Trentatré anni fa, la strage di via D’Amelio. Le commemorazioni a Palermo
La memoria oltre la retorica. E le inchieste continuano con l’obiettivo di fare luce fino in fondo sulla stagione stragista. Palermo ricorda Paolo Borsellino, Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti addetta alle scorte; Agostino Catalano, 42 anni; Vincenzo Li Muli, 22 anni; Walter Eddie Cosina, 31 anni, e Claudio Traina, 27 anni. Tutti uccisi dal tritolo mafioso il 19 luglio 1992. Unico superstite l’agente Antonino Vullo.
“La strage di via D’Amelio ha impresso un segno indelebile nella storia italiana. La morte di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina – voluta dalla mafia per piegare le istituzioni democratiche, a meno di due mesi dall’attentato di Capaci, intendeva proseguire, in modo eversivo, il disegno della intimidazione e della paura. La democrazia e’ stata piu’ forte. Gli assassini e i loro mandanti sono stati sconfitti e condannati”. Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“In questo giorno di memoria, la commozione per le vite crudelmente spezzate e la vicinanza ai familiari delle vittime restano intense come trentatre’ anni or sono. Il senso di riconoscenza verso quei servitori dello Stato che, con dedizione e sacrificio hanno combattuto il cancro mafioso, difendendo libertà e legalità, consentendo alla società di reagire, è imperituro”, aggiunge il Capo dello Stato.
La procura di Caltanissetta ha aperto nuovi fronti, ha iscritto nel registro degli indagati altri poliziotti, magistrati storici; aperto capitoli che si ritenevano sepolti con perquisizioni nelle abitazioni del procuratore oramai defunto, Gianni Tinebra, alla ricerca dell’agenda rossa; il ritrovamento dopo 30 anni di brogliacci legati al filone mafia-appalti.
“La procura di Caltanissetta sta lavorando e sta lavorando con il sostegno e il supporto della procura nazionale antimafia e antiterrorismo”, ha assicurato il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, in questi giorni a Palermo per un incontro sulle sfide della criminalita’ organizzata transnazionale. C’e’ ancora un “debito di verita’”, ha spiegato, “non solo nei confronti della famiglia Borsellino, ma del Paese intero, e’ un debito che grava sulle spalle di tutti e che siamo impegnati a onorare”.
“Mio padre – ha detto Manfredi Borsellino – voleva vincere questa guerra, ma gli e’ stato impedito da troppe persone vicine a lui, al suo ambito lavorativo. Siamo ancora alla ricerca di questo ‘amico’ che lo ha tradito, di coloro che lo hanno fatto, che gli erano vicini e lo hanno lasciato solo, non soltanto tra le istituzioni, ma in quel mondo professionale, lavorativo, giudiziario che lo circondava e che doveva blindarlo, proteggerlo, salvaguardarlo”.
La Polizia ha ricordato il tragico evento alla caserma “Pietro Lungaro”, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del capo della Polizia, direttore generale della Pubblica Sicurezza, prefetto Vittorio Pisani. Presenti anche la presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. La commemorazione, che ha visto la partecipazione dei familiari delle vittime, di autorità civili e militari, ha avuto inizio con la deposizione, da parte del ministro dell’Interno, di una corona d’alloro presso la lapide in ricordo dei caduti posta all’interno dell’ufficio scorte.