STRAGI: “IL PROCURATORE ERA MASSONE COPERTO”



Perquisite le case del pm defunto di caltanissetta – Agenda Borsellino. La Barbera scrisse di avergli consegnato l’agenda rossa, che non è stata trovata. Il pentito: “Affiliato a una loggia di Nicosia”

Saul Caia sul Fatto del 27/06/2025

Il procuratore capo Giovanni Tinebra, il primo a occuparsi della strage di via D’Amelio durante il più grande depistaggio della storia italiana, era un massone: apparteneva alla loggia “Victoria” di Nicosia, in provincia di Enna, dove fu procuratore capo dal 1969 al 1992.

Ne è convinta la Procura di Caltanissetta, guidata dal procuratore Salvatore De Luca e dall’aggiunto Pasquale Pacifico, che ieri ha perquisito tre appartamenti riconducibili al magistrato scomparso nel 2017. Tra cassetti e casseforti i carabinieri hanno cercato le tracce del suo passato. E pur senza aspettative hanno cercato, senza trovarla, anche l’agenda rossa di Borsellino.
Ma il cuore delle ricerche è la massoneria coperta.
L’ennesima ombra da dissipare nel già controverso ruolo di Tinebra.

L’ennesima ombra che s’aggancia alle parole del pentito Gianfranco Pennino (parlò di associazioni massoniche siciliane “nate sulle ceneri della P2”) e di Angelo Siino, che raccontò le ambizioni di Salvatore Spinello, intento a creare “una super loggia massonica segreta” con “esponenti politici dell’imprenditoria e della criminalità organizzata”.

Lo stesso Spinello, gran maestro della Serenissima Gran Loggia nazionale del Grande Oriente scozzese d’Italia, che nel 1996 confida (intercettato) a Giuliano Di Bernardo, gran maestro della Loggia Regolare d’Italia: “Tinebra è dei nostri anche lui, era della loggia di Nicosia”.

È questa la pista seguita dalla Procura di Caltanissetta per illuminare le tante ombre che riguardano Tinebra, capo della Procura di Caltanissetta fino al 2001, dove guidò le indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio avvalendosi dei finti pentiti Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura. Non solo. Incaricò l’agente del Sisde Bruno Contrada di indagare sulle stragi, ben sapendo che si trattava di un ruolo incompatibile con l’appartenenza ai servizi.

E ancora: nel 2001 finì al centro di violente polemiche politiche e giornalistiche in seguito alla sua nomina a capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria da parte del secondo governo Berlusconi. Tre anni prima Tinebra aveva infatti archiviato “per assenza di riscontri” Berlusconi e Marcello Dell’Utri in un’indagine per concorso in strage nata dalle dichiarazioni del pentito Salvatore Cancemi.

Il pentito aveva detto di aver saputo da Totò Riina che, secondo gli accordi stabiliti con Dell’Utri, emissario per conto di Berlusconi, gli arrivavano 200 milioni di lire l’anno a rate. Cancemi aveva aggiunto che Riina sosteneva di aver parlato con “persone importanti che erano d’accordo” prima delle stragi. E aveva ipotizzato che una di queste potesse essere proprio Berlusconi.

Di questi fatti si sarebbe verosimilmente parlato nel processo Trattativa Stato Mafia dove Tinebra avrebbe dovuto testimoniare. Ma grazie a un certificato medico ottenuto mentre mentre si candidava a procuratore capo di Catania, non si presentò mai in aula.

Ora i Ros cercano ulteriori tasselli sul suo ruolo all’interno della massoneria coperta. E anche sulla sua possibile partecipazione nella scomparsa dell’agenda rossa. Ipotesi che nasce da “un appunto datato 20 luglio 1992 (giorno successivo alla strage di via D’Amelio, ndr) a firma di Arnaldo La Barbera”, il superpoliziotto all’epoca a capo del gruppo d’indagine Falcone-Borsellino, e “rinvenuto negli archivi della Squadra Mobile di Palermo”. Nel documento si legge che quel 20 luglio, alle 12, fu consegnato a Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e una agenda appartenenti al giudice Borsellino”. La nota però non è corredata di ricevuta. Non fu mai trasmessa alla Procura durante le indagini per la strage di via D’Amelio. E La Barbera mai la menzionò nel corso delle sue escussioni”.

La Procura spiega che non v’è alcuna prova di questa consegna e neanche che si trattasse dell’agenda rossa e non dell’altra “appartenuta a Borsellino poi effettivamente rinvenuta”. Il riferimento è all’agenda “marrone” consegnata alla famiglia Borsellino 4 mesi dopo la strage (e per i familiari “mai stata repertata”).