicolo non risulta fra quelli qui restituiti dalla S.V.,prego di voler accertare se si trovi tuttora agli atti del procedimento per la strage di via d’Amelio, o se non sia stato mai rinvenuto.”
E in effetti era tra le carte sequestrate, come risulta dall’ elenco dei faldoni affidati al Ros per la repertazione,inessi vi è il fascicolo Ranieri nel faldone N 3.
Lo potete vedere nella seconda foto che alleghiamo.
Chi era Luigi Ranieri?
“Luigi Ranieri, noto imprenditore ucciso a Palermo che viene ampiamente citato sia nel dossier mafia-appalti degli ex Ros, sia dal pentito Leonardo Messina – legandolo alla questione di Angelo Siino – che Borsellino ha interrogato direttamente per almeno dieci giorni di fila fino all’11 luglio del ‘92. ”
Sempre nel faldone 3, vi sono ” atti riguardanti la società SAT intercettazioni telefoniche, verbali di interrogatorio e materiale sequestrato a seguito dell’omicidio.”
Per quanto riguarda il fascicolo di Aurelio Pino, foto numero 3. “50 Fascicolo processuale n. 26/92 relativo al collaboratore Pino Aurelio Napoleone contenente:    
a) nota dell 11.3.92
b) nota n. 1814/92 del 3.3.92 in triplice copia”
Chi era Pino Aurelio Napoleone?
“Si tratta dell’imprenditore che il 21 febbraio 1989 riferì ai carabinieri la strategia di Cosa nostra per il controllo degli appalti, specificando che i gruppi mafiosi che gestivano e controllavano gran parte delle gare di appalto nella provincia di Palermo erano essenzialmente due: il gruppo Modesto e il gruppo Siino, sotto la tutela delle “famiglie” Salamone e Brusca, le quali avevano come referenti assoluti Riina e Provenzano”
Qui un articolo per comprendere meglio
Ranieri e Aurelio Pino   https://www.ildubbio.news/…/borsellino-i-documenti…  

Dunque, dagli atti repertati nell’ ufficio del giudice emerge l’ interesse dello stesso verso quel filone investigativo che riguardava le connessioni tra mafia e imprenditoria. Vorremmo ringraziare la Commissione Antimafia, presieduta dall’ Onorevole Chiara Colosimo, per gli atti inviatici e il lavoro di ricerca che sta svolgendo.    
Senza questo materiale non sarebbe emerso questo dato di un contenuto della borsa del giudice arrivato in procura prima che l’ ufficio fosse sigillato.
Ma forse adesso sarebbe il momento di capire chi ha portato quel materiale in procura prima che apponessero i sigilli.
Questo il link per scaricare tutti gli atti relativi ai sopralluoghi e repertazioni. https://drive.google.com/…/1X7DprEjn9I5akBbBR5Y…/view…

 

 

🟥➡️ (2)

 
“A.d.r. ribadisco che sono certissimo di avere fatto la relazione di servizio in cui ho dato conto di
quanto svolto il 19.7.1992 benchè l’ufficio mi rappresenti che non sia stata rinvenuta. Faccio presente
che la Questura di Palermo aveva due archivi uno presso la Squadra Mobile e uno presso la Divisione
Anticrimine e tuttora è così. In sede di verbalizzazione riassuntiva preciso che presso il Comm.to
Oreto vi era all’epoca un archivio deposito dove venivano depositati documenti storici, forse è tuttora
esistente.”
Sono parole dell’ Ispettore Lo Presti, messe a verbale due anni fa, per capire di cosa parliamo si può leggere questo https://www.ildubbio.news/…/strage-via-damelio-il…
Ma sono importanti perché Lo Presti, quello stesso pomeriggio del 19, oltre a farsi consegnare la borsa dal capitano Arcangioli, fece anche un sopralluogo al palazzo dei Graziano con alcuni colleghi. E di ciò si trova traccia nell’ OCCC Borsellino quater
[“2.2. Le ulteriori indagini sul palazzo dei costruttori GRAZIANO
La Squadra Mobile della Questura di Palermo riferiva per la prima volta sulla strage di Via d’Amelio con nota CAT.M.1/92-Mob.Omicidi del 20 luglio 1992.
In specie, nella nota si riferiva, tra l’altro, che alle ore 16.58 circa del 19 luglio, personale della Volante “21”, nel transitare per Piazza Giacchery a Palermo, udiva una forte deflagrazione provenire dalla parte ovest della citta’, fatto che subito induceva a pensare che fosse accaduto qualcosa di grave.
Notiziata la Sala Operativa la Volante si dirigeva immediatamente verso la zona, e giunto in via Autonomia Siciliana, angolo via D’Amelio, si trovava dinanzi ad uno scenario agghiacciante.
Decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuavano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodevano da soli, gente che urlando chiedeva aiuto, nonche’ alcuni corpi orrendamente dilaniati dall’esplosione. Nell’occorso un individuo, notata la vettura della Polizia, vi correva incontro, chiedendo aiuto ed asserendo di essere uno degli uomini della scorta del Dr. Borsellino e che quest’ultimo, unitamente agli altri cinque componenti la scorta erano deceduti a seguito di una violentissima esplosione.
Il personale giunto per primo sul posto, unitamente agli altri che mano mano arrivavano, si prodigava per dare i primi soccorsi ai numerosi feriti presenti negli stabili di via D’Amelio, gravemente danneggiati dall’esplosione.
Immediatamente veniva effettuato, a cura di personale della Polizia, approfondito sopralluogo in uno stabile di colore grigio, all’apparenza disabitato poiche’ in via di completamento, dal quale poteva avere una completa visuale del luogo della strage. Si accertava cosi’ che l’edificio denominato “Complesso Iride”, e’ stato costruito dalla ditta
“Iride” il cui amministratore era GRAZIANO Francesco. Si procedeva ad ispezionare la costruzione, accertando cosi’ che soltanto dai piani alti risultava una completa visuale su via D’Amelio. Veniva riferito, però, che “non veniva tuttavia rilevato nulla che potesse far pensare alla presenza di qualcuno nei locali”.
Venivano informalmente contattati alcuni abitanti dei palazzi circostanti la zona i quali nulla di utile erano in grado di riferire.
Si identificavano gli inquilini dello stabile ubicato al civico 46 di via D’Amelio ed attiguo a quello in costruzione dei Graziano, che riferivano di non aver notato nulla di sospetto nei giorni antecedenti la strage. Soltanto i fratelli Giambra Stefano e Massimo riferivano che domenica 12 luglio in un orario compreso tra le 10.00 e le 11.30 avevano notato transitare nella stradina secondaria che permette l’accesso allo stabile dei Graziano, una Ferrari di colore rosso con due individui a bordo che, dopo esser entrata nel costruendo immobile, vi aveva sostato per circa 30 minuti.
Nell’immediatezza, la principale pista seguita, quantomeno per il posizionamento di chi aveva a distanza innestato la carica esplosiva, era proprio quella del complesso IRIDE dei fratelli GRAZIANO. Soggetti che già allora risultavano assai vicini alla famiglia MADONIA (indicati come prestanome di Francesco MADONIA, capo famiglia, e dei figli Nino e Salvo, storicamente a capo del mandamento di Resuttana, nel cui territorio la strage era stata commessa. Il fatto che chi aveva, dal punto di vista criminale, il controllo del territorio, cioè i MADONIA (tra l’altro, una famiglia da sempre vicina al “capo dei capi” di Cosa Nostra, Totò RIINA) avesse, nei pressi del luogo della strage, la possibile disponibilità di fatto di un palazzo in costruzione, da dove si poteva tranquillamente vedere il luogo del delitto, e, possibilmente, anche azionare il pulsante di innesco della carica esplosiva, costituiva indubbiamente un importantissimo indizio, che in parte, ma solo in parte, venne sfruttato nell’immediatezza del fatto.
Invero, venivano eseguite perquisizioni domiciliari ai sensi dell’art. 41 T.U.L.P.S. presso gli Uffici della societa’ “Di Maria Costruzioni S.r.l.”, della quale e’ amministratore Di Maria Giuseppe, nipote dell’allora pluripregiudicato Graziano Domenico, presso l’abitazione del predetto Graziano ed in quella di Di Maria Onofrio. Non si riusciva, nell’immediatezza, a procedere a perquisizioni nei confronti di: Graziano Vincenzo, Marasa’ Salvatore, Graziano Giovanni e Graziano Francesco.
Dunque, appare chiaro che una parte almeno della Squadra Mobile di Palermo aveva individuato, già il 19 luglio, proprio nel palazzo dei GRAZIANO, e negli stessi costruttori, il punto da cui fare iniziare le investigazioni circa gli autori della strage.
Tra l’altro, nella nota veniva segnalato che perveniva al 113 una telefonata anonima, “con la quale voce di donna riferiva che il giorno dell’attentato, nello stabile in costruzione dei fratelli Graziano, al piano ultimo, era stato notato uno strano movimento, aggiungeva che i Graziano sono legati al clan Madonia”.
Nella consapevolezza che il luogo in cui è stata innescata a distanza la carica esplosiva che causò la strage di Via d’Amelio rimane, a circa 20 anni dai fatti, uno dei punti più oscuri della ricostruzione accusatoria, questo Ufficio ha ritenuto, dunque, di iniziare proprio da quei dati acquisiti nell’immediatezza, e di compiere oggi tutte le indagini che allora non vennero compiute.
In particolare, prima di proseguire con le nuove indagini, bisogna esplorare compiutamente tutte le risultanze allora raccolte.
Circa il palazzo dei GRAZIANO, l’allegato 4 della nota del 20 luglio 1992 riferiva che alcuni poliziotti della Criminalpol di Palermo e di altri centri (in quella data aggregati a Palermo) si erano recati in via d’Amelio ed avevano individuato in una autovettura (che pensavano erroneamente essere una SEAT) il posizionamento dell’eplosivo, azionato tramite un telecomando a distanza. Gli appartenenti della P.S. si prodigavano, dunque, “per individuare un probabile punto di osservazione dal quale l’attentatore poteva far detonare l’esplosivo. Si supponeva, dunque, che lo stesso poteva essere stato appostato in uno stabile di colore grigio, all’apparenza ancora disabitato perchè in via di ultimazione, dal quale si aveva un’ottima visuale del punto della strage.
(…) Sul posto si accertava che l’edificio, denominato Complesso Iride, veniva costruito dalla ditta EDILFER il cui amministratore era tale GRAZIANO Francesco. Nel cortile del suddetto complesso vi era parcata una autovettura FIAT UNO di colore bianco (…) intestata alla EDILFER (…) All’apparenza tale autovettura sembrava essere lì ferma da almeno un giorno. Si procedeva ad un sommario sopralluogo della costruzione, che era costituita da 12 piani e divisa in sei scale. Nel corso della perquisizione si notava che soltanto dagli appartamenti collocati nei piani alti si poteva avere una buona visuale del luogo dell’eccidio, che distava circa 150 mt. Tuttavia non venivano rilevate tracce della presenza di persone che avessero lì bivaccato per un determinato lasso di tempo”.
Dunque, secondo la nota, non vi erano tracce della presenza di persone lì appostate, così come invece, appena 57 giorni prima, era stato scoperto nei pressi del luogo dell’eccidio di Capaci.”]
Nell” estratto dell’ occc si parla di allegati alla nota.
Lo Presti viene descritto dai colleghi come un tipo preciso, esageratamente preciso, che annotava e relazionava tutto.
Chissà se si riusciranno a trovare tutte queste relazioni di servizio, hanno recuperato i brogliacci di 33 anni fa, potrebbero anche recuperare queste relazioni.
P. S. Dalla foto, la borsa sembra piena, sembra avere un peso dentro che tende a rigonfiare il fondo
 
 
 

SALVATORE BORSELLINO: Se nell’Agenda Rossa si parlasse di mafia e appalti questa Agenda sarebbe già venuta sicuramente alla luce, dato che a nasconderla sono sicuramente quelle stesse persone che hanno infiltrato la commissione parlamentare direttamente e tramite propri consulenti perché potesse indirizzarsi soltanto su questa pista del tutto inconsistente.  (profilo FB 4.7.2025)

SALVATORE BORSELLINO: Mario Mori conosce i contenuti dell’agenda rossa perché sicuramente l’ha letta e pilota i lavori della Commissione (Antimafia AD 18 luglio 2025)

 


I lavori della COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA