“Roberto, ripensaci”. E l’accusa di essersi schierato con Conte e Cafiero de Raho, nemici del pm Di Matteo
Le candidature dell’ex procuratore nazionale Federico Cafiero de Raho e dell’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato non pacificano il fronte antimafia.
Anzi esacerbano vecchi dissidi. E aprono nuove fratture, persino dove finora si riscontravano amicizia e solidarietà.
«Roberto, ripensaci» è l’appello lanciato da Antonio Ingroia, che manifesta «profondo stupore» per la scelta «dell’amico e già collega Scarpinato che ho sempre stimato per impegno, coerenza e lucidità di visione».
Il rapporto tra Scarpinato e Ingroia è antico. Entrambi storici esponenti di Magistratura democratica a Palermo, nel 1992 all’indomani della strage di via D’Amelio erano due degli 8 pm firmatari (e Scarpinato estensore) di una clamorosa lettera per chiedere al Csm la testa del procuratore Giammanco. Non solo per questo furono tra i pm di punta della Procura nella gloriosa stagione Caselli, con i processi politici da Dell’Utri ad Andreotti. E poi paladini delle indagini e dei processi sulla trattativa Stato-mafia. Ingroia è fuori dalla magistratura da dieci anni e ci riprova ora con la politica, nella lista Italia Sovrana e Popolare, che spazia dal comunista Marco Rizzo a Gina Lollobrigida. Scarpinato è capolista del M5S al Senato in Sicilia e Calabria, uno dei quindici prescelti di Conte come Cafiero de Raho che è capolista alla Camera in Calabria ed Emilia Romagna.
Ingroia trova «sorprendente» la scelta di Scarpinato. Non è l’unico, tra i magistrati palermitani del fronte antimafia più rigorista, che ha come punta di diamante Nino Di Matteo, pm della Procura nazionale ora membro del Csm. «Conte vuole rifarsi una verginità», è la sintesi che uno di loro ha distillato commentando la candidatura di Scarpinato.
La verginità del M5S è persa da tempo, secondo Ingroia. Che rimette in fila i fatti.
Nel 2018 fu l’allora capo politico Di Maio a cercare Di Matteo prima delle elezioni, e per due volte. Nel primo colloquio, proponendogli un ruolo da ministro (giustizia o interni) in un eventuale governo a sua guida. Nel secondo, pochi giorni prima delle elezioni, ribadendo l’offerta ma stringendola sul ministero dell’Interno. Il suo nome fu fatto girare e rimbalzò sui media. Un mese dopo le elezioni, Di Matteo partecipò, acclamato, alla kermesse dell’associazione Casaleggio a Ivrea. Ma dell’offerta del ministero non si seppe più nulla. Di Maio non si fece più vivo.
A governo Conte fatto, fu il ministro della Giustizia Bonafede a cercare nuovamente Di Matteo, per il cruciale ruolo di capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dandogli 48 ore per decidere. Ma quando Di Matteo accettò, l’offerta fu ritirata, ancora una volta senza spiegazioni. Di Matteo esternò con i colleghi più fidati la sua delusione per l’irriguardoso trattamento. E ricostruì dettagliatamente l’episodio nel 2020, prima in tv e poi in Parlamento.
Perché, si chiede Ingroia, Scarpinato accetta la candidatura da chi era premier mentre Di Matteo veniva trattato così?
Ci sono altri due episodi.
Nel 2019, Cafiero de Raho cacciò Di Matteo dal pool di magistrati della Procura nazionale antimafia impegnati sulle stragi del ’92-93. Il motivo – «perdita di fiducia» per un’intervista televisiva – era infondato se non pretestuoso, tanto che il provvedimento fu revocato un anno dopo, evitando un’imbarazzante censura del Csm.
Nel frattempo, Di Matteo era stato eletto al Csm dove erano arrivate da Perugia tonnellate di chat di Palamara, tra cui quelle con lo stesso De Raho e con il suo sponsor politico Marco Minniti. Ma ciò – protesta Ingroia – non impedisce a Scarpinato di andare a braccetto con Cafiero, addirittura nella stessa regione.
Infine, c’è il recente avallo del M5S a una norma della riforma Cartabia considerata «contra personam». È il divieto per i membri togati del Csm (anche due anni dopo la fine del mandato) di candidarsi alle elezioni. Di Matteo la ritiene non solo incostituzionale, ma anche personalmente discriminatoria. Forse ignari della norma che essi stessi hanno votato, nelle ultime settimane diversi partiti l’hanno contattato per proporgli una candidatura impossibile. Ma in ogni caso, secondo Ingroia, Scarpinato offre «copertura politica a posizioni opache». LA STAMPA