Inciucio tra ex magistrati: le intercettazioni.

 

Nella puntata di “Lo Stato delle Cose” andata in onda su Rai 3 il 22 settembre, Massimo Giletti ha trasmesso nuovi estratti di intercettazioni, parte dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta, che coinvolgono il senatore M5S ed ex magistrato Roberto Scarpinato e l’ex collega della Procura palermitana Gioacchino Natoli, già Presidente della Corte d’Appello di Palermo. L’ospite fisso del programma, Michele Santoro, è rimasto pietrificato come quasi tutto il pubblico televisivo.

Nei mesi scorsi era già emerso che avrebbero preventivamente discusso dell’audizione del gennaio 2024, e, nel corso della trasmissione, è stato ricostruito il contenuto di questi dialoghi.

Cosa è successo durante la trasmissione

Secondo i documenti mostrati con un contributo video realizzato dalla redazione, Scarpinato e Natoli avrebbero concordato in anticipo il contenuto dell’audizione di quest’ultimo davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia. In particolare Scarpinato, al tempo Procuratore Generale di Palermo, avrebbe indicato a voce domande e risposte da fornire all’ex pm Gioacchino Natoli, oggi indagato per favoreggiamento alla mafia, durante l’audizione sulla strage di via D’Amelio. Emblematiche sono le conversazioni avvenute il 29 agosto e il 28 ottobre del 2023 in cui Scarpinato confida: “Sai che intenzioni ho? Di seppellire la Colosimo sotto una montagna di documenti”, suggerendo così di sommergere la Presidente Colosimo di materiale informativo probabilmente con l’obiettivo di farla confondere. E ancora Scarpinato dice, sempre sulla base delle intercettazioni messe in onda,Ti farò questa domandama ancheE tu tira fuori questa storia, perché ti farò questa domanda“. La domanda sarebbe stata “Lei sa che rapporti c’erano tra Lima (Felice Lima, ndr) e Borsellino?” Nelle intercettazioni rese pubbliche si fa anche riferimento ad un documento che dovrebbe essere in possesso dell’attuale Procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia: “E allora fatti vedere in modo che siamo preparati, prima che ce la buttino addosso… Fammi avere questa cosa“, diceva Scarpinato. “Questa cosa” potrebbero essere le istanze di Natoli, quelleconservate negli archivi della Procura di Palermo.

Le offese ai figli e alla moglie di Borsellino

Sempre durante il programma in onda su Rai 3, sono state diffuse inoltre alcune intercettazioni captate dalla Guardia di Finanza attraverso cimici ambientali posizionate all’interno dell’appartamento di Natoli. E quelle trapelate sembra contengano parole pesantissime ed estremamente offensive. Gioacchino Natoli, parlando con i suoi familiari, avrebbe detto che i figli di Borsellino, a cominciare da Lucia e Manfredi, sarebbero “senza neuroni“, che l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia ma anche il difensore dei figli di Paolo Borsellino, sarebbe “una m…“, dice Giletti in diretta preferendo essere diretto portatore delle affermazioni piuttosto che mandare in onda l’audio originale. Sulla moglie del magistrato ucciso dalla mafia, la signora Agnese, Natoli avrebbe formulato un giudizio che definire vergognoso e terribile è poca cosa. Parlando con la propria moglie, avrebbe detto: “Era la moglie dell’eroe (Borsellino, ndr), il quale, mentre era in vita, la sbeffeggiava con i colleghi“, usando successivamente il termine “deficiente” per qualificare la signora Agnese. È certamente una conversazione del tutto privata e evidentemente non rilevante penalmente, ma si tratta pur sempre di insulti a una famiglia che ancora oggi non sa la verità sulla morte del proprio caro e che dopo 33 anni non ha avuto alcun tipo di giustizia nonostante la lunga battaglia che è ancora in corso. Una famiglia che, oltretutto, ha sempre considerato Gioacchino Natoli amico del loro padre. Il figlio Manfredi Borsellino, in un intervista a Repubblica, ha espresso “profonda amarezza e indignazione” per gli insulti uditi nelle intercettazioni nei confronti dei suoi genitori. “Proviamo vergogna e imbarazzo per persone che stentiamo e fatichiamo a considerare colleghi di nostro padre. I nostri grandissimi genitori ci avevano preparato anche a questo fuoco amico, ma le offese assolutamente gratuite rivolte a nostra madre ci lasciano davvero senza parole. Quello a cui non eravamo preparati erano gli insulti a nostra madre“, ha dichiarato sempre Borsellino.

Implicazioni su trasparenza, separazione dei poteri e fiducia pubblica

Lo scenario evidenzia alcune criticità sull’equilibrio tra poteri dello Stato e sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Innanzitutto, la diffusione in tv di intercettazioni secretate solleva interrogativi sul rispetto delle garanzie procedurali: la legge vieta l’uso di conversazioni

intercettate senza autorizzazione. Eppure il loro impatto mediatico può risultare devastante, specie se estrapolate da contesti complessi. Se confermate, le rivelazioni scoperchiano comportamenti opachi che mettono a dura prova l’indipendenza delle indagini: magistrati in posizioni istituzionali userebbero rapporti personali per orientare un’inchiesta politica, inquinando idealmente il rapporto tra Parlamento e magistratura. In secondo luogo, la vicenda ribadisce il rischio di “politicizzazione” della giustizia: con un ex-magistrato candidato e ora senatore coinvolto, ogni mossa dell’Antimafia rischia di essere letta come mossa politica e viceversa. Di fatto, in pochi giorni si è innalzato un velo di sfiducia non solo verso i singoli magistrati citati, ma anche verso la capacità delle istituzioni di essere trasparenti e imparziali.

Dal punto di vista della trasparenza istituzionale, rimane cruciale sapere come siano emerse queste intercettazioni, chi le ha autorizzate e perché non fossero mai state rese note prima. Se la magistratura democratica vuole mantenere credibilità occorre chiarire i confini tra diritto di cronaca, azione investigativa e giochi politici. Il caso richiama inoltre alla memoria precedenti crisi di fiducia, dal cosiddetto “scontro di poteri” fra governo e Procura agli scandali interni alla magistratura come la vicenda Palamara. In tutti questi casi si è visto come, dopo qualche tempo di confusione, la trasparenza, purché coltivata con rigore, sia la via migliore per ristabilire verità e certezza del diritto. Per ora, le intercettazioni svelate da Giletti alimentano sospetti e accuse reciproche, ma è proprio nel confronto pubblico serio, e in un’eventuale fase dibattimentale, che si potrà stabilire se esse contengono davvero abusi di potere o solo malintesi. In ogni caso, l’episodio impone una riflessione profonda sul confine fra libertà di informazione e rispetto delle procedure: un nodo centrale per mantenere saldo il vincolo di fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche. ByRoberto Greco  24.09.2025 L’ALTOPARLNTE