Lucia e Manfredi Borsellino all’Asinara dopo 40 anni: il ricordo di papà Paolo nell’isola dell’esilio

 

Lucia e Manfredi Borsellino tornano sull’isola dell’Asinara per commemorare Falcone, Borsellino e Morvillo, trasformando il dolore in memoria viva e ritrovando la parte di sé rimasta sull’isola

Per Lucia Borsellino, figlia del giudice Paolo, il tempo si è fermato a quel lontano 1985, quando all’età di sedici anni, fu costretta con la sua famiglia a raggiungere l’Asinara per motivi di sicurezza: un evento che ha segnato la sua vita in modo indelebile. È lì, nel carcere sardo, che i giudici Falcone e Borsellino costruirono le linee del Maxiprocesso. Ed è lì che l’Associazione Nazionale Magistrati ha ricondotto Lucia e ManfrediBorsellino a distanza di quattro decenni.

L’invito, promosso congiuntamente dalle sezioni sarda e palermitana dell’ANM, era finalizzato alla consegna di una targa commemorativa, oggi custodita nel museo dell’Asinara, dedicata ai due giudici e a Francesca Morvillo, assassinati per mano mafiosa.

“Con questo momento si è realizzata pienamente quell’integrazione tra passato e presente, che per me era difficile da immaginare – ha dichiarato Lucia Borsellino – perché mi sono resa conto che questo passato, che ho amato moltissimo ma che, per certi aspetti, ho anche odiato, ci ha dato la forza per andare avanti dopo quelle macerie che, sette anni dopo il 1985, avrebbero cambiato per sempre la nostra vita”.

Il ritorno di Lucia all’Asinara

Un momento di commozione generale, reso ancor più intenso dal racconto di Lucia Borsellino, la quale ha spiegato come ha ritrovato sé stessa proprio sull’isola dell’Asinara, dopo anni trascorsi a cercare di superare il dolore più grande della sua vita e di quella del fratello Manfredi: l’omicidio del padre. Un’ambivalenza profonda, quella del giudice e del padre, che negli ultimi anni di vita aveva sacrificato la dimensione familiare in nome della giustizia, fino al tragico epilogo. L’isola sarda fu il luogo dove, costretti in un esilio imposto lontani da Palermo, i due giudici gettarono le fondamenta per un’impresa giudiziaria senza precedenti che avrebbe cambiato il futuro del Paese.

Leggi anche:  Il programma del 33° anniversario della strage di Capaci, Palermo ricorda Giovanni Falcone e la sua scorta

A distanza di tanti anni anche Lucia riconosce la bellezza di quel luogo, che per tanto tempo ha rappresentato solo un doloroso ricordo. Dopo un lungo abbraccio con il fratello Manfredi, la figlia del giudice ha dichiarato che “quello all’Asinara è stato per me un momento di riparazione, una delle tante ferite che la vita ci ha riservato. Ci sono voluti quarant’anni, perché quando si provano emozioni forti si vive una sorta di disorientamento temporale. Ma oggi, dopo tanti tentativi di procedere normalmente nella mia quotidianità, si è definitivamente compiuto quello che io definisco un matrimonio: ho recuperato, sono andata a cercare “quella parte di me che era rimasta qui, che ancora non avevo ritrovato e per la quale mi serviva essere fisicamente in questo posto”.

Il momento della cerimonia commemorativa

A seguito della consegna della targa, che incide fisicamente in questo luogo simbolico la memoria di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, presso Cala Reale si sono tenuti alcuni incontri con magistrati che vissero in prima persona gli anni delle stragi, offrendo testimonianze preziose. Tra loro, Gianmaria Deriu, l’agente penitenziario che all’epoca si occupò delle due famiglie, Diego Cavaliero, il pm amico di Borsellino, Rino Germanà, il poliziotto sopravvissuto a un attentato mafioso nel 1992, ma anche Giovanni Paparcuri e Giuseppe Costanza, entrambi scampati agli attentati.

AdvGuardare oggi con occhi maturi quel luogo, ha detto ancora Lucia, permette di raccontare una storia diversa. Consente di ricordare, anche nei momenti più bui, gli aspetti più veri e sinceri della quotidianità, come lo stare insieme ai genitori e a Giovanni Falcone e conoscerne i lati più umani, più leggeri.
Leggi anche:  Donare il sangue in memoria degli eroi anti-mafia: l’iniziativa a Palermo e Trapani

“Nel percorso personale che abbiamo affrontato e che oggi ha condotto me e mio fratello qui – ha concluso Lucia Borsellino – è emersa anche la nostra fragilità, che credo sia una componente profondamente umana. Ed era una componente di papà, di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo. Attraverso quelle fragilità io li ho amati ancora di più, perché stando per più di un mese all’Asinara con loro, ho potuto cogliere quegli aspetti umani che gli impegni di papà non ci avevano permesso di vivere”. Besicilymag 6.10.2025