14 luglio 1992 riunione a cui partecipano come titolare delle indagini il dottor Lo Forte,

14 luglio 1992 riunione a cui partecipano come titolare delle indagini il dottor Lo Forte, il principale, e per una sorta di conoscenza del fascicolo anche il dottor Pignatone, il quale lascia l’inchiesta nel novembre del 1991, dopo aver fatto il 26 luglio del 1991 la cosiddetta delega Sirap e una serie di invii alle procure territoriali competenti in relazione a fatti compresi anche nell’associazione, perché il 26 luglio del 1991 non è ancora entrata in vigore la normativa del 1991, che attrae le indagini per mafia alla procura del capoluogo del distretto (quindi le procure circondariali il 26 luglio del 1992 potevano anche compiere indagini per mafia).  
Questo è importante, perché nella riunione del 14 (ce lo dicono Patronaggio, ce lo dice il dottor Nico Gozzo, ce lo dice la dottoressa Consiglio, ce lo dice il dottor Matassa che era da qualche giorno lì) il dottor Borsellino chiede conto di carte mandate dalla procura di Marsala, carte che vengono sollecitate dalla procura di Palermo ex articolo 117 c.p.p. con riferimento al verbale di una segretaria di Nino Spezia che aveva cominciato a parlare.  
La lettera viene trasmessa il 18 febbraio del 1992.
Io tra gli allegati ho proprio la richiesta e la risposta del dottor Antonio Ingroia.
Il dottor Ingroia dice: «Attenzione, la segretaria di Spezia sta parlando, siccome noi procediamo per 416 normale con riferimento a reati finalizzati alla turbativa dell’incanto di alcune gare per cui è competente il circondario di Marsala» – dà la raccomandazione – «tenete segrete queste carte il più possibile, rendetele ostensibili nei limiti del possibile per non pregiudicare le indagini per associazione semplice finalizzata alla turbativa degli incanti che noi stiamo conducendo a Marsala»..  
Il dottor Scarpinato non è presente a quella riunione per motivi familiari, aveva i genitori che non stavano bene.
Il dottor Borsellino chiede innanzitutto al dottor Lo Forte… Queste sono testimonianze del dottor Patronaggio, del dottor Gozzo, della dottoressa Antonella Consiglio, ognuno ovviamente in gradazione diversa, i particolari scemano in relazione alle dichiarazioni. Molto più precisi sono il dottor Patronaggio e il dottor Gozzo.  
Il dottor Matassa è importante perché ci dice che si parla del processo a carico di Siino.  
È importante questo perché la tempistica va tenuta presente: il 18 febbraio arrivano le carte da Marsala, il 9 marzo c’è la richiesta di rinvio a giudizio, il 17 maggio 1992 abbiamo il decreto che dispone il giudizio e la prima udienza avrebbe dovuto compiersi il 19 ottobre del 1992.  
Quindi Borsellino che aveva trasmesso le carte, perché Borsellino prende possesso definitivamente dell’ufficio della procura della Repubblica il primo marzo.
Borsellino fino al 28 febbraio fa un po’ e un po’, è un piede qua e un piede là, conosce tutto quello che avviene a Marsala e tutto quello che… Per questo chiede conto e ragione di quelle carte.
Non solo, il dottor Borsellino dice: «devo andare in Germania, questa cosa poi la continuiamo, anche perché c’è un nuovo collaboratore che sta parlando».
E dall’altra parte il dottor Lo Forte gli dice: «vedremo se possiamo acquisirlo».  
Qui ci sono i commenti dei magistrati auditi in commissione che dicono: «ma il dottor Borsellino era chiaro, preciso, faceva degli appunti precisi, e dall’altra parte si rispose evasivamente».  
Questo è un commento che fanno i magistrati nell’audizione al CSM di cui alla riunione del 14, di cui noi fino a quando non l’abbiamo trovata non sapevamo nulla.
Perché è plausibile sostanzialmente ritenere che il dottor Borsellino non fosse stato informato di quella archiviazione? ,
Primo, in quella riunione nessuno, ed era una riunione di magistrati, non era una riunione di un quisque de populo, nessuno cita un istituto fondamentale regolato dal codice di procedura penale, dell’archiviazione nessuno ne parla.  
Ma poi arriva Ingroia al processo Depistaggio e ci dice una cosa che dal mio punto di vista è tranciante.
Perché dice: «alla fine di quella riunione Paolo si rivolge ai due e dice con un tono scherzoso, con cui lui era solito dire le cose sferzanti, voi due non me la raccontate giusta».
Questa è la testimonianza dell’avvocato Antonio Ingroia al processo Depistaggio nel 2021.  
Attenzione, questo è un punto fondamentale perché io non ci sto a fare passare in questa sede il dottor Borsellino come uno che usa le parole tanto per.  Perché il dottor Borsellino se gli avessero detto che c’era un’archiviazione non penso che avrebbe detto a dei colleghi che comunque rispettava «voi non me la raccontate giusta».
Perché se uno dice io faccio la richiesta di archiviazione, il dottor Borsellino poteva dire «è un’archiviazione allo stato degli atti, vediamo».
Dire «voi non me la raccontate giusta» vuol dire che dall’altra parte non viene contemplato un istituto previsto dal codice di procedura penale.
Poi andiamo alla sostanza delle posizioni archiviate.
Le posizioni archiviate, l’ho detto nel corso della mia audizione, sono quelle di Buscemi Antonino, quella di Lipari Giuseppe. Ma Lipari Giuseppe chi è? Ce lo dirà Siino.
Attenzione, io non voglio utilizzare le conoscenze successive, però questa testimonianza di Siino ci serve per dire quanto fosse importante la figura di Lipari.
Lipari che nel rapporto è oggetto di una costante attività di osservazione e pedinamento da parte del ROS, che vedono che egli si continua a incontrare con Lipari Giuseppe in viale Croce Rossa 23, dove vi erano le sedi di Bernardo Provenzano e dove risiedeva Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano.
Nel rapporto i ROS mettono in evidenza questo continuo interloquire, con la differenza che non è Lipari che va a trovare Siino ma è Siino che va a trovare Lipari, stabilendo gerarchicamente quindi un rapporto ben preciso.
Sto per concludere perché voglio lasciare spazio alle vostre domande.
Chi è Lipari Giuseppe?  Lipari Giuseppe, ci dice Siino, è colui che dice la seguente frase: «Con l’arrivo di Borsellino alla procura di Palermo è finita la pace per quel santo cristiano di Giammanco».
Questo è Lipari Giuseppe, la cui archiviazione è fatta con tre righe il 13 luglio del 1992.
Tre righe tre. Noi abbiamo sempre avuto la sensazione che questa archiviazione fosse stata in qualche modo velocizzata.
Del resto sappiamo che il dottor Giammanco era uno che quando doveva chiudere pressava.
Ve l’ho dimostrato con riferimento all’indagine della dottoressa Enza Sabatino relativa ai piani integrati del Mediterraneo.
Sollecitava quando le indagini avevano delle refluenze politiche, anche.
Un’altra cosa fondamentale nel merito, Borsellino per come conosceva perfettamente lo sviluppo delle indagini relative a Pantelleria (gara della circonvallazione, gara sulla contrada Scauri e gara sulla contrada Renella) mai e dico mai a mio giudizio avrebbe acconsentito, avrebbe voluto un approfondimento su altri tre importanti archiviati: Puccio Bulgarella, Antonino Spezia e Rosario Equizi.
Quindi sono questi indici fattuali che ci fanno ritenere plausibile il fatto che di quell’archiviazione il dottor Borsellino non fosse informato.
Questo per noi è un dato fondamentale, questo è l’ulteriore elemento di novità assoluta che si introduce nella narrazione di quei 57 giorni.
Ricordatevi la frase di Ingroia: «quei due non me la raccontano giusta».
D’altra parte Ingroia aveva detto che già a Marsala il dottor Borsellino aveva espresso il suo giudizio circa il fatto che a Palermo stessero insabbiando quell’indagine.

D’altra parte la dottoressa Liliana Ferraro ci racconta che Falcone commentò l’invio del plico dicendo anche lui che quell’indagine la stavano insabbiando.
Il 15 è un giorno molto importante, tenete conto che il 15 è come se a Roma è la festa di San Pietro e Paolo, è tutto chiuso.
Il dottor Borsellino si reca in ufficio dopo quella riunione.
Ma noi non lo sapevamo, noi sapevamo che il dottor Borsellino si reca in ufficio il 15, ci mancava la riunione del 14 quale elemento di conoscenza.
Il 15 si reca in ufficio e lì ci va il dottor Ingroia a dire «Paolo, io ho bisogno di 10 giorni».
E Borsellino dice secondo la testimonianza di Ingroia una cosa incredibile: «Proprio ora che se ne vanno in ferie e noi dobbiamo lavorare tu mi vieni a dire che te ne vai in ferie? Vattene in ferie, vattene in ferie». Cioè lo tratta male. Di questo Ingroia dà un ampio resoconto.
Poi il 15 si pone la famosa confidenza sul generale Subranni. Sulla scorta di tutto quello che ho detto, vi invito a leggere la dichiarazione resa da Agnese Borsellino il 18 agosto del 2009.
Ve ne sono due di dichiarazioni di Agnese Borsellino, questa è la prima e poi vi è la seconda.
Secondo il mio criterio epistemologico, con cui vi ho detto che vi metto davanti tutte le versioni, vi devo dire che la versione del 2010 è molto più stringata, mancano i particolari che sono contenuti nel verbale, per due secondi ve lo devo leggere.
È la procura distrettuale di Caltanissetta che sta interrogando la signora Agnese Piraino in relazione al fatto che Caltanissetta deve capire se l’accelerazione è in qualche modo connessa alla cosiddetta trattativa Stato-mafia, quindi è giusto che la procura di Caltanissetta abbia solcato quest’altra possibilità.
A domanda risponde: «Circa i rapporti tra mio marito e il generale Subranni di cui mi chiedono le Signorie Loro, posso dire che Paolo ebbe modo di conoscerlo quando lo stesso era comandante della Legione Sicilia ed ebbe occasione di frequentarlo sporadicamente. I rapporti tra i due erano quindi solo di tipo professionale».
«Prendo atto che le Signorie Loro mi rappresentano che la dottoressa Alessandra Camassa e il dottor Massimo Russo hanno riferito di essere stati testimoni di uno sfogo di Paolo, il quale piangendo disse di essere stato tradito da un amico. Ignoro a chi si riferisse mio marito e pertanto non posso affermare che si trattasse del generale Subranni, tuttavia ricordo un episodio che all’epoca mi colpì moltissimo e del quale finora non ho mai parlato nel timore di recare pregiudizio all’immagine dell’Arma dei Carabinieri, alla quale mi legano rapporti di stima e ammirazione. Mi riferisco a una vicenda…» Tutto questo nel verbale del 2010 non c’è. Non c’è, è tutto molto stringato.
«Mi riferisco a una vicenda che ebbe luogo mercoledì 15 luglio 1992, – questo nel verbale 2010 non c’è, la contestualizzazione temporale non c’è nel 2010 – ricordo la data perché come si evince dalla copia fotostatica dell’agenda grigia che le Signorie Loro mostrano il giorno 16 luglio mio marito si recò a Roma per motivi di lavoro» – è andato a sentire come sapete Mutolo – «e ho memoria del fatto che la vicenda in questione si colloca proprio il giorno prima di tale partenza.»
«Mi trovavo a casa con mio marito verso sera, alle ore 19, e conversando con lo stesso nel balcone della nostra abitazione notai Paolo sconvolto.
Nell’occasione mi disse testualmente: ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni è “punciutu”. Non chiesi tuttavia a Paolo da chi avesse ricevuto tale confidenza, anche se non potei fare a meno di rammentare che in quei giorni egli stava sentendo i collaboratori Mutolo, Leonardo Messina e Gioacchino Schembri».
Quindi come vedete questa è la dichiarazione netta e semplice della signora Agnese Borsellino.
Sta a voi fare la ricostruzione sintattica della frase «ho visto la mafia in diretta perché» quel perché è fondamentale a nostro giudizio. Ora spazio alle vostre domande perché non voglio togliere altro spazio. (2023 – dall’Audizione  Commissione Parlamentare Antimafia Avv. Fabio Trizzino)