SALVATORE BORSELLINO: l’agenda rossa cercatela a casa di Mario Mori. La Commissione Antimafia depista…

 

”sono certo che (l’agenda rossa) l’abbiano presa i Servizi segreti; il generale Mario Mori è stato ai vertici degli apparati di sicurezza e non può non sapere, ne conosce il contenuto, lo ha pure usato. Mi assumo la responsabilità di quello che dico».

 

«Secondo me Mori ha utilizzato le sue conoscenze del contenuto nelle sue interlocuzioni con la commissione nazionale Antimafia, su cui esercita ta una notevole influenza, su Mantovano e su altri personaggi. Non ho elementi precisi ma se verrò rinviato a giudizio finalmente di questi fatti e della sparizione dell’agenda si potrà parlare in un’aula di giustizia»

 

«C’è un filo nero che lega tutte le stragi impunite del nostro Paese. E non è un caso che non ci sia stata una sola condanna per chi ha premuto il pulsante che ha fatto esplodere il trito lo in via D’Amelio, per i depistaggi e le tante ombre sul falso pentimento di Vincenzo Scarantino, avallato dalla Pro- cura di Tinebra, né per il contributo altrettanto fasullo del collaboratore Maurizio Avola.

 

C’è un depistaggio istituzionale che continua anche nella commissione Antimafia».


𝗕𝗼𝗿𝘀𝗲𝗹𝗹𝗶𝗻𝗼: “𝗖𝗵𝗶𝗲𝗱𝗼 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗴𝗶𝘂𝘀𝘁𝗶𝘇𝗶𝗮, 𝗶𝗻𝘃𝗲𝗰𝗲 𝗺𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗮𝗴𝗮𝗻𝗼. 𝗟’𝗮𝗴𝗲𝗻𝗱𝗮 𝗿𝗼𝘀𝘀𝗮? 𝗖𝗲𝗿𝗰𝗮𝘁𝗲 𝗮 𝗰𝗮𝘀𝗮 𝗱𝗶 𝗠𝗼𝗿𝗶”
RICCARDO ARENA su La Stampa del 12/11/2025
𝐼𝑙 𝑓𝑟𝑎𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑖𝑢𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑠𝑜 𝑛𝑒𝑙 1992: «𝐶’𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑓𝑖𝑙𝑜 𝑛𝑒𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑠𝑐𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑔𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑢𝑛𝑖𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑃𝑎𝑒𝑠𝑒»
Salvatore 83 anni e una solida, inossidabile convinzione: «L’agenda rossa di mio fratello è alla base della strage di via D’Amelio e della eliminazione di Paolo; sono certo che l’abbiano presa i Servizi segreti; il generale Mario Mori è stato ai vertici degli apparati di sicurezza e non può non sapere, ne conosce il contenuto, lo ha pure usato. Mi assumo la responsabilità di quello che dico».
Un’affermazione forte, che il fratello del magistrato ucciso il 19 luglio del 1992 ha esternato durante un convegno tenuto a Palermo alla vigilia del 33° anniversario dell’eccidio, l’estate scorsa. Nella città di cui la famiglia è originaria e dove hanno vissuto tutti i fratelli, tranne appunto Salvatore, emigrato da tempo a Milano, Il prefetto Mori ha presentato una querela e ora il più giovane dei Borsellino è indagato con l’ipotesi di diffamazione aggravata. Il Coordinamento delle associazioni delle vittime di mafia e terrorismo, Paolo Bolognesi in testa, gli ha espresso solidarietà e vicinanza.
𝐈𝐥 𝐂𝐨𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧 «𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢𝐚𝐫𝐢𝐨», 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐫𝐞 𝐢 𝐝𝐞𝐩𝐢𝐬𝐭𝐚𝐠𝐠𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐮𝐧𝐢𝐭𝐢. 𝐂𝐡𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚?
«Non c’è dubbio: noi familiari delle vittime, anziché avere verità e giustizia dopo 33 anni, finiamo sul banco degli imputati per la querela di chi la verità dovrebbe raccontarla».
𝐒𝐮 𝐌𝐨𝐫𝐢 𝐥𝐞𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐟𝐚 𝐮𝐧 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨.
«E’ chiaro che sono mie convinzioni, ma le baso su dati di fatto. Tra i quali ci sono le sentenze che riguardano il generale, in due processi assolto non per non avere commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, ma perché il fatto non costituisce reato. E parliamo della mancata perquisizione del covo di Riina e della mancata cattura, nel 1995, di Bernardo Provenzano. E’ stato poi scagionato sulla trattativa Stato-mafia, con una decisione su cui si potrebbe discutere».
𝐋𝐞𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐮𝐧 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐨, 𝐬𝐮𝐥𝐥’𝐚𝐠𝐞𝐧𝐝𝐚 𝐫𝐨𝐬𝐬𝐚.
«Al convegno del 18 luglio ho detto che invece di cercare a casa dei morti l’agenda su cui mio fratello annotava i fatti più importanti della sua vita personale e professionale, il documento che potrebbe spiegare le cause della sua uccisione si dovrebbe cercare dai vivi. Mi riferisco alle perquisizioni eseguite nelle abitazioni dell’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra e dell’ex questore Arnaldo La Barbera, entrambi scomparsi. Perché non cercano a casa o negli uffici di Mori?».
𝐂’𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐦𝐚𝐭𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐭𝐫𝐚 𝐥’𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐚𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢 𝐞 𝐥’𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐨 𝐥’𝐚𝐠𝐞𝐧𝐝𝐚?
Secondo me Mori ha utilizzato le sue conoscenze del contenuto nelle sue interlocuzioni con la commissione nazionale Antimafia, su cui esercita una notevole influenza, su Mantovano e su altri personaggi. Non ho elementi precisi ma se verrò rinviato a giudizio finalmente di questi fatti e della sparizione dell’agenda si potrà parlare in un’aula di giustizia».
𝐋’𝐚𝐥𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐀𝐫𝐜𝐚𝐧𝐠𝐢𝐨𝐥𝐢, 𝐟𝐨𝐭𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐯𝐢𝐚 𝐃’𝐀𝐦𝐞𝐥𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐛𝐨𝐫𝐬𝐚 𝐝𝐢 𝐬𝐮𝐨 𝐟𝐫𝐚𝐭𝐞𝐥𝐥𝐨, 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐬𝐜𝐢𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐝𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐞.
«Infatti non c’è mai stato un approfondimento dibattimentale. Io voglio il processo pubblico. La cosa paradossale è che il giorno dopo la notifica dell’avviso di indagine mandatomi da Palermo, a Caltanissetta è stata chiesta l’archiviazione del filone di indagine che potrebbe portare a incriminare Paolo Bellini e dunque i neofascisti per le stragi del 1992».
𝐋𝐞𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐯𝐢𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐦𝐞 𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐚𝐟𝐢𝐚 𝐞 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐧𝐞𝐫𝐨?
C’è un filo nero che lega tutte le stragi impunite del nostro Paese. E non è un caso che non ci sia stata una sola condanna per chi ha premuto il pulsante che ha fatto esplodere il tritolo in via D’Amelio, per i depistaggi e le tante ombre sul falso pentimento di Vincenzo Scarantino, avallato dalla Procura di Tinebra, né per il contributo altrettanto fasullo del collaboratore Maurizio Avola. C’è un depistaggio istituzionale che continua anche nella commissione Antimafia».
𝐈𝐧 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐬𝐨?
«Abbiamo tante riserve, noi familiari delle vittime, sulla presidente Chiara Colosimo. A parte la foto di lei col terrorista stragista Ciavardini, avalla la falsa tesi che vorrebbe la strage del 19 luglio causata dalle indagini su mafia e appalti, svolte dai carabinieri del Ros di Mario Mori. Non è così. E in ogni caso noi familiari siamo ancora qui, dopo 33 anni, a chiedere inutilmente verità e giustizia. E il processo lo fanno a noi».

 

 

 

SALVATORE BORSELLINO…

 

 

LA BORSA DEI MISTERI E LA SPARIZIONE DELL’AGENDA ROSSA

 

 

Strage di Via D’Amelio – In COMMISSIONE ANTIMAFIA le audizioni dei famigliari di Paolo Borsellino e dei testimoni