25 giugno 1992 La giornalista Liliana Milella si presenta spontaneamente a Tinebra per spiegare il motivo della pubblicazione di queste annotazioni sul quotidiano «Il Sole-24 ore» del giorno precedente e spiega l’origine di come le abbia avute. Racconta che le aveva avute da Giovanni Falcone nel luglio dell’anno precedente.
Falcone gliele consegnò perché di lei si fidava particolarmente in quanto sapeva di appartenere a una testata giornalistica che tutto cercava tranne che gli scoop e poi «Il Sole 24 Ore» aveva avuto modo di organizzare dei dibattiti in cui Giovanni Falcone aveva detto la sua su tutte quelle questioni legate all’organizzazione della lotta alla mafia.
Lei spiega di averle dovute pubblicare perché in poche parole lo scoop era già finito, perché, da una parte, abbiamo Ayala che dichiara che ci sono i diari di Falcone, dall’altra, il 22 giugno Peppino D’Avanzo sul settimanale «l’Espresso» e il Francesco la Licata 23 giugno sul quotidiano «la Repubblica», pubblicano degli articoli in cui si dice che le annotazioni sono 39, quindi c’è questa difformitàche andava in qualche modo risolta.
In effetti, pensandoci bene, le annotazioni che sono in possesso della Milella si fermano al 6 febbraio 1991.
Siamo quindi in un’epoca antecedente al deposito dell’annotazione del ROS, che avviene il 20 febbraio del 1991, ma dagli articoli di D’Avanzo su «la Repubblica» e su «l’Espresso» vengono citate due annotazioni in cui letteralmente Giovanni Falcone si lamenta dell’assegnazione del fascicolo relativo all’omicidio del colonnello Russo e del professor Costa, avvenuto a Ficuzza nell’agosto del 1977, di cui parlerò, e soprattutto del fatto che, in riferimento al rapporto di mafia-appalti, i fedelissimi del procuratore Giammanco definiscono quel rapporto carta straccia da cui non c’è nulla da prendere.
Questo dice D’Avanzo su «l’Espresso» del 22 giugno 1992 e su «la Repubblica» del 23 giugno 1992. È chiaro che dunque, oltre a quelle del 6 febbraio del 1991, ci sono annotazioni che riguardano la gestione del rapporto mafia-appalti.
Di queste noi, voi, il popolo italiano, non ne hanno assolutamente avuto mai disponibilità.
Che cos’era successo? Era successo che queste annotazioni per errore non erano state mandate alla Procura della Repubblica competente, cioè Caltanissetta.
Se vogliamo, con riferimento alla strage di Capaci, un problema di competenza poteva anche porsi, se ci pensiamo un attimo.
Non so come lo risolsero perché poi alla fine mi sono sempre occupato solo di Paolo Borsellino.
Se ci pensiamo un attimo Giovanni Falcone era un magistrato fuori ruolo.
Anche la dottoressa Morvillo era un magistrato fuori ruolo, perché da una settimana era stata nominata nella commissione per gli esami in magistratura.
Non ricordo in questo momento la formulazione precisa dell’articolo 11 del codice di procedura penale, se faccia riferimento a magistrati che prestano o hanno prestato, forse più «prestano le funzioni» con riferimento a eventuale autore di reato o persona offesa dal reato, per incardinare la competenza funzionale.
Però lì un problema di competenza poteva anche porsi, attenzione, perché non erano magistrati che stavano indagando a Palermo, non era quella la loro sede, ma è stata risolta così la questione, su Borsellino non ci sono dubbi.
Questi dischetti arrivano a Palermo e per tre giorni prima che il dottor Vaccara, cioè il magistrato di collegamento che la Procura di Caltanissetta aveva affiancato a Borsellino…anche lì bisogna un pochino smitizzare il discorso, e noi per primi lo facciamo, melius re perpensa, che Paolo Borsellino non abbia potuto parlare con Caltanissetta è dipeso da ragioni di due tipi, una obiettiva legata al fatto che il dottor Tinebra si insedia il 15 luglio e c’era una reggenza del procuratore Celesti, se non sbaglio, quindi il dottor Borsellino era pieno di impegni, come vi ho dimostrato, e poi il dottor Borsellino doveva cumulare le notizie da portare a Caltanissetta se doveva denunciare qualcosa in particolare nei confronti di Giammanco, per riconnettere il movente della strage di Falcone, anche a quello che aveva fatto e che avrebbe voluto fare sul dossier mafia-appalti.
Anche lì cerchiamo di essere obiettivi perché, ripeto, uno studio più attento delle carte depotenzia, e noi siamo i primi a dirlo, il fatto che il dottorBorsellino non poté parlare con Caltanissetta, perché c’era un reggente e il dottor Tinebra doveva ancora insediarsi. La seconda ragione è che c’era questo magistrato di collegamento, il dottor Vaccara, a cui il dottor Borsellino, questo ce lo dice Ingroia, doveva spiegare cos’era la mafia perché la buonanima del dottor Vaccara, che non c’è più, non era ferrato in questioni di mafia.
È stata una formula organizzativa di attenzione verso il dottor Borsellino per potere in qualche modo stabilire un canale di collegamento con Caltanissetta. Dicevo quindi che questi floppy disk rimangono lì.
L’annotazione riportata dal giornalista D’Avanzo è troppo precisa ed è come se l’avesse letta.
Poi ci sono sempre le fughe di notizie, insomma questi floppy disk transitano a Palermo e stanno tre giorni, poi Vaccara li porta a Caltanissetta.
Da lì poi non si capisce più niente, tant’è vero che la dottoressa Falcone dice al CSM nel 1992 che volevano fare chiarezza sulla questione e sapere quante erano effettivamente queste annotazioni.
Ripeto, lei viene sentita il 30 luglio, quindi dopo che la questione è stata sviscerata dagli articoli di D’Avanzo su «l’Espresso» e «la Repubblica».
Dice che avevano nominato un loro consulente perché volevano capire quante erano queste annotazioni.
Allora molto velocemente leggiamole questa annotazioni.
Vi rimando, per la spiegazione della risoluzione delle questioni, al verbale della commissione del Consiglio superiore della magistratura con cui appunto, ripeto, sua eccellenza dottor Siclari, procuratore generale, cerca di spiegare l’attività investigativa lato sensusvolta per poter stabilire se, con riferimento ai cahiers de doléances che costituivano queste annotazioni, ci potessero essere profili di rilevanza disciplinare.
Sono appunti che si fermano, come vi dicevo, al 6 febbraio 1991.
Il soggetto sottinteso è il dottor Giammanco. «Si è lamentato con il maggiore Insolia di non essere stato avvertito del contrasto fra pubblica sicurezza e carabinieri a Corleone su Riina, primo dicembre 1990».
Seconda annotazione: «Ha preteso che Rosario Priore gli telefonasse per incontrarsi con me e gli ha chiesto di venire a Palermo anziché andare io a Roma, 7 dicembre 1990». Sempre il 7 dicembre 1990, terza annotazione: «Si è rifiutato – Giammanco – di telefonare a Giudiceandrea, giudice di Roma, per la Gladio, prendendo a pretesto il fatto che il procedimento ancora non era stato assegnato ad alcun sostituto».
Quindi Falcone è molto interessato a Gladio, farà le indagini su Gladio e arriverà a delle conclusioni su Gladio.
Quarta annotazione: Giammanco – questo è un punto importante – «ha sollecitato la definizione di indagine riguardante la regione al capitano De Donno, procedimento affidato a Enza Sabatino, assumendo che altrimenti la regione avrebbe perso finanziamenti». «Ovviamente – dice Falcone – qualche uomo politico gli ha fatto questa sollecitazione ed è altrettanto ovvio che egli prevede un’archiviazione che solleciti l’ufficiale dei carabinieri.
In tale previsione questo intorno al 10 dicembre 1990».
Questo appunto lo dobbiamo sviluppare perché su di esso Enza Sabatino dà una spiegazione completa a riscontro delle annotazioni di Falcone, perché queste annotazioni hanno anche un certo riscontro, anzi quasi tutte.
Altra annotazione: «Nella riunione di pool per requisitoria Mattarella mi invita in maniera inurbana a non interrompere i colleghi, infastidito per il fatto che Lo Forte e io ci eravamo alzati per andare a fumare una sigaretta.
Rimprovera aspramente il Lo Forte, 13 dicembre 1990». Altra annotazione del 18 dicembre 1990: «Dopo che ieri pomeriggio si è deciso di riunire i processi Reina, Mattarella e La Torre, stamattina gli ho ricordato che vi è l’istanza della parte civile nel processo La Torre (PCI) di svolgere indagini su Gladio».
Falcone è su Gladio. «Ho suggerito quindi al giudice istruttore di compiere noi le indagini in questione, incompatibili col vecchio rito, acquisendo copia delle istanze in questione».
Qui ci sono passaggi procedurali che soltanto i consulenti magistrati della Commissione potranno delineare. «Invece sia egli sia Pignatone insistono per richiedere soltanto la riunione, riservandosi di adottare una decisione soltanto in sede di requisitoria finale, un modo come un altro per prendere tempo».
Il 19 dicembre 1990 vi è un’altra riunione con lui, Sciacchitano e Pignatone: «Insistono nella tesi di rinviare tutto alla requisitoria finale e firmare la richiesta io di riunione dei processi nei termini di cui sopra». 19 dicembre 1990: «Non ha più telefonato a Giudiceandrea e così viene meno la possibilità di incontrare i colleghi romani che si occupano della Gladio».
19 dicembre 1990: «Ho appreso per caso che qualche giorno addietro ha assegnato un anonimo su Partinico, riguardante, fra gli altri, l’onorevole Avellone a Pignatone, Teresi e Lo Voi, a mia insaputa.
Gli ultimi due – cioè Vittorio Teresi e Francesco Lo Voi – non fanno parte del pool».
10 gennaio 1991: «I quotidiani riportano la notizia del proscioglimento da parte del giudice istruttore Grillo dei giornalisti Bolzoni e Lodato, arrestati per ordine di Curti Giardina tre anni addietro con imputazione di peculato.
Il giudice istruttore ha rilevato che poteva trattarsi soltanto di rivelazione di segreto d’ufficio e che l’imputazione di peculato era cervellotica. Il PM Pignatoneaveva sostenuto invece che l’accusa in origine era fondata ma che le modificazioni del codice penale rendevano il reato di peculato non più configurabile.
Trattasi di altra manifestazione della furbizia di certuni che, senza aver informato il pool, hanno creduto con una ardita ricostruzione giuridica di sottrarsi a censura per una iniziativa (arresto di giornalisti) assurda e faziosa di cui non può essere ritenuto responsabile certamente il solo Curti Giardina, Procuratore capo dell’epoca».
16 gennaio 1991: «Apprendo oggi che, durante la mia assenza, ha telefonato il collega Moscati, sostituto procuratore della Repubblica a Spoleto, che avrebbe voluto parlare con me per una vicenda di traffico di sostanze stupefacenti nella quale era necessario procedere a indagini collegate.
Non trovandomi, il collega ha parlato con il capo che naturalmente ha disposto tutto e ha proceduto all’assegnazione della pratica alla collega Principato, naturalmente senza dirmi nulla.
Ho appreso quanto sopra solo casualmente, avendo telefonato a Moscati». 17 gennaio 1991: «Solo casualmente, avendo assegnato a Scarpinato il fascicolo relativo a Ciccarelli Sabatino, ho appreso che Sciacchitano aveva provveduto alla sua archiviazione senza dirmi nulla.
Ho riferito quanto sopra al capo che naturalmente è caduto dalle nuvole.
Sul Ciccarelli, uomo d’onore della famiglia di Napoli, il capo mi ha esternato preoccupazioni derivanti dal fatto che teme di contraddirsi con le precedenti note prese di posizione della Procura di Palermo in tema di competenza per i processi riguardanti Cosa nostra».
26 gennaio 1991: «Apprendo oggi, arrivato in ufficio, da Pignatone, alla presenza del capo, che egli e Lo Forte quella stessa mattina si erano recati dal cardinale Pappalardo per sentirlo in ordine a quanto riferito nel processo Mattarella da Lazzarini Nara.
Protesto per non essere stato previamente informato sia con Pignatone sia con il capo al quale faccio presente che sono prontissimo a qualsiasi diverso mio impiego, ma che, se si vuole mantenermi al coordinamento delle indagini antimafia, questo coordinamento deve essere effettivo. Grandi promesse di collaborazione e di lealtà per risposta».
6 febbraio 1991: «Oggi apprendo che Giammanco segue personalmente un’indagine affidata da lui stesso a Vittoria Randazzo e riguardante dei carabinieri di Partinico coinvolti in attività illecite.
Uno dei carabinieri è stato arrestato a Trapani e l’indagine sembra abbastanza complessa».
Vi ho letto questi appunti perché troverete le spiegazioni che dà il dottor Siclari e farete le vostre valutazioni.
Il vero motivo invece è il contenuto di quella annotazione a cui mi riferivo prima, e cioè il fatto che a un certo punto sembra che ci siano delle annotazioni – dico sembra perché noi non le abbiamo viste, allora dobbiamo inferire e dedurre.
Ecco l’importanza dei verbali del CSM, anche questa volta ci vengono in aiuto: la testimonianza della dottoressa Enza Sabatino.
Con riferimento alle annotazioni che vi ho appena letto il dottor Siclari a un certo punto si sbilancia e dice: «Guardate sono fatti che in qualche modo accadono fisiologicamente in una Procura, quindi personalmente ho dovuto muovermi celermente.
La mia discrezione e la rapidità, dice sua eccellenza Siclari, nasce dal fatto che non potevo contribuire – l’onestà di Siclari è enorme – e probabilmente può essere andata anche a discapito di un approfondimento che poteva essere necessario, ma, dato il contesto, cioè che c’era una campagna forte di delegittimazione nei confronti del procuratore Giammanco in quel momento in cui si sa dei diari, perché è dopo la strage di Falcone, io mi sono mosso, ho chiesto delle giustificazioni e alla fine mi sono fatto un’idea che tutto sia abbastanza chiarito» e dà delle spiegazioni.
Poi fa una valutazione: «Ma in fondo queste sono le annotazioni, perché Falcone, se avesse avuto motivi di rancore veri nei confronti del dottor Giammanco, in qualche modo da Roma, avendo raggiunto il livello ministeriale, il fatto stesso che il dottor Falcone non abbia preso iniziative successivamente vuol dire che anche lui alla fine si è sfogato.
Prendiamole per annotazioni in cui il suo malessere ha trovato in qualche modo sfogo».
Le cose non stanno così quando un anno fa invece leggo l’audizione della Sabatino, perché l’audizione della Sabatino dà conferma della veridicità di quanto sostenuto da Bolzoni sia nell’articolo dell’Espresso sia nell’articolo di Repubblica e cioè che il vero momento di assoluta umiliazione del dottor Falcone da parte di Giammanco davanti a tutta la Procura, ha riguardato la titolarità dell’assegnazione del fascicolo sulle riaperte indagini per il duplice omicidio del colonnello Russo e del professore Costa.
Lì Falcone decide che è arrivato il punto di chiudere l’esperienza palermitana e dirà a Teresa Principato che lo riporta – altro riscontro in seno ai verbali della commissione: lui ci dice «chi rimane qua?
Io me ne vado, andatevene anche voi», e lo vedrete nel verbale della dottoressa Teresa Principato della commissione, «chi rimane qua? Anzi vi consiglio di andarvene, altrimenti sarete complici di questo sistema».
Cosa succede in quella riunione? Ce lo dice la dottoressa Sabatino.
Leggendo quei verbali vi renderete conto che i commissari sono convinti che le annotazioni sono quelle 14 di cui parla la Milella e vedrete che è la Sabatinoche dice: «Guardate che ci sono altre annotazioni e io leggendo l’articolo di D’Avanzo sono saltata in aria perché io ho vissuto l’annotazione di Giovanni Falcone, io l’ho vissuta perché sono la protagonista.
Quindi io sto qui a dirvi che, siccome l’annotazione che mi riguarda non c’è nell’articolo della Milella, ma è sull’Espresso, io sto qui a dirvi che, avendo vissuto l’esperienza di quell’annotazione, è vero quanto sostiene D’Avanzo, che gli scalini famosi sono 39, le annotazioni sono 39 e non 14».
Cos’era successo di fatto? Dice che uno dei momenti caratterizzanti l’attività di coordinamento di un procuratore aggiunto è quello di potere stabilire lui l’assegnazione dei fascicoli ai sostituti cui affidarli.
Tenete conto che era entrato da poco in vigore il codice di procedura penale per cui per potere gestire i vari procedimenti, secondo la nuova organizzazione che il codice aveva dato agli uffici, fu necessario reclutare anche sostituti procuratori che non erano a rigore all’interno del pool antimafia, e cioè che si occupavano di ordinaria, ed EnzaSabatino era una di questi.
Arriva il momento in cui Falcone deve assegnare, l’unico residuo esercizio di potere che era rimasto a quell’uomo all’interno di quella Procura.
Falcone dà il primo processo al dottor Vittorio Teresi, a carico di un certo La Licata, ricorda la Sabatino, a un certo punto, mentre sta per passare alla seconda assegnazione e fa il nome del colonnello Russo, Giammanco interrompe la seduta e dice: «No, qui tu non assegni niente, andiamo per ordine di tavolo, anzi questo me lo fa Enza», quindi Falcone viene umiliato dal suo Procuratore davanti a tutti, gli viene tolto il potere di assegnare i fascicoli, Falcone tace, in cuor suo, e il suo tacere ve lo spiegherà la sorella nel verbale della Commissione del CSM del 1992.
Lui era distrutto, ma non era più disposto a iniziare un altro caso Palermo come nel 1988 perché non poteva competere con gli appoggi politici di Giammanco.
Questo lo trovate nell’audizione della dottoressa Maria Falcone del 30 luglio del 1992, elementi che non sono entrati, neanche a mia conoscenza, nei processi di Capaci.
Questo è il vulnus che io denuncio in questa sede.
Vedete come ogni dettaglio è importante ai fini della definizione del contesto di quello che accadde in quelle situazioni.
La Sabatino dice che non poteva dire di no perché aveva letto il «maxi uno» in cui si parla di questo omicidio, omicidio che nel rapporto viene collegato, come quello di Basile, come quello dei poveri capitani Bommarito e Morici, uccisi nel giugno del 1983, alle indagini che Russo, Basile, Taleo, Bommarito e Mauricifanno su mafia-appalti e in particolare sulla Litomix Costruzioni S.r.l. dei Bruscadi San Giuseppe Jato, e tutto viene ricostruito nel rapporto del ROS del 1991.
Enza Sabatino prende questo fascicolo e appena legge quella che è l’annotazione di Falcone che dice: «Mi ha umiliato davanti a tutti, io me ne vado» lei dice: «Guardate che è vero, io non voglio andare contro Giammanco, sono qui solo ad attestare l’autenticità dell’annotazione riferita da D’Avanzo perché io questo episodio l’ho vissuto personalmente, ho visto la faccia di Falcone, ho visto come è stato umiliato davanti a tutti». (2023 – dall’Audizione Commissione Parlamentare Antimafia Avv. Fabio Trizzino)