PAOLO BORSELLINO: sull’importanza di educare i giovani alla legalità…

 

“Sono stato più volte portato a considerare quali sono gli interessi e i ragionamenti dei miei tre figli, oggi tutti sui vent’anni, rispetto a quello che era il mio modo di pensare e di guardarmi intorno quando avevo quindici-sedici anni. A quell’età io vivevo nell’assoluta indifferenza del fenomeno mafioso, che allora era grave quanto oggi. […]  
Invece i ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimista nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto.
E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. È il consenso che circonda queste organizzazioni che le contraddistingue da qualsiasi altra organizzazione criminale.
Se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima.
È questo mi fa essere ottimista.
” (da Epoca del 14 ottobre ’92).

 

 

 


Papà sapeva coinvolgerci tutti,
portando a casa delle storie di umanità che ci raccontava. Era un padre che faceva cose enormi, pericolosissime per la sua vita, e ce le sapeva spiegare cosicché noi non gli abbiamo mai messo bastoni tra le ruote. Per lui era importante il nostro sostegno.

Un’infanzia certo non semplice, tanti sono stati i prezzi pagati ma per fortuna  i nostri genitori sono riusciti a darci quelle risorse necessarie per superarli e andare avanti. Mio padre è stato un papà molto presente, il tempo che trascorreva con noi era di altissima qualità e, nonostante fosse un uomo così impegnato, trovava il modo di partecipare agli incontri con i nostri professori. C’erano dei momenti per lui sacri in famiglia, come il ritorno da scuola, ci mettevamo a tavola e ci raccontavamo in attesa del pranzo. Nulla avrebbe potuto distrarlo dal trascorrere con noi quegli attimi. La nostra casa era come un porto di mare, sempre aperta a tutti. Era il suo modo di essere, anche con i ragazzi della scorta che erano come dei figli.

Mio padre ha sempre cercato di impostare con noi figli un rapporto basato sull’ascolto, sul dialogo e sui valori dell’umiltà e del rispetto. Il rapporto con mio padre era come quello che hanno tutte le figlie con il loro genitore: negli anni dell’adolescenza l’ho stressato per avere il motorino – e sono riuscita ad averlo anche prima dei 14 anni – e per avere orari di uscita più “flessibili” rispetto a quelli che mi aveva dato. Prima che gli fosse assegnata la scorta (una realtà blindata per Paolo Borsellino già nel 1984, ndr) quando mi accompagnava a scuola scendevo sempre prima e non proprio vicino all’ingresso, perchè mi vergognavo e la stessa cosa facevo quando magari rientravo la sera in compagnia di alcuni miei amici. I miei fidanzati, come capita spesso, ovviamente temevano già solo di incrociare lo sguardo di mio padre sotto casa. Ho vissuto in casa con lui 19 anni e devo dire che, nonostante le scorte le minacce e le pressioni, accanto a lui mi sono sempre sentita forte, non ho mai temuto per la mia vita. Ovvio che tutti noi in famiglia avessimo un pò di paura, ma per superare quei momenti negativi mi facevo forza con una frase di Giovanni Falcone: l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza.

Il rapporto con mio padre era come quello che hanno tutte le figlie con il loro genitore: negli anni dell’adolescenza l’ho stressato per avere il motorino – e sono riuscita ad averlo anche prima dei 14 anni – e per avere orari di uscita più “flessibili” rispetto a quelli che mi aveva dato. Prima che gli fosse assegnata la scorta (una realtà blindata per Paolo Borsellino già nel 1984, ndr) quando mi accompagnava a scuola scendevo sempre prima e non proprio vicino all’ingresso, perché mi vergognavo e la stessa cosa facevo quando magari rientravo la sera in compagnia di alcuni miei amici.

Nel tempo libero mio padre parlava ai ragazzi perché solo cultura può farvi dire no alla mafia, la cultura vi fa pensare con la vostra testa

Amava i giovani e a loro guardava come riferimento per una società migliore. Li esortava a credere nella bellezza, ad amare la cultura, la musica, l’arte, lo sport; a coltivare sogni e avere obiettivi.

FIAMMETTA BORSELLINO

 

Quando BORSELLINO spiegava la mafia ai giovani

 

 

Borsellino, un buon padre di famiglia. Un film da rivedere