Un film sui giudici che scrissero la storica sentenza del Maxiprocesso: presentato “La camera di consiglio”

aULA BUNKER2 500

 

 


La pellicola della regista Fiorella Infascelli si concentra su un lato sconosciuto del procedimento giudiziario: i 5 giorni trascorsi dagli 8 componenti della Corte chiusi nell’appartamento accanto al bunker dell’Ucciardone dove, senza poter comunicare con l’esterno, leggere giornali e guardare la tv, inflissero il primo vero colpo a Cosa nostra

“L’idea è nata perché nessuno conosceva la camera di consiglio perché si parla sempre di Maxiprocesso, ma i giovani non ne sanno nulla: attraverso questo film si spera che le persone se ne ricordino perché è stato il primo caso in cui si è potuto affermare e asserire che la mafia esiste”. A dirlo è la regista Fiorella Infascelli, che presenta così il suo film “La camera di consiglio” che uscirà al cinema il 20 novembre con Notorious Pictures e che verrà presentato stasera (18 ottobre) in anteprima fuori concorso nella sezione Freestyle alla Festa del Cinema di Roma. La pellicola, che vede tra i protagonisti Sergio Rubini e Massimo Popolizio accanto a un cast corale, racconta appunto la camera di consiglio che portò alla prima storica sentenza contro Cosa nostra.
“Mi sembrava affascinante l’idea di raccontare di queste otto persone, di cui due giudici popolari, rinchiuse in un appartamento accanto al bunker dell’Ucciardone e blindate per cinque giorni – spiega la regista – senza poter scrivere, senza ricevere lettere, senza poter telefonare o guardare la televisione o sentire la radio. Se si sentivano male avevano le medicine che aveva portato il giudice (interpretato da Massimo Popolizio, ndr)”. Un lavoro non tutto di fantasia, perché, afferma ancora Infascelli, “quello che noi non dobbiamo sapere è chi ha votato a favore e chi ha votato contro, ma ciò che è accaduto all’interno non era riservato”.
Quello che “mi interessava era capire cosa succede a queste otto persone, che hanno avuto questo gran coraggio di dire di sì perché non riuscivano a trovarle”.
“Cosa accade tra di loro? Avevano paura? Si uniscono, si scontrano, lavorano?”, si domanda la regista. Nel film lunghi monologhi sia di Rubini che di Popolizio, che si interrogano sugli imputati. Per ricostruire la storia “io ho parlato con i parenti di tutti i giurati, poi avevo l’ex giudice Pietro Grasso, che è vivo, e con il figlio del presidente Alfonso Giordano, dopo di che sui dialoghi ho inventato, ma avendo dei punti fermi”. Il film “non è un film sulla mafia, ma un film su di loro”.
“Non sono stato scelto da Fiorella sulla base di somiglianze e non mi sono posto il problema di fare interpretazioni di tipo imitativo – racconta Rubini, che interpreta proprio il presidente Giordano- ma la cosa importante era spiegare la visione del mondo di questi personaggi, il loro punto di vista, la loro umanità”. Giordano “veniva dal civile, era stato guardato con sospetto perché per alcuni poteva sembrare non avere la competenza invece con la sua temperanza, la sua moderazione e umanità è riuscito a portare alla fine questo processo che era così complicato. Ha agito sempre in punto di diritto senza farsi prendere dalla voglia di giustizia sommaria, di piazza, a cui siamo più abituati nel nostro Paese”.  
“Basta pensare – dice Rubini – a quello che è successo al giornalista Sigfrido Ranucci: nel nostro Paese la cosa più importante è il coraggio, dire la verità e applicare le regole”. Il giudice a latere, cioè Grasso, interpretato da Massimo Popolizio, “ha un carattere diverso, più focoso, più passionale, ma il risultato è lo stesso – spiega lo stesso attore – competenza e lavoro è il grande messaggio che ha questo film e hanno queste persone. Ognuna con la sua personalità”.

Fonte: Adnkronos

 

 

il Maxiprocesso a Cosa Nostra

 

 

 

 

12 luglio 2021, muore Alfonso Giordano, fu il giudice presidente del maxi processo alla mafia