Lucia Borsellino all’Asinara 40 anni dopo: «Rimarginata una ferita»

La figlia del giudice Paolo ospite all’evento organizzato dall’associazione italiana Magistrati

Sassari Quarant’anni dopo un’estate che nessuno, tra quelli che l’hanno vissuta, ha mai potuto dimenticare, Lucia Borsellino ha chiuso il cerchio. Questa mattina la figlia del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992 è tornata all’Asinara, ospite dell’evento “Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo: giustizia è democrazia” che si è svolto tra i borghi di Cala Reale e Cala d’Oliva, promosso dalla sezione sarda dell’Associazione nazionale Magistrati con il sostegno della Regione e del Parco Nazionale dell’Asinara.

Un’emozione difficile da contenere, che è sgorgata dalle parole pronunciate ieri mattina durante il suo intervento: «Su quel nostro soggiorno si è scritto e raccontato tanto anche al cinema, ho poco da aggiungere perché sappiate che è tutto vero – ha detto –. Voglio solo aggiungere una considerazione. Noi venimmo qui nell’agosto del 1985 all’improvviso, quando dall’ambiente carcerario trapelò la notizia che c’era un alto rischio per la vita di papà e di Giovanni Falcone. Erano stati appena assassinati Beppe Montana e Ninni Cassarà, arrivò l’ordine perentorio di trasferirci in una sede sicura. Questo lo dico per dimostrare che lo Stato quando vuole salvare i suoi figli, lo fa. Sette anni dopo non fu la stessa cosa. Perché arrivò la stessa notizia e mio padre si disse pronto a trasferirsi ovunque insieme alla famiglia, ma le cose andarono diversamente, come tutti sapete».

Lucia Borsellino ha poi fatto un racconto intimo e toccante delle sue emozioni e anche di quella che è stata la sua esistenza dal 1992 in poi. «È difficile parlare in queste situazioni ma è necessario farlo, perché è giusto far conoscere anche gli uomini oltre i magistrati, togliendoli per un momento dall’altare degli eroi dove sono stati collocati, mio padre e Giovanni erano anche loro uomini e avevano le loro fragilità, io per prima l’ho visto in quel periodo. Finalmente sto riparando una ferita di 40 anni fa, pur avendo condotto la mia esistenza, aver avuto una mia famiglia, ho vissuto in un limbo, a lungo mi sono sentita fuori posto. Avevo la necessità di recuperare quella parte di me che avevo perduto e per questo dovevo essere qui».

Quell’estate del 1985 ha avuto tanti significati e versanti per lei: «Non posso dimenticare che è stato per me un momento straordinario perché ho avuto la possibilità di vivere 24 ore su 24 con la mia famiglia al completo, un fatto eccezionale perché mio padre per motivi di tempo legati al lavoro non sempre riusciva a essere presente. Non dimentico i sorrisi e la dolcezza nei miei confronti di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, fondamentali in quei giorni. Oggi si è realizzata l’integrazione di tutto questo, del passato e del presente, ed è grazie a questo passato, seppur doloroso, che ho trovato la forza per superare quelle macerie che tutti conoscete».